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Dark

Film 2017 | Thriller, 60 min.

Regia di Baran Bo Odar. Una serie con Anna König, Roland Wolf, Louis Hofmann, Oliver Masucci, Jördis Triebel. Cast completo Titolo originale: Dark. Genere Thriller, - Germania, 2017, distribuito da Netflix. STAGIONI: 2 - EPISODI: 20

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Ultimo aggiornamento giovedì 18 giugno 2020

Un bambino scompare e quattro famiglie di una piccola cittadina tedesca decidono di unire le forze per capire che cosa è successo.

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La domanda non è dove, ma quando..

La scomparsa di un bambino dà il via a una frenetica ricerca di risposte e quattro famiglie finiscono per svelare un incredibile mistero che dura da tre generazioni.

Episodi: 10
Regia di Baran Bo Odar.

Una stagione conclusiva che gioca al rialzo e si tinge di nuove riflessioni

Recensione di Andrea Fornasiero

Avevamo lasciato Jonas alle soglie dell'apocalisse, salvato da una nuova misteriosa Martha che diceva di non venire da un altro tempo bensì da un altro mondo. Li ritroviamo quindi in questo nuovo mondo, che è una variante di quello da cui arriva Jonas (o forse viceversa? Sarebbe criminale rivelarlo). Qui una misteriosa anziata Eva trama per preservare il proprio mondo dall'apocalisse. In tutto questo, si può davvero essere esaurito il ruolo di Claudia, vero e proprio deus ex machina della precedente stagione?

Torna e si conclude Dark, con un gioco al rialzo che ne fa senza dubbio la serie più complicata della Tv contemporanea, tanto da richiedere tassativamente di rivedere le precedenti stagioni per godere appieno di questa conclusione.

Se la seconda annata aveva per certi versi semplificato il racconto, ora la complessità si moltiplica esponenzialmente con un secondo universo, che come il primo ha i propri diversi tempi dell'azione, in ognuno dei quali ci sono varianti rispetto alla storia del mondo di Jonas che già conosciamo. Per l'appunto, però, queste varianti si colgono solo se si ha ben fresca nella mente la storia di Jonas, iniziata su Netflix ben tre anni e mezzo or sono.

Ora più che mai l'ambizione del progetto è impressionante e non stupisce che quest'anno la sceneggiatrice principale Jantje Friese abbia voluto fare da sola, per controllare ogni minimo dettaglio. Alla regia come sempre un solo uomo al comando: Baran Bo Odar, che conferma la cura formale della serie e gioca continuamente di rimandi visivi al passato di Dark, a volte attraverso l'uso di split screen ma più spesso semplicemente sottintendendoli come easter egg per gli spettatori più attenti.

Tutte le puntate hanno una sequenza senza parole, accompagnata da una canzone, costruita di puri rimandi visivi tra gli stati emotivi dei vari protagonisti (e tra le varie versioni degli stessi protagonisti). Questa sequenza arriva quasi alla fine dell'episodio, cui segue un ritorno a una narrazione meno enfatica per il cliffhanger di fine puntata e, nel caso dell'ultimo episodio, per l'epilogo della serie. La fiducia nel pubblico di appassionati è dunque più salda che mai, tanto da azzardare nel settimo episodio un vorticoso saltellare tra diversi periodi e personaggi, quasi a sfidare gli spettatori a cogliere tutte le implicazioni di quello che sta accadendo.

Un gioco certamente cervellotico quello di Dark, che quest'anno al tema del destino e delle ossessioni aggiunge un nuovo tassello: una riflessione sul pensiero binario e sul pensiero laterale. Dark ha sempre avuto il bivio come passaggio narrativo principale e pure come elemento figurativo, con tanto di split screen che dividono in due lo schermo. Ora il cerchio che intrappolava la sorte di Jonas si è sdoppiato, divenendo il simbolo dell'infinito, il nastro di Moebius.

Ma Dark ha sempre avuto un altro simbolo al proprio cuore: la triquetra, che ha un andamento infinito come il nastro di Moebius ed è disegnata all'interno di un cerchio, ma che ha tre punte. Per dirla hegelianamente come di certo piacerà agli autori di Dark - tanto appassionati di filosofia da aprire con una citazione da Schopenhauer - tra tesi e antitesi esiste la sintesi.

