Svoboda | Graniru | BBC Russia | Golosameriki | Facebook
Academia.eduAcademia.edu
Università degli Studi di Macerata Dipartimento di Studi sullo Sviluppo Economico Working paper n. 20 August/2009 Gli hedge fund: caratteristiche, impatto sui mercati e ruolo nelle crisi finanziarie Matteo Cassiani, Francesca Spigarelli Banca Monte dei Paschi di Siena, University of Macerata ISSN: 1971-890X Gli hedge fund: caratteristiche, impatto sui mercati e ruolo nelle crisi finanziarie1 Matteo Cassiani, Francesca Spigarelli Monte dei Paschi di Siena, University of Macerata Sommario Hedge Funds are extensively cited as the main actors responsible for the financial crisis erupted in the latest decades. Their natural characteristic for secrecy and their fame for high propensity towards risks, together with the ample use of leverage, help to explain why these operators are often indicated as the main cause for the increase in markets’ volatility and instability. The paper analyses the nature of these institutions and their distinctive characteristics: main investment strategies, performance measurement tools and typical organization structures. The second part of the work examines the advantages that both academics and professionals recognize to the hedge fund presence on the markets: improved price efficiency, increased market liquidity and, above all, continuing innovation. This part is followed by the analysis of the critical aspects that cause them to be on trial for any situation of financial market distress and turbulence. In particular, the study analyses the role of hedge funds in the present global economic crisis. The final part of the paper focuses on considerations regarding the present debate, which divides the financial community, on the opportunity of introducing specific regulation for the hedge fund industry. Keywords: Hedge Fund, Financial Crisis. Corresponding author: Francesca Spigarelli ([email protected]). Department Informations: Piazza Oberdan 3, 62100 Macerata - Italy Phone: +39 0733 258 3960 Fax: +39 0733 258 3970 e-mail: [email protected] 1 Il presente lavoro è stato terminato nel mese di gennaio 2009. I dati e le informazioni riportati sono pertanto aggiornati a tale periodo. 2 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata 1 Considerazioni introduttive Gli hedge fund (HF d’ora in avanti) sono sempre più diffusamente considerati responsabili delle crisi finanziarie che si sono susseguite nel corso degli ultimi decenni. La loro natura di segretezza e la fama di particolare propensione al rischio, unite ad un ampio ricorso alla leva finanziaria, fanno si che questi operatori siano indicati come principale causa dell’aumento della volatilità ed instabilità dei mercati. Probabilmente, l’attività degli HF ha minato definitivamente la stabilità del Sistema Monetario Europeo, quando la speculazione, guidata dal Quantum Fund di George Soros, provocò la svalutazione della sterlina inglese e della lira italiana (Eichengreen et al., 1994; Eichengreen et al., 1998; Lim, 2000). Nelle crisi successive, invece, il ruolo attivo degli HF non è mai stato accertato in maniera decisiva (FSF, 2000). E’ il caso della cosiddetta Tequila Crisis, relativa al peso messicano (Sachs et al., 1995), oltre che delle forti tensioni nell’area asiatica del 1997-’98 (Eichengreen, Mathieson, 1999; Brown et al., 2000; Azman-Saini, 2006), a cui è seguito il contagio delle economie russa e brasiliana tra il luglio 1998 ed il gennaio 1999. Anzi, in quest’ultimo caso, le note vicende del fondo Long Term Capital Management (LTCM) sono state più una conseguenza dei tumultuosi eventi succedutisi sui mercati che non una causa (Eichengreen, Mathieson, 1999; The Economist, 1998; Jorion, 2000; Perold, 1999). A fronte della recente crisi collegata ai mutui subprime USA, si è tornati insistentemente a discutere su responsabilità ed ombre degli HF. Il dibattito economico e politico si sta concentrando sulla opportunità o meno di introdurre misure di regolamentazione, a livello globale, anche per questi operatori: dalle posizioni più liberali, sostenitrici dell’importanza dei codici etici di comportamento, si arriva sino alla proposta di azioni di armonizzazione internazionale volte ad introdurre severe restrizioni e vincoli. Oltre ai problemi di coordinamento e concertazione delle autorità di vigilanza a livello globale, ciò implica il dover risolvere il trade off tra benefici e costi di una maggiore regolamentazione. Da un lato, emergono infatti gli aspetti positivi legati alla riduzione dei rischi di contagio e di propagazione, ad altri intermediari finanziari, di shock che dovessero colpire uno o più HF. Dall’altro lato, vi sono costi collegati al minore contributo al miglioramento dell’efficienza dei prezzi, alla liquidità dei mercati, all’innovazione, che tipicamente sono riscontrabili a fronte dell’operatività degli HF stessi. 