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CONVEGNO INTERNAZIONALE-CONGRÈS INTERNATIONAL
CITTADINANZA E NAZIONE IN PROSPETTIVA STORICA
CITOYENNETÉ ET NATION. APPROCHE HISTORIQUE
Università degli Studi di Milano
Via Festa del Perdono 3, Aula 113
28-29 maggio 2018
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History, Ancient History, Military History, Cultural History, Economic History, and 43 more
Presiede e introduce: Prof. Lauretta Maganzani. RELAZIONI: Prof. David Kremer (Université Paris Descartes) La constitution des communautés latines de 493 av n.è à 212 de n.è.; Prof. Lorenzo Gagliardi (Università degli Studi di Milano) Il... more
Presiede e introduce: Prof. Lauretta Maganzani. RELAZIONI: Prof. David Kremer (Université Paris Descartes) La constitution des communautés latines de 493 av n.è à 212 de n.è.; Prof. Lorenzo Gagliardi (Università degli Studi di Milano) Il sistema normativo dei municipi italici più antichi; Prof. Edward Bispham (University of Oxford) La redazione degli statuti municipali nel I secolo a.C.: alcuni ripensamenti. Dibattito
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The essays collected in this volume are meant to honor Alberto Maffi, two years after his retirement. They are all on Greek law, the subject to which professor Maffi has devoted most of his life and scholarship. The papers, whose authors... more
The essays collected in this volume are meant to honor Alberto Maffi, two years after his retirement. They are all on Greek law, the subject to which professor Maffi has devoted most of his life and scholarship. The papers, whose authors are among the most eminent scholars from all over the world, deal with the main topics of ancient Greek law (private law, criminal law, constitutional law), and range from archaic and hellenistic Greece to Egypt in Roman times. The title of this Festschrift, Dike, celebrates the first international journal in Greek and Hellenistic law that Alberto Maffi established with Eva Cantarella.
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Lo studio affronta alcuni aspetti inerenti al tema della legittimazione attiva e passiva ai processi di querela inofficiosi testamenti. Il volume si sviluppa lungo quattro capitoli. Il primo ha per oggetto le norme fondamentali sulla... more
Lo studio affronta alcuni aspetti inerenti al tema della legittimazione attiva e passiva ai processi di querela inofficiosi testamenti. Il volume si sviluppa lungo quattro capitoli. Il primo ha per oggetto le norme fondamentali sulla legittimazione alla querela. Il secondo esamina le conseguenze che si verificavano quando l’azione era esercitata da un soggetto non legittimato. Il terzo tratta della disciplina del diritto di accrescimento tra legittimati attivi. Il quarto, infine, analizza un frammento delle Quaestiones di Paolo, D. 5.2.19 (lex “Mater”), molto noto e incluso dal Medio Evo, per la sua difficoltà, tra le cosiddette leges damnatae. Di tale testo viene proposto un tentativo di spiegazione nuovo, inquadrando il passo dal punto di vista dei problemi legati alla legittimazione attiva e passiva alla querela inofficiosi testamenti. Sotto il profilo cronologico, l’indagine ha come punto di partenza il diritto classico, ma, per i singoli temi affrontati, ne segue gli sviluppi fino al diritto giustinianeo e poi a quello bizantino dei Basilici e dei relativi scolii. È parso all’autore che, in relazione al tema trattato, lo studio di tali fonti bizantine risulti di utilità ai fini di una migliore comprensione dei testi classici.
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A metà del II secolo a.C. Roma non aveva più nemici esterni, ma il perfetto meccanismo politico-istituzionale della Repubblica cominciò a logorarsi di fronte alle istanze delle rinnovate compagini della società, mentre il Senato era... more
A metà del II secolo a.C. Roma non aveva più nemici esterni, ma il perfetto meccanismo politico-istituzionale della Repubblica cominciò a logorarsi di fronte alle istanze delle rinnovate compagini della società, mentre il Senato era arroccato su posizioni di chiusura contro ogni tentativo di rinnovamento. Le crescenti tensioni interne e l’antagonismo tra i leader mi¬litari si tramutarono in una lotta prima politica e poi armata, dividendo Roma in fazioni che si affrontarono nella guerra civile. Seguì l’epoca dalle congiure e dei complotti per conqui¬stare la supremazia di una nazione che non voleva riconoscersi più negli antichi valori dei padri. Giulio Cesare tentò di porre fine al caos con la sua dittatura in odore di monarchia, ma questo sogno svanì alle Idi di marzo del 44 a.C. Finché non comparve sulla scena Ottaviano, che avrebbe assunto con il nome di Augusto i poteri assoluti fondando un vero e proprio impero, anche se camuffato da repubblica.
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Cosa portò un piccolo insediamento sul Tevere a diventare padrone del Mediterraneo e poi di tutta l’Europa occidentale, dell’Africa settentrionale e del Vicino Oriente? Gli storici continuano a interrogarsi sui fattori che fecero di Roma... more
Cosa portò un piccolo insediamento sul Tevere a diventare padrone del Mediterraneo e poi di tutta l’Europa occidentale, dell’Africa settentrionale e del Vicino Oriente? Gli storici continuano a interrogarsi sui fattori che fecero di Roma la grande potenza che fu. Il periodo che va dalla fine della monarchia dei Sette Re (509 a.C.) alla metà del II secolo a.C. segna non solo la grande espansione di Roma nel Mediterraneo, ma anche l’apogeo della Repubblica, una forma di governo unica nella sua struttura e nella sua costituzione. Alla coesione politica interna si affiancò una serie di leader militari, come Scipione l'Africano, il vincitore di Annibale, che seppe vincere in terra e per mare, in nome di quei valori della Romanitas (l’eroismo, il senso dello Stato, la religiosità etica, il rispetto degli antichi costumi, la lealtà verso il prossimo, la patria e le istituzioni) che garantirono la continuità nel governo e nelle imprese belliche.
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Nel volume, dedicato all’analisi e alla riflessione storico-giuridica sugli eventi romani degli anni 52-50 a.C., si individuano il preciso contenuto e le precise finalità politiche degli atti normativi fatti approvare in quel periodo per... more
Nel volume, dedicato all’analisi e alla riflessione storico-giuridica sugli eventi romani degli anni 52-50 a.C., si individuano il preciso contenuto e le precise finalità politiche degli atti normativi fatti approvare in quel periodo per iniziativa di Cesare e di Pompeo (plebiscitum X tribunorum de petitione Caesaris, lex Pompeia de provinciis, lex Pompeia de iure magistratuum). Attraverso la lettura diretta delle fonti, da Svetonio a Dione Cassio, da Cicerone a Marco Celio Rufo, la ricerca interroga i testi antichi, offrendone un’interpretazione innovativa.
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Raccolta di Scritti di Eva Cantarella
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History, Ancient History, Law, Gender Studies, Classics, and 44 more
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History, Ancient History, Law, Classics, Roman History, and 34 more
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Religion, History, Ancient History, Psychology, Law, and 33 more
Si definivano incolae, in diritto romano, gli individui domiciliati entro i confini di una colonia o di un municipio. Poteva darsi la presenza di incolae sia in colonie o in municipi romani, sia latini. Premesso uno studio delle comunità... more
Si definivano incolae, in diritto romano, gli individui domiciliati entro i confini di una colonia o di un municipio. Poteva darsi la presenza di incolae sia in colonie o in municipi romani, sia latini. Premesso uno studio delle comunità locali disseminate nei vasti dominii di Roma, l’indagine si è concentrata sulla posizione degli incolae, che comportava una collocazione giuridica ben precisa. Di conseguenza, per poter essere incolae, i soggetti domiciliati dovevano avere un riconoscimento formale o, secondo i casi, un’autorizzazione da parte della civitas. Sulla base delle fonti letterarie, giuridiche, gromatiche ed epigrafiche si è delineata la condizione giuridica degli incolae, differenziandola da quella di realtà affini quali, tra gli altri, gli adtributi e i contributi.