Può sembrare un'ovvietà ma la serie fa tutto il possibile per caricare la propria riflessione di dramma, tanto da bandire ogni ammiccamento ironico e presentarci un conflitto senza alcuna via d'uscita, con tanto di doppia apocalisse. E così del resto sono molti conflitti, tra Stati, tra presone, tra idee: quello di Dark è un invito a dubitare che esistano un giusto e uno sbagliato, a sfuggire dalle nostre ossessioni per abbracciare un pensiero più critico. E di pensiero la serie ne richiede a iosa, in modo quasi impietoso, come un severo insegnante.

Episodi: 8
Regia di Baran Bo Odar.

Un intreccio ancora più complesso per un progetto narrativo visivamente curato e smodatamente ambizioso

Recensione di Andrea Fornasiero

Jonas continua a subire le terribili prove che gli infligge il circolo temporale in cui è intrappolato: anche essere arrivato nel futuro, ossia nel 2053 come visto alla fine della scorsa stagione, non porta per lui a nulla di buono. Il mondo è ridotto a una landa desolata e chi cerca di avvicinarsi alla zona proibita viene brutalmente ucciso dai sopravvissuti. La vicenda si allarga ulteriormente abbracciando anche gli eventi nel passato, tornando fino al 1921, dove il misterioso Adam dà istruzioni al giovane Noah, convincendolo di essere sulla strada per guidare gli uomini verso la salvezza, secondo il disegno di Dio. A contrastare i suoi piani c'è l'anziana Claudia Tiedemann, che salta nel tempo e dà sibilline istruzioni, mentre il suo piano rimane oscuro.

Si fa ancora più complesso l'intreccio di Dark che conferma di reggersi su un progetto narrativo smodatamente ambizioso, sempre però sorretto da una messa in scena molto curata, interamente diretta dal regista svizzero Baran bo Odar.

La composizione delle sue scene in interni continua a guardare all'opera del fotografo americano Gregory Crewdoson, dove le figure umane sono spesso ai lati in ambienti in penombra, illuminati quasi a macchie, creando un'atmosfera di inquietante fissità, come a presagire un terrore presente seppure invisibile. E del resto questo è il ruolo del tempo nella seconda stagione della serie: una meccanismo imperscrutabile eppure perfettamente chiuso che non lascia speranza ai tentativi di cambiare il corso degli eventi, secondo una logica che appare allo stesso tempo paradossale eppure inappuntabile: l'esistenza del futuro impedisce di poter cambiare il passato.

Jonas nella sua versione giovane, interpretata da Louis Hofmann, ci prova con tutte le forze, mentre la sua versione di mezz'età, Andreas Pietschmann, sembra rassegnato alla sconfitta dopo che il suo tentativo di chiudere il portale non ha avuto successo. Allo stesso modo tenta di impedire alcuni eventi la Claudia Tiedemann di mezza età, che ha il volto di Julika Jenkins, ma entrambi non sono che pedine in una più complessa partita giocata tra la versione anziana di Claudia e il misterioso Adam, fondatore della setta Sic Mundis, attiva già nel 1921 ma con una tecnologia proveniente dal futuro. Per certi versi l'arco narrativo di Jonas e Claudia ripete quello di Ulrich nella scorsa stagione, con la differenza di gettare le basi emotive per le azioni delle figure cruciali della serie.

Pur agevolata dal consueto riassunto prodotto da Netflix e addirittura da una guida online (https://dark.netflix.io/it/) ricca di link per saltare da un personaggio all'altro, o da un tempo all'altro nella complessa mitologia di Dark, la seconda stagione di Dark ha l'astuzia di concentrarsi su alcuni personaggi. Trascurando quelli il cui arco narrativo si era compiuto nella prima annata, gli autori limitano saggiamente la confusione dello spettatore, che non può ricordare tutti i volti e i ruoli. Rientrare nella narrazione, dopo la lunga pausa intercorsa tra le due annate, era lo scoglio più difficile da superare ma gli autori riescono a cavarsela focalizzando il racconto. Certo qua e là qualcuno non si riconosce immediatamente e spesso non se ne ricordano le parentele, ma gli elementi chiave del racconto appaiono immediatamente comprensibili senza che Dark scivoli mai nel didascalismo. Allo stesso tempo l'attenzione richiesta allo spettatore rimane molto alta, il mistero si infittisce come da tradizione e il pubblico è continuamente chiamato a immaginare le implicazioni e le ripercussioni delle azioni dei personaggi sulla linea temporale.

