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Tra Hayek e Popper: la strada verso la libert�

Friedrich von Hayek (1899-1992).
Pur appartenendo a pieno titolo alla scuola austriaca dell'economia, Hayek seguir� un percorso personalissimo che lo porter� ad occuparsi, dal 1944 in poi, di filosofia delle scienze sociali, diritto, filosofia politica e psicologia, abbandonando per mezzo secolo - salvo qualche piccola ma significativa incursione - il campo di studi che lo aveva reso noto. Quando nel 1974 gli fu assegnato il premio Nobel per l'economia veniva onorata dunque la carriera di uno studioso che da trent'anni non si occupava pi� di scienza economica, ma che a partire dai principi concettuali elaborati da Menger e dai successivi interpreti di questa tradizione aveva saputo sviluppare un pensiero sociale compiuto e di grande raffinatezza. In questo senso, si pu� certamente affermare che l'assegnazione del Nobel abbia rappresentato la rivincita della scuola austriaca stessa, marginalizzata e denigrata in quasi tutte le accademie del mondo. Sostenitore del libero mercato e protagonista nel corso degli anni Trenta di un importante dibattito con Keynes, Hayek presenta alcune argomentazioni fortemente innovative sulla diffusione e l'aumento della conoscenza che l'economia libera garantisce e che nessuna pianificazione potr� mai sostituire. 
Acerrimo nemico del "razionalismo costruttivista" (vale a dire dell'edificazione pianificata razionalizzatrice - e dunque artificiale - di una societ� ritenuta migliore), Hayek propose una teoria secondo la quale la civilt� e la societ� sarebbero il prodotto di azioni individuali non intenzionali, di un ordine spontaneo che deriva dall'interazione di milioni di esseri liberi nel corso della storia. Si tratta dunque di un "processo di auto-organizzazione non cosciente" che non tollera alcuna intromissione di politici illuminati e di governanti depositari del cosiddetto "bene comune". Dato che il massimo esempio di questi pregiudizi fatali sulla superiorit� dell'uomo di governo si ebbe nei paesi del socialismo compiuto, non deve stupire che il volume del 1944, The Road to Serfdom (La via della schiavit�) - nel quale Hayek affermava che la guerra e l'intervento statale che questa aveva prodotto conducevano direttamente allo Stato onnipotente - abbia avuto un'enorme diffusione, pi� di quarant'anni dopo, fra gli intellettuali dei paesi che si stavano liberando dal comunismo. In Hayek vi � anche uno dei maggiori tentativi di questo secolo di rifondare i principi basilari del liberalismo classico e dello Stato di diritto, resi ormai opachi dalle dottrine sociali dominanti: dal marxismo al managerialismo.

Israel Kirzner (1930-viv.).
Prima che grande economista egli stesso, l'americano Kirzner � stato uno dei maggiori interpreti e continuatori delle teorie economiche di Hayek. Tutta la teoria kirzneriana dell'imprenditore, in effetti, si fonda su di un ben riconosciuto debito teorico verso il pensatore austriaco. Soggetto tra i meno studiati fino a pochi decenni or sono, l'imprenditore riceve una vera e piena rivalutazione quale argomento centrale dell'analisi teorica solo nelle opere di Kirzner. Per questo autore, in effetti, l'imprenditore non � altro che colui che meglio riesce a mettere a frutto le informazioni a tutti disponibili sul mercato e che rapidamente riesce a cogliere le opportunit� nuove per realizzare i suoi progetti. Cos� facendo egli scopre e crea ci� che prima non esisteva affatto. Da tutto questo deriva, naturalmente, che i frutti del suo lavoro non appartengono che a lui stesso. Per questa ragione i diritti di propriet� non nascono legittimamente solo con l'occupazione di risorse inutilizzate o per mezzo dello scambio volontario, ma anche e soprattutto con l'utilizzo imprenditoriale della propria vigile (e fortunata) ingegnosit� intellettuale. Come in tutte le teorie di scuola austriaca, in Kirzner non esiste ovviamente il minimo spazio teorico per quel calcolo dei "diritti sociali" sul prodotto del lavoro altrui che, invece, si rivela indispensabile a chiunque pretenda di legittimare economicamente e socialmente la tassazione.

Karl Popper (1902-1994).
Grande amico di Hayek e figlio anch'egli di quella Vienna di primo Novecento che ha dato al mondo tanti uomini straordinari, Karl Popper � stato il protagonista assoluto della filosofia della scienza del Novecento: cos� che anche chi non condivide, in tutto o in parte, la sua lezione non pu� certo permettersi di ignorarla. In particolare, un ruolo importante nella ridefinizione della cultura liberale contemporanea ha giocato la teoria popperiana della falsificabilit�, secondo la quale possiamo ritenere "scientifiche" solo quelle affermazioni teoriche che sono passibili di essere empiricamente smentite dai fatti (nel linguaggio di Popper, appunto, falsificabili). A lungo avversato da dogmatici di varia tendenza e protagonista di una serrata polemica con i filosofi di "scuola cri-tica" (Adorno, in particolare), nel corso degli ultimi decenni Popper � stato celebrato anche da famiglie politiche che dopo averlo lungamente combattuto hanno cercato di appropriarsene.
Costretto ad abbandonare l'Austria a causa dell'avvento del nazismo, Popper trascorse in Inghilterra e in Australia alcuni anni importanti per la sua riflessione intellettuale. � proprio nella fase conclusiva della guerra, d'altra parte, che egli porta a termine i suoi testi pi� direttamente "politici". Con Miseria dello storicismo (pubblicato da Hayek nel biennio 1944-45 sulla rivista Economica, dopo che era stato "bocciato" dalla rivista Mind), Popper mette sotto accusa quella linea di pensiero che collega Hegel e Marx, e quell'organicismo storico perfettamente riconoscibile anche in Spencer e in molti altri pensatori del XIX e del XX secolo. Questi temi sono poi ripresi e sviluppati ne La societ� aperta e i suoi nemici, del 1945, che rappresenta certamente il testo in cui la riflessione politica popperiana emerge pi� chiaramente ed in cui viene prospettata quell'opposi-zione tra "societ� aperte" e "societ� chiuse" destinata ad ottenere un grande successo all'interno della cultura liberale.

 

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