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History, Ancient History, Economic History, Classical Archaeology, Near Eastern Archaeology, and 58 more
L’indagine è stata rivolta a determinare l’origine di decemviri e centumviri e i criteri, in base ai quali avveniva la distribuzione dei processi tra i citati organi giudicanti. È emerso che i decemviri detennero la competenza giudicante... more
L’indagine è stata rivolta a determinare l’origine di decemviri e centumviri e i criteri, in base ai quali avveniva la distribuzione dei processi tra i citati organi giudicanti. È emerso che i decemviri detennero la competenza giudicante (precisamente nelle cause di libertà, in concorrenza con i recuperatores) solo fino alle leges Iuliae, dopo le quali essi rimasero incaricati unicamente del funzionamento del collegio centumvirale. Riguardo ai centumviri, la competenza per materia è stata individuata nella sola materia ereditaria e si è negato che conoscesse limiti derivanti dal valore delle controversie. Si è ritenuto che la competenza per materia dei centumviri sia stata esclusiva fino alle riforme augustee, dopo le quali conobbe una parziale concorrenza del giudice formulare e di quello della cognitio.
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Traduzione italiana a opera di Lorenzo Gagliardi del volume inglese di Peter G. Stein, dal titolo: "Roman Law in European History", Cambridge 1999.
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Si riprende sul Legal Roots la Prefazione ad Antologia giuridica romanistica ed antiquaria, II
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Si traccia la storia dell’insegnamento del diritto romano e della ricerca romanistica nell’Università degli Studi di Milano dalla fondazione dell’ateneo (e della facoltà giuridica) nel 1924 fino al 1968, ripercorrendo le gesta milanesi... more
Si traccia la storia dell’insegnamento del diritto romano e della ricerca romanistica nell’Università degli Studi di Milano dalla fondazione dell’ateneo (e della facoltà giuridica) nel 1924 fino al 1968, ripercorrendo le gesta milanesi degli illustri Maestri che vi insegnarono come titolari di materie romanistiche (Carlo Longo, Emilio Betti, Gaetano Scherillo, Pietro Ciapessoni, Giovanni Pugliese, Arnaldo Biscardi).
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Si percorre brevemente la storia che ha condotto dalla pubblicazione del primo volume dell’“Antologia” nel 1968, a cura di Arnaldo Biscardi, alla pubblicazione del secondo volume dell’“Antologia” nel 2018, a cura di Lorenzo Gagliardi,... more
Si percorre brevemente la storia che ha condotto dalla pubblicazione del primo volume dell’“Antologia” nel 1968, a cura di Arnaldo Biscardi, alla pubblicazione del secondo volume dell’“Antologia” nel 2018, a cura di Lorenzo Gagliardi, dopo cinquant’anni. Si presenta il contenuto del volume.
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Premessi brevi cenni sulla pietas in generale, in quanto intesa dai Romani come un contenitore di valori stereotipati degni di essere rispettati e condivisi, l’autore si è concentrato a dimostrare come essa abbia assunto un ruolo centrale... more
Premessi brevi cenni sulla pietas in generale, in quanto intesa dai Romani come un contenitore di valori stereotipati degni di essere rispettati e condivisi, l’autore si è concentrato a dimostrare come essa abbia assunto un ruolo centrale soprattutto nell’età augustea, manifestando i suoi effetti in particolare nel campo giuridico, nel quale dalla pietas, intesa come officium, furono fatti discendere diritti e obblighi giuridici. L’analisi si è concentrata espressamente sul diritto di famiglia e su quello successorio.
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In the beginning of the first century B.C.,the word “Italy” had a specific geographical and administrative significance. The people who lived in “Italy”,launched a war against Rome called “Social war”(also known as “Italian war”) for a... more
In the beginning of the first century B.C.,the word “Italy” had a specific geographical and administrative significance. The people who lived in “Italy”,launched a war against Rome called “Social war”(also known as “Italian war”) for a more fair treatment. After the outbreak of the war,Rome promulgated the “lex Iulia de civitate” in 90 B.C. and later other supplemental provisions in order to change the war situation. They produced good results for victory and power consolidation. The law established,on the one hand, some rules for granting Rome citizenship to the people of “Italy”,and on the other hand,the application of Roman private law in these ally cities. It actually laid the foundation for the emergence of the new Roman municipes and promoted the development of the Italian municipal system.
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L’espressione romana fundus fieri, riferita a un popolo, indicava che quel popolo accettava di diventare, in senso metaforico, come un fondo per l’applicazione di una singola legge romana (c.d. fundus fieri selettivo) o dell’intero... more
L’espressione romana fundus fieri, riferita a un popolo, indicava che quel popolo accettava di diventare, in senso metaforico, come un fondo per l’applicazione di una singola legge romana (c.d. fundus fieri selettivo) o dell’intero sistema delle norme del diritto romano (c.d. fundus fieri generale). Risulta che il fundus fieri riguardò nella sostanza esclusivamente norme di diritto privato. Il primo tipo di fundus fieri (selettivo) riguardò i municipi romani più antichi anteriori al 90 a.C. e inoltre i popoli alleati e latini; il secondo tipo (generale), i popoli che nel 90/89 a.C. si resero fundi per la lex Iulia de civitate, diventando così municipia fundana. I popoli fundi rinunziavano quindi, secondo i casi, a una parte o alla totalità del proprio ordinamento giusprivatistico, che veniva pertanto sostituito dal diritto romano. In questo studio si esaminano tutte le occorrenze di fundus fieri rinvenibili nelle fonti antiche.
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The essay examines the main occurrences of the term πάροικος in the inscriptions of towns of mainland Greece, Aegean islands and Macedonia in the Hellenistic age and in the first century of the Roman Empire. The sources show that in the... more
The essay examines the main occurrences of the term πάροικος in the inscriptions of towns of mainland Greece, Aegean islands and Macedonia in the Hellenistic age and in the first century of the Roman Empire. The sources show that in the towns of the aforesaid regions, πάροικοι in most cases referred to individuals who had transferred their domicile and were therefore the equivalent of the μέτοικοι of the classical πόλεις. An important exception is represented by the case of the fortress of Rhamnous in Athens, where πάροικοι were mercenary soldiers who had settled there themselves. Special reference is also made to the πάροικοι who are attested in Roman colonies of the Greek world: they could also belong to the indigenous population resident in the territory of the colonies, by equating the terms πάροικοι and incolae.
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The author argues that the mother as guardian of her prepubescent children in Roman law existed since the second century CE and not since 390 CE, as maintained by most modern scholars. Moreover, both in Rome and in some Oriental provinces... more
The author argues that the mother as guardian of her prepubescent children in Roman law existed since the second century CE and not since 390 CE, as maintained by most modern scholars. Moreover, both in Rome and in some Oriental provinces of the Roman Empire (there is evidence from Egypt and Arabia), in the classical period of Roman law the mother could act as administrator aiding the appointed guardian. In the Greek speaking provinces of the empire, the latter was called epakolouthetria. The author denies that the mother as administrator aiding the guardian in Rome and the provincial epakolouthetria are generically interrelated.