Quest'anno infatti sono molto di più i personaggi che saltano nel tempo, una mossa decisamente insolita rispetto alle storie di questo tipo che normalmente si concentrano su pochi viaggiatori e che dimostra ancora una volta come Dark si fidi dell'intelligenza del proprio pubblico. Se il finale sembra chiudere perfettamente il cerchio, allo stesso tempo rilancia ancora una volta aprendo a nuove e pressoché infinite possibilità, promettendo una terza e conclusiva stagione (già confermata) diversa e ancora più ambiziosa.

Episodi: 10
Regia di Baran Bo Odar.

La domanda non è dove, ma quando

Overview di Andrea Fornasiero

Un uomo si suicida lasciando una lettera, da non aprire entro una data prossima futura. Suo figlio Jonas si sveglia in preda agli incubi, senza sapere che la sua vita sta per precipitare in una spirale ancora peggiore di dolore e follia. Tornato a scuola dopo un periodo di depressione, trova la sua ragazza con il suo miglior amico, inoltre la cittadina è in ansia per la scomparsa di un altro giovane. Quando la sera con gli amici si reca in prossimità delle grotte accadrà qualcosa di ancora più terribile, il tutto all'ombra di una centrale nucleare che svetta minacciosa sulla foresta.

"Il disastro di Chernobyl è avvenuto nel 1986 ed è una grande parte della nostra storia. È stato il primo evento catastrofico della nostra vita, abbiamo sentito che poteva succedere qualcosa di spaventoso. Inoltre i nostri genitori ci dicevano per esempio di non stare all'aperto quando pioveva e cose del genere che ci facevano paura, credo la memoria di quei fatti sia particolarmente vivida per i tedeschi. Così come per la generazione successiva è stato importante l'impatto dell'11 settembre".
Baran Bo Odar

Sul ragazzo scomparso indaga la polizia, senza però alcuna fortuna, tanto che il detective Ulrich Nielsen affronta a sua volta un momento difficile e cerca sollievo lontano dalla moglie Katharina e dai tre figli, tra le braccia di Hannah, che è anche la madre di Jonas e la vedova del suicida. La sua collega e superiore Charlotte è invece un'ufficiale di polizia rigida e irreprensibile, nonostante il suo matrimonio sia imploso quando ha scoperto le vere propensioni sessuali del marito, che è tra le altre cose lo psicologo di Jonas.

La complessa rete di relazioni interpersonali tra i cittadini non è però che l'inizio dell'intreccio di Dark, prima serie Netflix prodotta in Germania e ideata alla coppia di autori Baran Bo Odar e Jantjie Friese. Lui regista e lei head writer della serie, avevano già collaborato sul film dedicato al mondo degli hacker Who Am I, che vantava a sua volta un intreccio labirintico, dove i piani temporali del racconto erano disposti come in un gioco di prestigio.

Dark è un mystery fin dal principio, per come la storia origina con un suicidio inspiegabile e la scomparsa di un ragazzo, ma le cose si rivelano presto infinitamente più complicate e hanno a che fare con enigmatici esperimenti segreti, che spostano il racconto su altre linee temporali, duplicando e addirittura triplicando i personaggi e i loro rapporti reciproci. Una scatola cinese che si apre pezzo per pezzo in uno spettacolo ipnotico, dove ogni rivelazione porta con sé nuove domande.

Si è parlato, per via del legame con gli anni 80, di una vicinanza a Stranger Things e gli autori per primi riconoscono di aver guardato a Stephen King, ma l'ingegnosa stratificazione del mistero rimanda piuttosto ad altre serie, come le migliori stagioni di Lost o Westworld, in cui i misteri portano avanti il racconto almeno quanto i personaggi. A differenza di quelle serie però il tono di Dark, come già dice il nome, è ossessivamente cupo, un baratro in cui si precipita senza appigli, sino a un finale di stagione che rilancia verso la prossima annata della serie.

La serie immerge un racconto di "hard science-fiction", dove abbondano questioni scientifiche e paradossi, in un'ambientazione da fiaba dei fratelli Grimm, con numerose scene in luoghi ancestrali come le grotte e la foresta, spessissimo esplorati di notte e sotto la pioggia. Dark è stato anche un grande sforzo produttivo, con ben 100 giorni di riprese divisi nell'arco di sei mesi, tutti supervisionati da Baran Bo Odar come unico regista, conferendo così alla serie una straordinaria coerenza stilistica e lo sguardo di un autore di cinema, che sa sfruttare al meglio l'ambiente e valorizzare gli attori. Anche per questo Dark non è affatto una produzione minore ed è anzi una delle serie più ambiziose dell'anno.

