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Economia circolare, il bicchiere mezzo vuoto dell’Italia

Da ormai qualche anno sappiamo, e ripetiamo con orgoglio, che l’Italia è il campione del riciclo in Europa, e forse nel mondo. Un rapporto redatto da ENEA e dal CEN-Circular Economy Network (rete promossa da 15 soggetti come Erion, Conai, Burgo, Novamont, Fondazione per lo sviluppo sostenibile e sostenuta da altri 35) ce lo ha ricordato qualche giorno fa. Ma il documento – 6° Rapporto sull’economia circolare in Italia – ci dice anche che il vantaggio rispetto ai Paesi Ue si assottiglia (secondo altri studi lo abbiamo già perso: vedi il Rapporto Circonomia). Al sesto anno dal primo rapporto CEN-ENEA, EconomiaCircolare.com prova a leggere le performance italiane nella prospettiva dei planetary boundaries, i confini di sostenibilità planetari, concentrandosi soprattutto sui punti di debolezza.

La differenza tra un bicchiere mezzo pieno e uno mezzo vuoto sta nell’osservatore: abbiamo scelto le lenti di chi vede il bicchiere mezzo vuoto perché siamo convinti che lo richieda il contesto. Perché il pessimismo della ragione è la premessa per un sano ottimismo della volontà. Avere mezza borraccia d’acqua non è certo un problema, se stiamo girando per Roma, col suo pullulare di nasoni. Ma certamente lo è se siamo a piedi nel deserto. E affrontare la multicrisi ecologica che colpisce il Pianeta a nostro avviso è più vicino ad una traversata del deserto che non a una gita turistica. Per dire che è il contesto che permette di valutare le performance. E il contesto in cui misurare i progressi fatti nell’economia circolare è appunto quello dei planetary boundaries. Quello del saccheggio di risorse: solo negli ultimi 6 anni, calcola il Circularity Gap Report 2024l’economia globale ha consumato 582 miliardi di tonnellate di materiali, non lontani dai 740 miliardi consumati nell’intero XX secolo. Quello in cui il tasso di circolarità globale è diminuito dal 9,1% nel 2018 al 7,2% nel 2023). Un’indicazione della prospettiva all’interno della quale collocare le nostre riflessioni ci viene dal documento (Authentic Sustainability Assessment. A User Manual for the Sustainable Development Performance Indicators (SDPI)” realizzato dall’Istituto di ricerca delle Nazioni Unite per lo sviluppo sociale (UNRISD) in cui, grazie ad “indicatori contestuali”, i risultati vengono appunto traguardati anche rispetto alla situazione globale in cui vengono raggiunti. E quindi, ad esempio, se si misurano le emissioni climalteranti di un’impresa si deve sapere che l’obiettivo non può che essere zero, nell’attuale contesto della crisi climatica. Insomma, oggi non possiamo più accontentarci di essere bravissimi riciclatori.

Servendoci allora del prezioso lavoro fatto dal Circular Economy Network e da ENEA, vediamo dove l’Italia deve ancora lavorare per lasciarsi alle spalle il modello tossico di produzione e consumo lineare e avvicinarsi di più ad uno compiutamente circolare.

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Italia tallonata da Germania e Spagna

Calcolati da CEN e ENEA sulla base degli indicatori della Commissione europea per le prime cinque maggiori economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia), gli indici ci circolarità premiano ancora il nostro Paese (45 punti), seguita da Germania (38), Francia (30) Polonia e Spagna (26 punti: per la metodologia vedere in fondo).

Fonte: CEN – ENEA

 

Il risultato positivo dell’Italia deriva soprattutto dalla gestione dei rifiuti: siamo infatti primi in classifica per il tasso di riciclo. Quasi un quinto di quello che produciamo in Italia viene dal riciclo: nel tasso di utilizzo circolare di materia siamo secondi solo alla Francia. E siamo primi tra le 5 principali economie dell’Unione europea nella capacità di utilizzare al meglio la materia: nel nostro Paese la produttività delle risorse vale mediamente 3,7 euro per chilo, contro la media UE di 2,5 euro per chilo. L’ottima performance dell’Italia, ribadisce il report CEN-ENEA, “deriva soprattutto dagli indicatori che fanno riferimento alla gestione dei rifiuti”.

Fonte: CEN – ENEA

Tuttavia gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano “una certa difficoltà a mantenere la sua posizione di leadership”: resta infatti in testa, ma con soli 41 punti, subito seguita da Germania e Spagna a 40 punti (per la metodologia, vedi più avanti).

Secondo Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network, “l’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità della nostra economia, con misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni; nell’uso dei prodotti, promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione, l’uso condiviso; e a fine uso, potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde”.

“Gli indicatori sulla circolarità del nostro Paese confermano le ottime prestazioni dell’Italia su vari aspetti, tra cui ad esempio le percentuali di riciclo e di tasso di utilizzo circolare di materia. L’aumento significativo di consumo di risorse evidenzia tuttavia che urge un cambio di paradigma nel modello economico e negli stili di vita che punti sul grande potenziale dell’economia circolare in termini di uso e gestione più efficiente delle risorse nelle filiere produttive, nelle città e nei territori”, dichiara Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento ENEA Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei sistemi produttivi e territoriali. “Per avere risultati vincenti e duraturi è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi. Occorre progettare e produrre oggetti più durevoli e facili da riutilizzare e riciclare, ma anche da aggiornare e riparare. Per una transizione ecologica ‘completa’ occorre informare e rendere consapevoli quanto più possibile anche i consumatori, ai quali vanno offerti strumenti di conoscenza adeguati a comprendere l’impatto del proprio stile di vita sull’ambiente”.

di Daniele Di Stefano

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