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L’auteur souligne l’importance de la lex Iulia de civitate de 90 av. J.-C. pour le droit privé des municipes italique les plus anciens, en soutenant que cette loi octroya la citoyenneté aux Latins et aux Italiques à la condition qu’ils... more
L’auteur souligne l’importance de la lex Iulia de civitate de 90 av. J.-C. pour le droit privé des municipes italique les plus anciens, en soutenant que cette loi octroya la citoyenneté aux Latins et aux Italiques à la condition qu’ils acceptent ce que l’auteur qualifie de fundus fieri « général »: c’est-à-dire l’adoption non pas de quelques lois romaines en particulier, mais de l’ensemble du droit privé romain. Avant 90 av. J.-C., au contraire, comme il est démontré, entre autres, à partir des cas de Capoue et de Cumes, il était normal d’appliquer pour les municipes un droit privé largement basé sur les coutumes locales. Le droit privé romain était introduit dans les communautés locales par des leges envoyées par Rome, lesquelles autorisaient, quand cela n’était pas spécifiquement interdit, l’utilisation du droit local, élaborant ainsi un système mixte.
L’autore sottolinea l’importanza della lex Iulia de civitate del 90 a.C. per il diritto privato dei municipi italici più antichi, sostenendo che tale legge concesse la cittadinanza ai Latini e agli Italici a condizione che essi accettassero quello che l’autore denomina un fundus fieri «generale»: vale a dire l’applicazione non di singole leggi romane, ma dell’intero diritto privato romano. Prima del 90 a.C., al contrario, come mostrano, tra gli altri, i casi di Capua e di Cuma, era normale per i municipes l’applicazione di un diritto privato ampiamente basato sulle consuetudini locali. Il diritto privato romano veniva introdotto nelle comunità locali con leges inviate da Roma, le quali autorizzavano – per quanto da esse non disciplinato – l’impiego del diritto locale, realizzando così un sistema misto.
Parole chiave: municipes, lex Iulia de civitate, civitas, fundus fieri, droit privé romain, droit privé local
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Il saggio contiene riflessioni su dati ricavabili dal trattato concluso tra Romani e Lici nel 46 a.C. Si contesta l’opinione dominante, secondo la quale la denominazione ufficiale del pretore peregrino sarebbe stata quella di praetor qui... more
Il saggio contiene riflessioni su dati ricavabili dal trattato concluso tra Romani e Lici nel 46 a.C. Si contesta l’opinione dominante, secondo la quale la denominazione ufficiale del pretore peregrino sarebbe stata quella di praetor qui inter peregrinos ius dicit fino all’età augustea e quella di praetor qui inter cives et peregrinos ius dicit dall’età augustea in poi. Si sostiene che fin dalla lex Fabia del I sec. a.C. alcune fattispecie di plagium furono punite con la pena di morte. Si commentano infine la clausole in materia giudiziaria alle linee 32-43 del trattato.
The essay contains reflections on information derivable from the treaty between the Romans and the Lycians in 46 B.C.E. In the first place, it contests the dominant opinion that "praetor qui inter peregrinos ius dicit" was the official title of the peregrine praetor until the Augustan period and that "praetor qui inter cives et peregrinos ius dicit" was his official title from the Augustan period onward. It is then held that some cases of plagium were punished by death since the lex Fabia in the 1st century B.C.E. In closing, comments are made in regard to the provisions contained in lines 32-43 of the treaty in the matter of jurisdiction.
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L’autore sostiene che nei municipi romani più antichi (a partire da IV secolo a.C. e fino alla lex Iulia del 90 a.C.) veniva impiegato, nei rapporti tra municipes, un diritto privato misto, dall’autore denominato “romano-locale”,... more
L’autore sostiene che nei municipi romani più antichi (a partire da IV secolo a.C. e fino alla lex Iulia del 90 a.C.) veniva impiegato, nei rapporti tra municipes, un diritto privato misto, dall’autore denominato “romano-locale”, ampiamente basato su consuetudini locali, mentre il diritto romano puro era impiegato nei rapporti tra municipes e cives optimo iure di Roma. Il contenuto del diritto privato romano era portato a conoscenza delle comunità locali con leges inviate da Roma, le quali autorizzavano – per quanto da esse non disciplinato – l’impiego del diritto locale. Si esaminano come particolarmente significativi i casi di Capua, Cumae, Antium, Anagnia e Arpinum.

El autor sostiene que, en los municipios romanos más antiguos (desde el siglo IV a.C. y hasta la lex Iulia del 90 a.C.), era usado, en las relaciones entre municipes, un derecho privado mixto, denominado por el autor “romano-local”, basado ampliamente en las costumbres locales, mientras que el derecho romano puro era utilizado por los municipes en los negocios con los cives optimo iure de Roma. El derecho privado romano era introducido en las comunidades locales a través de leges enviadas por Roma que autorizaban – en relación con los asuntos no regulados – el uso del derecho local. Se examinan como casos particularmente significativos los de Capua, Cumae, Antium, Anagnia y Arpinum.
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法律科学是这样的一门学科,它研究法现象,理性地将法置于一定的框架之下,它对法
进行构造,以便对规范的诠释可以在任何情况下通过可验证的逻辑程序进行。在人类的法律文化史上,正宗法律科学之发育肇始于罗马社会,而在古近东国家以及古希腊社会,并不能发现法律科学之痕迹
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Legal science is a discipline that studies the law and sets it rationally in a certain frame. It explores the law by applying logical procedures, which are verifiable at each step of the process, to interpret legal rules. In the history... more
Legal science is a discipline that studies the law and sets it rationally in a certain frame. It explores the law by applying logical procedures, which are verifiable at each step of the process, to interpret legal rules. In the history of human legal culture, a real science of law is developed for the first time in the Roman world. There are no significant traces of legal science in the countries of ancient Near East or ancient Greece.
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The author examines the so called "Athenian law on homolo-gia", maintaining that it recognized for the first time contracts based on the simple agreement of the parties as valid in the Athenian juridical system (consensual contracts).... more
The author examines the so called "Athenian law on homolo-gia", maintaining that it recognized for the first time contracts based on the simple agreement of the parties as valid in the Athenian juridical system (consensual contracts). Moreover, he affirms that the law on homologia also provided that the will of the contracting parties (brought together in the ho-mologia) must be free of defects such as duress and fraud. He finally asserts that, in case of consensual defects of the contracting parties, the consequence was the invalidity of the contracts and of the obligations arising therefrom. Résumé.-L'auteur examine la soi-disant "loi athénienne sur l'homologia" et soutient qu'elle reconnaît pour la première fois la validité, au regard de l'ordre juridique athénien, des contrats basés sur le simple accord des parties (contrats consensuels). Il affirme en outre que la loi sur l'homologia prévoit que la volonté des parties contractantes (liées par l'homologia) de-vait être exempte de vices tels que la violence et le dol. L'auteur soutient enfin que, si le consentement des parties contractantes se trouvait être vicié, cela entrainerait l'invalidité des contrats et des obligations qui en découlent.
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Lo studio esamina le soluzioni giuridiche all’espropriazione delle terre dei popoli indigeni al momento della fondazione delle colonie romane. Da un esame compiuto sulle principali fonti gromatiche, l’autore conclude che si davano due... more
Lo studio esamina le soluzioni giuridiche all’espropriazione delle terre dei popoli indigeni al momento della fondazione delle colonie romane. Da un esame compiuto sulle principali fonti gromatiche, l’autore conclude che si davano due soluzioni principali. Con la prima, gli indigeni, una volta espropriati, perdevano l’autonomia politica, ricevevano in restituzione a titolo individuale le terre ed erano assoggettati, in condizione di incolae, ai magistrati della colonia, cui versavano individualmente i tributi locali. Con la seconda, mantenevano la propria comunità politica con autonoma giurisdizione (res publica), essendo tuttavia tributari della colonia e ottenevano in restituzione collettivamente terre di condizione deteriore rispetto a quelle loro sottratte.