PUBBLICO
RECENSIONI DALLA PARTE DEL PUBBLICO
domenica 16 agosto 2020
Mauro Doria

Dark, come sappiamo, è una serie sui viaggi nel tempo. I viaggi nel tempo sono una tematica trattata nei racconti ormai da decenni e, per quanto realisticamente ad oggi non sono possibili, la narrativa comune ha definito una serie di regole su cui basare le proprie storie. Per far funzionare una storia le vie sono poche. Dark sceglie quella del tempo lineare (almeno per le prime 2 stagioni) [...] Vai alla recensione »

FOCUS
SCRIVERE DI CINEMA
giovedì 19 marzo 2020
Elisa Teneggi, vincitrice del Premio Scrivere di Cinema

Perché guardiamo - o meglio, continuiamo a guardare - Dark? Qual è la misteriosa luce verde al di là del lago che ci spinge verso gli oscuri meandri della foresta di Winden per seguire ancora una volta le peregrinazioni temporali di Jonas Kahnwald, Ulrich Nielsen, Claudia Tiedemann, e degli altri abitanti della fittizia (ma reale: esiste davvero sulla carta) cittadina tedesca? Quale l'elemento che ci risolleva dalla noia del già visto e fa sì che la serie creata nel 2017 da Baran bo Odar per Netflix possa competere nei nostri cuori - e nelle nostre menti - con cult della risma di Ritorno al futuro, sofisticati labirinti cognitivi come Westworld, o scanzonati prodotti narrativi come Stranger Things? Per provare a darci una risposta, potremmo partire dalla mente stessa del suo creatore. Regista e sceneggiatore, di origine turche per parte di madre e russe da parte di padre, bo Odar è, in realtà, nato in Svizzera. E gli svizzeri, oltre che per la setosa cioccolata e la precisione degli orologi (sarà un caso che H. G. Tannhaus, uno dei personaggi-chiave della serie, sia proprio un provetto costruttore di macchine misura-tempo?), sono famosi per lo sguardo aspro, ma compassato, che sanno rivolgere a se stessi (si leggano, per averne prova, i lavori di Max Frisch e Friedrich Dürrenmatt). Come segugi, gli autori elvetici si infilano tra le curve a gomito di una vita quotidiana a prova di censura. Le torchiano, le psicanalizzano. Ne mettono in luce i meccanismi labirintici più sepolti. Eppure, ciò non vuol dire che, una volta esposti, i nodi della matassa possano essere ravviati. E Dark, in questo senso, ne è l'ennesima prova.

Se infatti la prima stagione dello show ci aveva afferrato per le viscere, implorando il binge-watching e facendoci credere che potessimo incontrare ad ogni momento i suoi eroi e le sue eroine al supermercato - una sorta di "effetto Twin Peaks" - la seconda di almeno tre parti si presenta nelle vesti di un cubo di Rubik: sfaccettata, complessa, difficile da trattare. La cintura di autostrade temporali, però, regge. Ed è proprio grazie a questa meticolosa costruzione di cornice che gli autori possono far trasparire ciò che nella prima stagione era passato in sordina: che Dark è, certo, un enigma da svelare; ma che, prima di questo, è il racconto di un'umanità in perenne ricerca, faustianamente affannata nello sforzo del ricondurre la propria esistenza nell'alveo di un'impalcatura sovrastante.

Dark è un esercizio di maieutica: una metafora delle storie che ci raccontiamo per assegnare un valore all'incognita della nostra esistenza. Il tempo, a Winden, è reversibile al pari di un nastro di Moebius: statico, proprio quando è in moto. Ora, come mai. Domani, come ieri. Come inneggia il motto della misteriosa setta senza tempo capeggiata da Adam, "Sic mundus creatus est". La frase, però, non specifica da chi il mondo sia stato creato. Uscendo dalla stretta logica della trama, il mondo, il nostro mondo, e quello che condividiamo, è stato creato da noi, e dall'inesausto tentativo di scrutarvi un senso. Per questo Dark, anche nella sua arzigogolata seconda stagione, continua a creare seri problemi di dipendenza. Perché non smetteremo mai di cercare, come non smetteranno i suoi protagonisti. Perché non potremo mai conoscere del tutto noi stessi, e perché ci saranno giorni in cui crederemo di sapere anche troppo. Ci si sente a casa, nell'oscuro tunnel di pietra che taglia le radici della foresta di Winden. Finalmente siamo stati compresi. Gli svizzeri dovrebbero essere ricordati per ben più che succulenti dolciumi e puntigliosa puntualità.

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