Ogni tanto piace porre domande, anche se in campi
lontanissimi dal proprio sentire e,
addirittura, azzardare risposte.
Ma nel caso specifico avrò bisogno della vostra collaborazione, di voi fans di horror
e affini, potrei magari farmi un’idea.
Perché piacciono gli horror, spesso accoppiati allo splatter più nauseante?
Come mai stanno soppiantando categorie consolidate come la commedia, la fantascienza, il
thriller, l’action?
A sentirli, diversi utenti, ti raccontano che
trattasi pur sempre di fiction e che il brivido della paura è roba ancestrale e
attrae un po’ tutti fin da piccoli.
Chi non ha mai provato il fascino delle montagne russe
col cuore in gola alla prima vertiginosa discesa?
Questo sì, lo ammetto, ma non ricordo di aver
cercato di bearmi ancor di più, tentando
di scorgere, tra i binari, cadaveri squartati di fresco.
Per certi analisti subentrerebbe anche un fattore somatizzante, un mettersi
alla prova se, per caso, un giorno, dovessimo realmente affrontare pericoli
immani,
mostruosità, robe folli.
Probabilmente hanno ragione entrambi, anche se tra
un horror splatter e un thriller come si deve, continuerò sempre a preferire il
brivido e l’oculatezza del secondo.
Mia moglie trova orrendo quando, in preda agli
spasmi di mal di pancia, mi infilo due dita in gola per vomitare e procurarmi
qualche istante di sollievo. Ecco il punto, stessa manovra: orrore per
qualcuno, piacevole conforto per altri.
Potremmo finirla qui.
E il paragone col sussulto da montagne russe lo
considero, poi, davvero gratuito. Spaventarsi a morte con contorno di sangue e
scannamenti rientrerà forse nell’amore del palpito, ma ci scorgo una
consequenziale deriva al limite del manipolatorio, fino al poter godere di una
sessione di sevizie e martirio gratuito.
Comprendo però che per tracciare linee così definite
abbiamo bisogno di analizzare più a fondo. La psicologia in questo senso offre
un magari inconsapevole aiuto.
Del resto sono proprio quelle definite dagli esperti
del settore, come “emozioni principali” ad alterare, da sole, le esatte
percezioni: paura, disgusto, tristezza, rabbia rientrano nel bagaglio
principale col quale ognuno di noi avrebbe a che fare quotidianamente. Certo
c’è anche la gioia a fare da contraltare.
Quattro contro uno. Farebbe fatica pure John Wick.
Mi sembra palese l’apparente disequilibrio di personalità che ne viene fuori.
Per dirne solo una, che il disgusto sia più importante, più necessario, più abituale
soprattutto, del gusto, la dice lunga
sul come e a cosa venga scientemente indirizzato il nostro subconscio.
Sarebbero più le cose che fanno schifo ad attirarci, e in effetti ecco la
risposta al pubblico di massa di certo cinema irricevibile (da noi, ovviamente..)
Ma poi sono gli stessi che andrebbero alle Maldive,
ai party in piscina, che sognano un giro in Ferrari, o una serata con Margot
Robbie?
Perché certa bellezza terrebbe ancora banco? Una contraddizione..
Si arriverà al punto che anche al ristorante si ordineranno porcherie per
soddisfare la fame e la necessità di disgusto..
col cinema siamo già avanti.. in effetti si parla dell’ “orribile che emoziona
come le cose belle” (https://ilbuioinsala.blogspot.com/2024/07/recensione-dostoevskij-al-cinema-2024.html),
e già in questo intravedo la stortura dell’ossimoro indecifrabile.
Sul n 28 di FilmTv, diretto (e dedicato) dai
Fratelli D’Innocenzo, Giulio Sangiorgio esalta le “forme disturbanti, la
dismisura e lo sfregio del buon gusto”
“una forma scomoda , persino sconveniente” “se siete respinti, restate”, parlando della
loro ultima opera “Dostoevskij”.
Non escludo a priori l’horror dalle mie scelte,
resto un fan de L’armata delle tenebre o L’alba dei morti dementi, o anche
altre pellicole che cercano di svicolare dal cliché “te devo fa morì sulla poltrona”, tipo Parasite o Get Out, veri cult
in un ambito di genere non ancora estremizzato e ridotto a torture porn.
Purtroppo stiamo degenerando, ma forse è proprio la
doppia finalità che propone certo “cinema”, finiremo per sostituire del tutto la
nausea all’applauso, la deturpazione alla bellezza, la repulsione al fascino, come
nuova fase di apprezzamento di una pellicola.
Forse questo il fine ultimo di questo processo evolutivo (?!)
Diciamo che rinuncio ad interpretare questo ossequio
dell’orrido.
Ma se penso che tanti ormai trovano più (dis)gustoso rovistare (almeno cinematograficamente) tra
frattaglie umane anziché assaporare una carbonara o emozionarsi secondo
antichissimi e superati canoni, depongo serenamente ogni velleità di venirne a
capo.
Mi direte infine: “Ma cosa te ne frega a te di cosa
guardiamo noi?”
E non fa un piega. Curiosità risponderei, che poi è un istinto base comune.
Certo più del sangue che tracima.