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The querela inofficiosi testamenti (action for undutiful will) did not permit the joinder of parties. When there were several forced heirs, each heir brought the action independently with the intention of obtaining the distributive share... more
The querela inofficiosi testamenti (action for undutiful will) did not permit the joinder of parties. When there were several forced heirs, each heir brought the action independently with the intention of obtaining the distributive share that would have been due according to intestate succession. Each plaintiff normally acted only for his own share. Whether the plaintiff could benefit from an inheritance increase if it was known that one or more co-heirs had repudiated their claim is unclear. The passages from the Digest seem to give conflicting answers and modern scholars suspect that there might have been ius controversum on the subject. Based on two Byzantine scholia, the author demonstrates that the jurists' diverging conclusions referred to different cases. In the end, the exegesis of the texts offers some reflections about the work of the Justinianic Compilers.
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La querela inofficiosi testamenti no conocía del litisconsorcio. Cuando había más de un coheredero forzoso, cada uno de ellos interponía su acción independientemente de los otros, con el objetivo de conseguir la cuota hereditaria que le... more
La querela inofficiosi testamenti no conocía del litisconsorcio. Cuando había más de un coheredero forzoso, cada uno de ellos interponía su acción independientemente de los otros, con el objetivo de conseguir la cuota hereditaria que le correspondía en virtud de la sucesión intestada. Normalmente cada querelante ejercía su derecho de acción, por la propia cuota hereditaria. Nos preguntamos aquí si el querellante que accionaba podía acrecer su cuota si era así notorio el repudio de la querela por parte de uno o más coherederos. Los pasajes del Digesto parecen dar respuestas contradictorias y la doctrina moderna sospecha que existía una controversia en el derecho (ius controversum). Sobre la base de dos escolios de los Basílicos se intenta demostrar que las divergentes conclusiones de los juristas estaban referidas a distintos casos. La exégesis de los textos sugiere finalmente algunas reflexiones sobre la acción de los compiladores de Justiniano.
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SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Le fonti sulla ὁμολογία κυρία.-3. La ὁμολογία come accordo.-3.1. La teoria della Zweckverfügung.-3.2. Ὁμολογίαι πρὸς ἀλλήλους.-3.3. Ὁμολογία e συνθήκαι.-4. Il riferimento alla volontà nella legge sulla... more
SOMMARIO: 1. Introduzione.-2. Le fonti sulla ὁμολογία κυρία.-3. La ὁμολογία come accordo.-3.1. La teoria della Zweckverfügung.-3.2. Ὁμολογίαι πρὸς ἀλλήλους.-3.3. Ὁμολογία e συνθήκαι.-4. Il riferimento alla volontà nella legge sulla ὁμολογία.-5. Una, nessuna o molte leggi sulla ὁμολογία.-6. Il contratto ha forza di legge.
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Solon erließ ein Gesetz, welches den Athenern erlaubte, durch Adoption über ihren Nachlass zu verfügen (διατίθεσθαι τὰ ἑαυτοῦ). Der Beitrag untersucht den Inhalt dieses Gesetzes und bringt einen neuen Vorschlag zur Rekonstruktion des... more
Solon erließ ein Gesetz, welches den Athenern erlaubte, durch Adoption über ihren Nachlass zu verfügen (διατίθεσθαι τὰ ἑαυτοῦ). Der Beitrag untersucht den Inhalt dieses Gesetzes und bringt einen neuen Vorschlag zur Rekonstruktion des Textes. Der Autor vertritt die Meinung, das Gesetz habe die testamentarische Adoption eingeführt und zudem dem Erblasser erlaubt, Personen außerhalb seines γένος zu adoptieren. Die Bestimmungen über die testamentarische Adoption wurden später in Analogie auch auf die Adoption inter vivos angewendet, die es bereits gab, als Solon das Gesetz erließ.
Solon enacted a law conferring on the Athenians the possibility of disposing of one’s patrimony (διατίθεσθαι τὰ ἑαυτοῦ) through adoption. The paper examines the contents of the law and advances a new reconstruction of its text. According to the author, the law introduced the testamentary adoptions, allowing a bequeather to adopt persons outside his γένος. The dispositions regarding the testamentary adoptions were later on extended by analogy to the inter vivos adoptions, that already existed when Solon passed his law.
A Solone è attribuita una legge introduttiva per i cittadini della possibilità di disporre del proprio patrimonio (διατίθεσθαι τὰ ἑαυτῶν) mediante adozione. In questo articolo, si esamina il contenuto della legge, del cui testo si propone una nuova ricostruzione; si avanza l’ipotesi che la legge abbia introdotto le adozioni testamentarie, permettendo ai testatori di adottare anche persone non appartenenti al loro γένος; si sostiene che le disposizioni introdotte per le adozioni testamentarie siano state in seguito ritenute applicabili per analogia anche alle adozioni inter vivos, già precedentemente esistenti.
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The subject of this study is the expropriation of lands from indigenous peoples at the beginning of the colonisation processes. The study examines the resulting juridical and political consequences, comparing the ancient Roman world with... more
The subject of this study is the expropriation of lands from indigenous peoples at the beginning of the colonisation processes. The study examines the resulting juridical and political consequences, comparing the ancient Roman world with today’s. In Rome, where a system of rules inspired by a respect for the rights of indigenous peoples did not exist, two principal solutions emerged. In the first, once dispossessed, indigenous peoples would lose their political autonomy, would have their lands returned to them on an individual basis and would be under the power of the colonial magistrates, to whom they would pay local taxes as individuals. In the second, they would retain their community as a political entity and their independent jurisdiction while still being taxpayers to the colony, and would collectively have land of a lower quality than what they had been dispossessed returned to them. Modern States also encounter difficulties in dealing with the land rights of indigenous peoples. In Common Law countries, the doctrine of ‘aboriginal land title’ prevails, according to which indigenous peoples have, on the lands they occupy, a right that can be extinguished by the general government of the colonisers’ State.  Several international treaties have attempted to advocate a fairer legal model, but have resulted in few applications. In 2007, the General Assembly of the United Nations approved the Declaration on the Rights of Indigenous Peoples (DRIPS), however its character of source of ‘soft law’ is an obstacle to its implementation. Some States, especially in Latin America, have nevertheless created rules (in some cases contitutional rules) recognising the rights of indigenous peoples. A comparison between the ancient and the modern experience can nurture the debate around this sensitive issue, infusing new life in it, as well as new ideas from a new, more self-aware standpoint.
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Esame dei rapporti giuridici tra Romani e indigeni all’interno delle colonie romane tra il quarto secolo a.C. e il 212 d.C. In alcuni casi gli indigeni mantenevano una propria comunità politica parzialmente autonoma, mentre in altri erano... more
Esame dei rapporti giuridici tra Romani e indigeni all’interno delle colonie romane tra il quarto secolo a.C. e il 212 d.C. In alcuni casi gli indigeni mantenevano una propria comunità politica parzialmente autonoma, mentre in altri erano assoggettati ai magistrati della colonia.
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Gli appartenenti alle comunità italiche che accettarono la cittadinanza romana loro offerta mediante la lex Iulia de civitate del 90 a.C. furono distribuiti in tribù soprannumerarie rispetto alle trentacinque originarie (in un primo tempo... more
Gli appartenenti alle comunità italiche che accettarono la cittadinanza romana loro offerta mediante la lex Iulia de civitate del 90 a.C. furono distribuiti in tribù soprannumerarie rispetto alle trentacinque originarie (in un primo tempo forse otto e poi dieci) e contestualmente furono ammessi al voto nei comizi tributi. A partire dall’88 a.C., tuttavia, i novi cives iniziarono a chiedere l’ammissione alle trentacinque tribù tradizionali. La dottrina moderna è incerta su quando ciò sia avvenuto. In questo studio si prospetta l’ipotesi che la distribuzione dei novi cives nelle trentacinque tribù sia avvenuta con un senatoconsulto dell’anno 84 a.C.
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The author presents the results of a study on the ephetai investigating their role, jurisdiction and selection in the overall framework of the Athenian homicide courts. In the period between Drakon and Solon, only the Areopagos, the... more
The author presents the results of a study on the ephetai investigating their role, jurisdiction and selection in the overall framework of the Athenian homicide courts. In the period between Drakon and Solon, only the Areopagos, the Prytaneion and the 51 ephetae (who were at that time chosen among the Areopagites) tried homicide cases. Only after Solon two new homicide courts were instituted: the Delphinion and the court “in Phreatto”. The 51 ephetae never took part to these last two courts, whose judges were chosen by lot from the heliastai. In the fifth and fourth centuries BC, also the 51 ephetae (who at that time gathered at the Palladion) started to be chosen by lot, probably from the heliastai as well.
In questo studio l’autore offre una disamina del ruolo, delle competenze e anche della composizione del collegio giudicante degli efeti nel quadro complessivo dei tribunali ateniesi per l’omicidio. Nel periodo compreso tra Draconte e Solone, erano competenti per l’omicidio solo l’Areopago, il Pritaneo e i 51 efeti (scelti tra gli areopagiti). Solo dopo Solone comparvero due nuovi tribunali, Delfinio e Freatto. I 51 efeti non furono mai presenti in questi ultimi due tribunali, in cui si riunivano eliasti estratti a sorte. Tra quinto e quarto secolo a.C., anche i 51 efeti (che a quel tempo si riunivano al Palladio) iniziarono a essere estratti a sorte, probabilmente anch’essi tra gli eliasti.
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Si esaminano le origini e le competenze dei collegi giudicanti nei processi civili a Roma.
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The study addresses the legal rules that allowed in Rome and in some Eastern provinces of the Roman Empire, especially Egypt, women to serve as guardians or to assist the guardian of their prepubescent children. In Rome, mothers as... more
The study addresses the legal rules that allowed in Rome and in some Eastern provinces of the Roman Empire, especially Egypt, women to serve as guardians or to assist the guardian of their prepubescent children. In Rome, mothers as guardians are attested during the second century by individual imperial concession, and the mother as manager in aid to the guardian is amply attested in the classical age. In Egypt, mothers could serve as guardians, appointed by a private act of the husband (since the beginning of the province until 212 AD), while in connection to the guardian (with the name ἐπακολουθήτρια) they appear only from the first half of the second century ad. the author questions the mutual influences between the two sets of rules.

Nel presente articolo si esaminano le norme giuridiche in base alle quali a Roma e in alcune province orientali dell'impero romano, soprattutto l'Egitto, la madre poteva essere tutrice o poteva svolgere fuzioni di ausilio al tutore dei propri figli impuberi. A Roma la madre tutrice appare attestata già dal secondo secolo per concessione imperiale individuale, e la madre amministratrice in ausilio al tutore è ampiamente attestata in età classica. In Egitto la madre tutrice, nominata con atto privato del marito, compare dalle origini della provincia e fino al 212 d.C., mentre, affiancata al tutore, con il nome di ἐπακολουθήτρια, è documentata solo dalla prima metà del secondo secolo d.C. In dottrina ci si è interrogati circa le influenze reciproche tra i due sistemi di norme. L'autore conclude che è legittimo ipotizzare che la scomparsa della madre tutrice egizia dopo il 212 sia stata causata dalla diffusione del diritto romano nelle province a seguito della Constitutio Antoniniana, mentre non sembra possibile rinvenire altre reciproche influenze. In particolare, si nega che la madre amministratrice romana sia derivata dall'ἐπακολουθήτρια egizia.
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La scienza giuridica è una disciplina che studia il diritto, inquadrandolo razionalmente ed elaborandolo in modo tale che l’interpretazione delle norme sia compiuta attraverso procedure logiche verificabili in ogni passaggio. Nella storia... more
La scienza giuridica è una disciplina che studia il diritto, inquadrandolo razionalmente ed elaborandolo in modo tale che l’interpretazione delle norme sia compiuta attraverso procedure logiche verificabili in ogni passaggio. Nella storia della cultura giuridica dell’umanità una vera e propria scienza del diritto si trova sviluppata per la prima volta nel mondo romano, mentre non se ne riscontrano tracce significative né nella cultura giuridica dei paesi del Vicino Oriente Antico, né nella Grecia antica.
Au début de l’année 52 av. J.-C. César était proconsul des Gaules et d’Illyrie tandis que Pompée se faisait élire à Rome seul consul. Tirant profit de l’incertitude qui entourait la date de la fin de sa promagistrature, mal définie par... more
Au début de l’année 52 av. J.-C. César était proconsul des Gaules et d’Illyrie tandis que Pompée se faisait élire à Rome seul consul. Tirant profit de l’incertitude qui entourait la date de la fin de sa promagistrature, mal définie par les lois qui l’avaient instituée, César chercha à obtenir du Sénat qu’il prorogea son commandement provincial jusqu’à la fin de l’année 49 et aussi à devenir consul en 48. Ne pouvant revenir à Rome en tant que proconsul, il aspirait à être candidat in absentia au consulat en 49 ce qui était interdit depuis une loi de 63. En accord avec Pompée il réussit alors par l’entremise des tribuns de la plèbe à faire approuver en février 52 un plébiscite qui l’y autorise. Au printemps 52, néanmoins, une lex proposée par Pompée lui-même, abrogea le plébiscite en question. Dans cet article sont examinées les raisons qui ont conduit Pompée à prendre une telle initiative. Nous montrerons aussi que, contrairement à l’opinion généralement admise, l’approbation de la lex Pompeia ne fut pas formellement irrégulière.
All’inizio del 52 a.C. Cesare era proconsole in Gallia e Illirico, mentre Pompeo era console unico a Roma. Nell’incertezza su quale fosse la data finale della promagistratura cesariana, non ben definita dalle leggi che l’avevano istituita, Cesare mirava a farsi riconoscere dal senato il comando provinciale fino alla fine del 49 e a diventare console nel 48. Non potendo rientrare a Roma da proconsole, aspirava a candidarsi al consolato nel 49 in absentia, ciò che tuttavia era vietato da una legge del 63. In accordo con Pompeo, riuscì allora, tramite i tribuni della plebe, a fare approvare nel febbraio 52 un plebiscito che glielo consentisse. Nella primavera del 52, nondimeno, una legge rogata dallo stesso Pompeo abrogò tale plebiscito. Nell’articolo si esaminano le ragioni che indussero Pompeo ad assumere tale iniziativa e si mostra che l’approvazione della lex Pompeia, nonostante numerosi dubbi avanzati in senso contrario dalla dottrina moderna, non fu formalmente irregolare.
Fonti particolarmente esaminate: Suet. Iul. 26.1 e 28.2; Dio Cass. 40.51.1-2 e 40.56.1-3; Caes. civ. 1.32.3.
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Lo studio traccia le linee dello sviluppo della superficie in diritto romano. L’istituto sorse tra secondo e primo secolo a.C., in conseguenza di rilevanti mutamenti demografici e urbanistici e fu probabilmente modellato sulle concessioni... more
Lo studio traccia le linee dello sviluppo della superficie in diritto romano. L’istituto sorse tra secondo e primo secolo a.C., in conseguenza di rilevanti mutamenti demografici e urbanistici e fu probabilmente modellato sulle concessioni vettigali. Inizialmente, la superficie fu basata sul contratto di locazione a tempo determinato e poi anche su quello a tempo indeterminato (ovvero in perpetuum) e i superficiari conduttori furono tutelati mediante l’interdictum de superficiebus, modellato su quello de loco publico fruendo. Poiché nel corso del tempo, sul finire del primo secolo a.C., si ammise nella prassi la possibilità di costituire diritti di superficie mediante compravendita, legato e donazione, la tutela interdittale non fu più sufficiente e così, forse tra primo e secondo secolo d.C., il pretore inserì nell’editto la tutela reale per via di azione, a vantaggio di tutti i superficiari, con l’eccezione di quelli che fossero meri conductores ad modicum tempus. Si esaminano tutti i tipi di azioni decretali in factum che il diritto romano conobbe a vantaggio dei superficiari.
Fonti particolarmente esaminate: Ulp. 16 ad ed. D. 6.2.11.10; Ulp. 70 ad ed. D. 43.18.1; Ulp. 68 ad ed. D. 43.9.1pr.; Paul. 29 ad ed. D. 13.7.16.2; Ulp. 17 ad ed. D. 6.1.73.1; Paul. 21 ad ed. D. 6.1.74; Ulp. 16 ad ed. D. 6.1.75; Ulp. 71 ad ed. D. 43.24.15.12; Paul. 19 ad ed. D. 6.2.12.2-3; Ulp. 16 ad ed. D. 6.2.11.1.
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We find the political category of paroikoi in several inscriptions of Asia Minor both in the Hellenistic age and in the first two centuries of the Roman Empire. In modern historiography there are strong uncertainties and different... more
We find the political category of paroikoi in several inscriptions of Asia Minor both in the Hellenistic age and in the first two centuries of the Roman Empire. In modern historiography there are strong uncertainties and different positions regarding the individuation of paroikoi. According to a widespread interpretation the term designated the foreign residents in the city. On the basis of the examination of the epigraphical texts this study maintains the opinion that the Asia Minor paroikoi were free indigenous inhabitants resident in the territory of the city, but lacking political rights. They were the correspondent in the city of the laoi of the basilike chora.
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Si delinea come fossero disciplinati i rapporti giuridici fra i Romani e gli indigeni nelle colonie romane tra il quarto secolo a.C. e il 212 d.C. Le fonti attestano che esistevano diverse possibili soluzioni per disciplinare la presenza... more
Si delinea come fossero disciplinati i rapporti giuridici fra i Romani e gli indigeni nelle colonie romane tra il quarto secolo a.C. e il 212 d.C. Le fonti attestano che esistevano diverse possibili soluzioni per disciplinare la presenza degli indigeni locali in una colonia romana. La prima era che gli indigeni ricevessero terre all’interno della colonia, venendo contestualmente assoggettati ai magistrati di quella. La seconda soluzione era che gli indigeni, pur ricevendo terre entro i confini della colonia, mantenessero una propria comunità politica parzialmente autonoma. Poi poteva darsi il caso che gli indigeni venissero resi cives Romani e così inclusi tra i coloni stessi. Infine, poteva accadere che essi restassero nella colonia, ma in stato di asservimento di fatto ai coloni romani.
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È opinione comune, presso gli studiosi moderni, che i giudici privati del processo civile romano (giudici monocratici o recuperatores) appartenessero alle classi sociali più elevate e più colte e che mantenessero, nel ricoprire il loro... more
È opinione comune, presso gli studiosi moderni, che i giudici privati del processo civile romano (giudici monocratici o recuperatores) appartenessero alle classi sociali più elevate e più colte e che mantenessero, nel ricoprire il loro incarico, un atteggiamento di grande dignità. Questo dato appare in effetti confermato se si considerano tutti i giudici privati, dei quali le testimonianze antiche hanno tramandato l’identità. Ci sono tuttavia significative fonti letterarie, che presentano indizi dai quali è lecito sospettare, di fatto, l’esistenza di una seconda ‘categoria’ di giudici privati, costituita da persone di bassa estrazione sociale, che mantenevano spesso, nell'esercizio della funzione, comportamenti tutt’altro che incensurabili. I giudici di questo secondo gruppo erano, nella maggior parte dei casi, probabilmente quelli scelti al di fuori dell’album iudicum. Dall’indagine è risultato anche che, sebbene le due categorie di giudici fossero per molti aspetti differenziate tra loro, esse erano tuttavia assimilate per un importante carattere comune: l’imperitia iuris dei giudicanti, che si trova a più riprese lamentata dalle fonti antiche.
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Considerazioni sul numero e sulle caratteristiche delle diverse dokimasiai attestate nell'Atene classica. Confronto analitico tra la dokimasia dei magistrati e la dokimasia degli oratori.
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La lex Iunia Licinia del 62 a.C. obbligò i magistrati a depositare all’erario i testi delle leggi che proponevano. La ragione di ciò era che l’erario era il luogo ove già si depositavano da tempo antico le leggi approvate: era quindi... more
La lex Iunia Licinia del 62 a.C. obbligò i magistrati a depositare all’erario i testi delle leggi che proponevano. La ragione di ciò era che l’erario era il luogo ove già si depositavano da tempo antico le leggi approvate: era quindi logico che lì confluissero anche i progetti di legge, in modo tale che i questori (o i cittadini eventualmente interessati) potessero controllare che i testi delle leggi approvate coincidessero con quelli delle leggi promulgate. Il deposito all’erario delle leges promulgate o approvate non aveva invece la funzione di pubblicare in forma scritta quei testi. Per le prime, infatti, la pubblicazione scritta avveniva durante il periodo del trinundinum, mediante iscrizione sulle tabulae dealbatae affisse nel foro. Per le seconde, invece, essa poteva avvenire mendiante incisione su bronzo ed esposizione al pubblico in vari luoghi della città di Roma, ma era piuttosto rara. Da tutto questo sistema emerge in fondo un carattere alquanto paradossale del sistema legislativo romano classico, almeno in relazione ai casi di tutte quelle leggi di cui non fosse prevista la pubblicazione su bronzo: quello per cui la conoscenza e la reperibilità delle leges erano assai più agevoli fintantoché esse fossero allo stato di leggi promulgate, o rogationes, scritte su tabulae dealbatae ed esposte nel foro, mentre lo erano assai meno dopo la loro approvazione nei comizi, quando venivano soltanto archiviate all'erario.
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Osservazioni a proposito di M. Casola, L’immigrato: una riflessione sulle dinamiche d’integrazione, in “Ionicae disputationes”. Uomo e ambiente. II incontro ionico-polacco. Taranto, 17-20 settembre 2007, Taranto, 2008, 235-262.
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È opinione comune, presso gli studiosi moderni, che i giudici privati del processo civile romano (giudici monocratici o recuperatores) appartenessero alle classi sociali più elevate e più colte e che mantenessero, nel ricoprire il loro... more
È opinione comune, presso gli studiosi moderni, che i giudici privati del processo civile romano (giudici monocratici o recuperatores) appartenessero alle classi sociali più elevate e più colte e che mantenessero, nel ricoprire il loro incarico, un atteggiamento di grande dignità. Questo dato appare in effetti confermato se si considerano tutti i giudici privati, dei quali le testimonianze antiche hanno tramandato l’identità. Ci sono tuttavia significative fonti letterarie, che presentano indizi dai quali è lecito sospettare, di fatto, l’esistenza di una seconda ‘categoria’ di giudici privati, costituita da persone di bassa estrazione sociale, che mantenevano spesso, nell'esercizio della funzione, comportamenti tutt’altro che incensurabili. I giudici di questo secondo gruppo erano, nella maggior parte dei casi, probabilmente quelli scelti al di fuori dell’album iudicum. Dall’indagine è risultato anche che, sebbene le due categorie di giudici fossero per molti aspetti differenziate tra loro, esse erano tuttavia assimilate per un importante carattere comune: l’imperitia iuris dei giudicanti, che si trova a più riprese lamentata dalle fonti antiche.
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L’indagine svolta ha permesso di fare apparire come meglio condivisibile, tra le varie prospettive in tema di origine della compravendita consensuale romana, quella secondo cui essa sorse come istituto sganciato dalle radici del ius... more
L’indagine svolta ha permesso di fare apparire come meglio condivisibile, tra le varie prospettive in tema di origine della compravendita consensuale romana, quella secondo cui essa sorse come istituto sganciato dalle radici del ius civile. In tal senso, almeno, depongono due ordini di considerazioni. In primo luogo, l’ipotesi sostenuta si può argomentare sulla base del passo di Paolo conservato in D. 18.1.1 e in D. 19.4.1pr.-2, dal quale emerge la convinta opinione del giurista classico, secondo la quale la compravendita consensuale doveva essere qualificata iuris gentium nel senso che i suoi caratteri fondanti erano emersi prima nel ius gentium e, solo successivamente, da esso erano stati recepiti nel ius civile (e non invece nel senso che, come viceversa accaduto per la traditio o per la stipulatio, essa fosse sorta nel ius civile e quindi fosse stata estesa ai rapporti con i peregrini). In secondo luogo, l’opinione può essere motivata sulla scorta di alcune osservazioni di dettaglio, che sono state sviluppate, da cui è sembrato emergere con sufficiente nitidezza che i Romani, in materia di compravendita con i peregrini, a partire da una certa epoca in poi, che si deve probabilmente collocare nel terzo secolo a.C., abbiano ritenuto non più soddisfacente il modello che avevano seguito fin dall’età arcaica. Tale modello arcaico era stato basato su quella che abbiamo potuto definire l’estensione “nei limiti del possibile” della disciplina civilistica ai casi di compravendite che intervenivano tra Romani e stranieri. Si trattava di un’estensione difficoltosa e a tratti anche illogica, dovuta al fatto che il diritto romano era stato pensato solo per la comunità dei cives: solo i Romani potevano avere la proprietà delle cose; solo ai cives era accessibile la mancipatio e pertanto solo per loro aveva senso compiuto la distinzione tra res mancipi e res nec mancipi; conseguentemente, solo per i cives poteva dirsi che esistesse una garanzia automatica dall’evizione in caso di vendita (reale) di res mancipi (in quanto tale garanzia derivava dalla mancipatio). L’estensione “nei limiti del possibile” di una siffatta disciplina ai rapporti di compravendita tra Romani e stranieri aveva prodotto un regime complesso, ma anche spurio e in gran parte contraddittorio, che infine apparve insoddisfacente, ciò che costituì la premessa per il suo superamento.
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Risposta alla relazione di Stephen Todd, Regulation of Sexuality in Athenian Law (al Symposion 2003), in cui Todd ha presentato alcune riflessioni, che dovrebbero consentire di tirare le fila su svariati punti intorno ai quali si... more
Risposta alla relazione di Stephen Todd, Regulation of Sexuality in Athenian Law (al Symposion 2003), in cui Todd ha presentato alcune riflessioni, che dovrebbero consentire di tirare le fila su svariati punti intorno ai quali si articolano le discussioni degli studiosi. Nella risposta sono stati trattati tre punti: il rapporto tra la legge e l’omosessualità maschile ad Atene; il contenuto della discussa legge sull’hybris citata da Eschine (1.15); se la prostituzione maschile ad Atene fosse lecita o illecita.
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Per il diritto romano erano incolae coloro che avevano il domicilio entro i confini di un municipio o di una colonia diversi da quelli in cui avessero la loro origo. È benvero attestata una differenza fondamentale tra coloro che si... more
Per il diritto romano erano incolae coloro che avevano il domicilio entro i confini di un municipio o di una colonia diversi da quelli in cui avessero la loro origo. È benvero attestata una differenza fondamentale tra coloro che si domiciliavano nell’oppidum e coloro che lo facevano nel territorium, in quanto per i secondi il domicilio non era sufficiente per ottenere la qualifica di incolae, ma era altresì necessario il possesso o la proprietà di un ager. Tuttavia, quando i rispettivi requisiti o adempimenti fossero stati rispettati, sia gli individui domiciliati nell’oppidum, sia quelli domiciliati nel territorium erano considerati tutti incolae a ogni effetto di legge, senza che possa affermarsi che la qualifica di incolae potesse più pienamente o più correttamente applicarsi ai primi, rispetto ai secondi, contrariamente a quanto ritenuto da gran parte della più influente dottrina moderna. S’è infatti visto che, dei testi che si sono utilizzati per negare quest’ultima affermazione, e cioè D.50.1.35, D.50.1.27.1 e C.10.40(39).3, il primo e il terzo non erano riferiti a individui domiciliati, ma solo a persone dimoranti nel territorio di una civitas, e il secondo non trattava della relazione tra città e territorio di una stessa civitas, ma dei rapporti tra due civitates. Il fatto che tanto i domiciliati nell’oppidum, quanto quelli nel territorium fossero in linea di principio considerati egualmente incolae di una stessa civitas, non impediva naturalmente, in chiave pragmatica, di ravvisare differenze di fatto notevoli tra gli uni e gli altri: quelli che abitavano nel centro urbano erano ovviamente molto più partecipi della vita cittadina, rispetto a quelli che vivevano in zone molto periferiche e spesso assai lontane dal capoluogo e, in confronto con questi ultimi, essi sfruttavano i servizi della città in modo molto più ampio. Tutto ciò giustamente non era considerato privo di conseguenze dal diritto e difatti gli incolae domiciliati nell’oppidum, perciò denominati urbani, oppidani o intramurani, erano soggetti a munera e, in età più avanzata, dovevano accettare honores in misura maggiore rispetto agli altri, che erano detti in contrapposizione ruris incolae o anche incolae extramurani.
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Si tratta di uno studio sulla procedura impiegata nei processi di hereditatis petitio e di querela inofficiosi testamenti che si svolgevano presso il collegio centumvirale. Come è noto il collegio centumvirale era diviso in sezioni e... more
Si tratta di uno studio sulla procedura impiegata nei processi di hereditatis petitio e di querela inofficiosi testamenti che si svolgevano presso il collegio centumvirale. Come è noto il collegio centumvirale era diviso in sezioni e alcune ellittiche fonti menzionano iudicia duplicia e iudicia quadruplicia. Si è cercato di comprendere che cosa essi fossero. Si è concluso che il iudicium quadruplex era un particolare tipo di processo in cui, eccezionalmente, venivano coinvolte contemporaneamente tutte e quattro le sezioni, tutti e centottanta i giudici che costituivano il collegio centumvirale. Si potevano riunire in tali casi apud iudicem, attraverso un dibattimento unico davanti a tutti i giudici riuniti, controversie distinte, e distintamente incardinate nella precedente fase in iure, ma attinenti alla medesima eredità e, in ragione di ciò, oggettivamente connesse. Ciò veniva fatto solo per processi ritenuti di particolare importanza. Per quanto concerne il iudicium duplex, si è invece scoperto che si trattava di una cosa affatto diversa: era un iudicium che era diviso in due parti (partes centumviralium): una prima, esaminata in una seduta dei giudici; una seconda, affrontata in un turno successivo. Si esamina poi come potessero concordarsi tra loro sentenze difformi emesse in processi successivi dai centumviri su questioni connesse o riguardanti la stessa eredità o la stessa querela inofficiosi testamenti, visto che in diritto romano non esisteva il litisconsorzio necessario. Conclude il lavoro un tentativo di ricostruzione archeologica della basilica Iulia, il luogo dove i centumviri si riunivano.
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ENGLISH: Douglas MacDowell has provided a complete analysis of the dokimasia rhetoron. In particular, he has affirmed that the consequence of a defeat in a dokimasia rhetoron was not partial atimia, as commonly mantained, but total... more
ENGLISH: Douglas MacDowell has provided a complete analysis of the dokimasia rhetoron. In particular, he has affirmed that the consequence of a defeat in a dokimasia rhetoron was not partial atimia, as commonly mantained, but total atimia. He has concluded that the complex of laws involving the four acts mentioned in the law about the dokimasia rhetoron (maltreatment of parents, military dereliction, prostitution, squandering one’s ancestral property) seems very inconsistent, because a person could suffer a different penalty for committing the same act, according to the judicial action chosen (eisangelia or graphe on the one hand, dokimasia on the other). In the case of the laws considered here, some observations raise doubt about the proposition that there were different penalties for the same act, depending on the legal action. On the contrary, in this article I have argued that there were different penalties and, therefore, different actions, according to differences in the conduct for which individuals were prosecuted.
ITALIANO: Nella sua relazione presentata al Symposion 2001, D. MacDowell ha compiuto un’analisi completa della dokimasia rhetoron. In particolare, ha affermato che la conseguenza della sconfitta in una dokimasia rhetoron non era l’atimia parziale, come comunemente si ritiene, ma l’atimia totale. Ha anche concluso che il complesso delle norme riguardanti i quattro atti citati nella legge riguardante la dokimasia rhetoron (maltrattamento dei genitori, abbandono delle armi in battaglia, prostituzione, dilapidazione del patrimonio avito) appare contraddittorio, perché, a suo modo di vedere, un cittadino poteva subire, per aver compiuto lo stesso atto, una pena diversa, a seconda dell’azione giudiziaria con la quale fosse perseguito in giudizio: l’eisangelia e la graphe l’avrebbero portato alla condanna a morte; la dokimasia rhetoron l’avrebbe portato alla condanna all’atimia totale. Dall’esame delle fonti che si è compiuto, è invece emerso che la differenza tra le varie pene, non dipendeva solo dall’azione con cui il colpevole era stato perseguito, ma soprattutto dal fatto se egli avesse o meno parlato nell’ekklesia dopo avere compiuto uno di tali atti: prima di avervi parlato, avrebbe potuto essere perseguito con dokimasia e, se fosse risultato colpevole, sarebbe stato condannato all’atimia (probabilmente parziale); dopo avervi parlato, avrebbe potuto essere perseguito con eisangelia o graphe, e l’eventuale condanna sarebbe stata a morte.
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Si è svolta un’indagine, dedicata alla ricerca di una eventuale riserva ereditaria a favore dei figli in diritto attico. La ricostruzione, cui si è pervenuti, è quella secondo la quale chi aveva figli o discendenti maschi legittimi doveva... more
Si è svolta un’indagine, dedicata alla ricerca di una eventuale riserva ereditaria a favore dei figli in diritto attico. La ricostruzione, cui si è pervenuti, è quella secondo la quale chi aveva figli o discendenti maschi legittimi doveva necessariamente lasciare loro una parte dell’eredità, della quale era interdetto disporre attraverso lo strumento dei legati a favore di terzi estranei. Sul modo corretto per individuare la parte di eredità sottratta alla disposizione per mezzo dei legati, la dottrina giusgrecistica ha proposto diverse ipotesi. In questo lavoro è sembrato possibile riconoscere alcune tracce di una norma, di origine probabilmente consuetudinaria, in base alla quale esisteva l’obbligo di trasmettere ai figli il patrimonio che ciascuno avesse ereditato dal proprio padre. Tale patrimonio era indicato in lingua greca col nome di patroa, che letteralmente significa “i beni paterni” (da intendersi, in realtà, come “i beni aviti”). A dispetto di tale denominazione, che potrebbe in proposito anche risultare equivoca, si è osservato che oggetto dell’obbligo di trasmissione ereditaria a favore dei figli non era però tanto l’insieme dei beni specificamente individuati, che il de cuius avesse ricevuto dal suo dante causa. Al contrario, poiché tali beni potevano lecitamente essere oggetto di traffici, nel caso in cui essi fossero stati alienati l’obbligo di trasmissione ai figli avrebbe riguardato il loro corrispondente valore economico.
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È opinione comune, si direbbe tralatizia, che, almeno in età classica, ad Atene gli efeti si riunissero per giudicare in tre dei cinque tribunali competenti a decidere le cause di omicidio: Palladio, Delfinio, Freatto. Nonostante alcuni... more
È opinione comune, si direbbe tralatizia, che, almeno in età classica, ad Atene gli efeti si riunissero per giudicare in tre dei cinque tribunali competenti a decidere le cause di omicidio: Palladio, Delfinio, Freatto. Nonostante alcuni pareri contrari, è quasi certo che essi non si riunissero anche nel Pritaneo, in quanto Aristotele nell’Athenaion Politeia afferma chiaramente che qui emanavano i loro verdetti il basileus e i quattro phylobasileis, senza menzionare gli efeti. È inoltre ben noto, sulla base di un passo di Plutarco, anzi è ora indiscusso, che essi non si adunassero nell’Areopago, ove si riunivano, a vita, gli ex-arconti. L’esegesi delle fonti, che è stata svolta nell’articolo, ha portato a rigettare l’opinione dominante e a concludere che gli efeti ateniesi siano stati sempre e soltanto i giudici presso il Palladio. Si è pertanto negata l’affidabilità di tutte quelle fonti che parrebbero attestare la presenza degli efeti nel Delfinio, nel Freatto (e nel Pritaneo).
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S’è segnalata la possibilità, se non la probabilità, che la legge di Solone, comunemente detta “legge testamentaria”, potesse non riguardare solo i testamenti, bensì disciplinare le successioni a titolo universale per causa di morte... more
S’è segnalata la possibilità, se non la probabilità, che la legge di Solone, comunemente detta “legge testamentaria”, potesse non riguardare solo i testamenti, bensì disciplinare le successioni a titolo universale per causa di morte predisposte mediante atti di disposizione del dante causa, e, quindi, mediante adozioni, sia se compiute inter vivos, sia se testamentarie (non era consentito in diritto attico – a quanto ci è parso – fare un testamento senza adozione). In particolare, s’è visto che, fosse vera tale ipotesi, sarebbe consequenziale ritenere che la legge solonica regolasse i presupposti dei citati tipi di adozioni, ma presumibilmente non ne disciplinasse né la procedura, né gli effetti, che sarebbero stati con ogni probabilità previsti da altre norme. Il testo di legge è sembrato chiaro, poi, nello statuire che l’adozione era consentita solo a chi non fosse stato a sua volta adottato, non avesse figli maschi legittimi e – logicamente – fosse pienamente capace di intendere e di volere. Più discutibile è apparsa invece la questione di quale fosse l’oggetto della legge. È parso che le fonti indichino che il vero scopo della legge sia consistito non nell’introduzione delle adozioni o dei testamenti nel diritto attico, ma solo nella loro riforma. La principale innovazione apportata da Solone al sistema delle adozioni consistè nell’introduzione della possibilità di adottare soggetti che non appartenessero al genos dell’adottante. In un tale quadro, la limitazione normativa, che si è ricordata, per cui gli adottati non potevano a loro volta adottare, si sarebbe posta come un contraltare all’innovazione, con lo scopo di evitare che gli adottati, qualora non avessero propri discendenti maschi legittimi, lasciassero il patrimonio, ereditato dall’adottante, a soggetti appartenenti alla loro famiglia d’origine, così da frustrare ulteriormente le aspettative successorie vantate dai parenti di sangue dell’adottante.
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