3 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata In questo lavoro si intende comprendere il ruolo degli HF, date le loro peculiarità, con un’attenzione specifica ai periodi di crisi finanziaria ed alle turbolenze vissute dai mercati nel corso degli ultimi mesi. E’ interessante, in particolare, riflettere su quanto abbiano inciso le attività di trading degli HF rispetto alle condizioni che hanno indotto alla crisi dei mutui subprime. Tra queste ultime si ricordano: eccesso di liquidità, accettazione di livelli di rischio sempre più elevati da parte degli investitori, crescita del leverage attraverso strumenti finanziari strutturati, monitoraggio insufficiente nei confronti degli operatori finanziari più aggressivi e meno trasparenti. Il lavoro è strutturato idealmente in tre parti. Nella prima, si fa cenno alla natura degli HF ed alle loro caratteristiche distintive. Un focus particolare è rivolto alle principali strategie di investimento adottate, da cui scaturiscono le possibili classi di HF, oltre che alle modalità di misurazione delle performance, cui si ricollegano numerosi bias che limitano fortemente la possibilità di monitoraggio dei trend principali dell’industria. Ci si sofferma, inoltre, sulla struttura organizzativa tipica di un HF, considerando le situazioni da cui emergono conflitti di interessi e problemi di agenzia. Questa analisi è introduttiva alla seconda parte del lavoro, in cui si esaminano dapprima i vantaggi che tipicamente la dottrina e la prassi riconoscono all’operatività degli HF sui mercati. Si passa poi alla rassegna degli aspetti critici e di tutti quei fattori negativi che pongono gli HF nella condizione di imputati principali delle situazioni di turbolenza e stress dei mercati finanziari. La terza parte, infine, è incentrata sul ruolo degli HF nell’attuale crisi finanziaria, esaminando sia alcuni dati quantitativi sui principali trend dell’industria, sia alcune prime evidenze empiriche sul tipo di comportamento assunto dai fondi hedge nell’ultimo biennio. Lo studio si conclude con alcune riflessioni sul dibattito che divide la comunità finanziaria circa l’opportunità di introdurre misure specifiche di regolamentazione anche per questi operatori. 2 Natura e funzionamento degli HF 2.1 Le caratteristiche distintive degli HF Non esiste una definizione normativa univoca o generalmente accettata di HF2 , ma nella prassi si riscontrano delle caratteristiche di base comuni. 2 Per una rassegna di alcune definizioni di HF si rinvia all’Appendice. La denominazione HF è ritenuta da più parti inadeguata, tant’è che molte istituzioni internazionali ed 4 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Si tratta tipicamente di fondi di investimento privati, aperti ad un numero limitato di investitori, in genere inferiore a 99, al fine di evitare di ricadere, negli USA, sotto la regolamentazione prevista dal Security Act del 1933, dal Security Exchange Act del 1934 e dall’Investment Company Act del 1940 (Eichengreen et al., 1998)3 . Per la stessa motivazione, gli HF tendono a rivolgersi solamente ad investitori selezionati (sophisticated investor ): sono cosı̀ escluse le restrizioni previste per le offerte pubbliche di strumenti finanziari. Rimangono dunque esenti da obblighi particolari di disclosure e trasparenza e non sono sottoposti alla vigilanza delle autorità di controllo, anche in contesti, come quelli anglosassoni, in cui vigono evoluti e sofisticati sistemi di regolamentazione (Cumming, Johan, 2008). I fondi sono gestiti da un azionista promotore del progetto, consulente professionale di investimento. Quest’ultimo percepisce sia una commissione di gestione annuale, compresa generalmente tra l’1% ed il 2%, sia una commissione di incentivo, di solito variabile tra il 15% ed il 20% della performance annuale generata in termini di capital gain e rivalutazione del capitale investito (Markiel, Saha, 2004). Come qualsiasi fondo di investimento, gli HF hanno lo scopo di generare rendimenti elevati, assumendo livelli accettabili di rischio4 . Per raggiungere enti di ricerca/regolamentazione hanno adottato terminologie diverse per indicare questi operatori: sophisticated alternative investment vehicles (SAIV), highly leveraged institutions(HLI), leveraged investment funds ne sono alcuni esempi. Si veda, al riguardo, Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 8. In questo lavoro, con il termine HF ci si riferisce ai fondi caratterizzati dal perseguimento di strategie finalizzate a rendimenti positivi assoluti, utilizzando leverage, derivati, posizioni long e short in varie forme di investimento ed attività, non solo finanziarie, in un ampio ventaglio di mercati. 3 Sebbene gli HF rientrino nella definizione di società di investimento secondo la normativa statunitense, il numero limitato di investitori e l’elevato investimento iniziale fanno si che non si possa applicare la regolamentazione prevista per i fondi comuni di investimento. In particolare, la normativa (Security Act e Security Exchange Act) negli Stati Uniti non viene applicata ai fondi che abbiano meno di cento sottoscrittori oppure dove gli investitori dimostrino di possedere più di 5 mln USD di attività (esenzioni previste dall’Investment Company Act del 1940). Al fine di rispettare questi termini, i fondi sono offerti attraverso una proposta di sottoscrizione privata, nei termini previsti dal Security Act. Per approfondimenti sulla normativa USA e sulla esclusione degli HF dai vincoli previsti per gli altri operatori si rinvia a SEC, 2003, pp. 11-32. Sulla normativa UK si veda, invece, FSA, 2005, pp. 15-17. 4 Nonostante il generale convincimento che gli HF generino alta redditività, numerose ricerche evidenziano come gli elevati rendimenti non siano un fenomeno caratterizzante questi operatori (Lim, 1999). Analizzando, ad esempio, il periodo 1989-1995, Brown et al. 5 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata tale obiettivo, la strategia perseguita presenta due caratteristiche peculiari, volte a sfruttare le inefficienze del mercato che producono scostamenti rilevanti tra i livelli di quotazioni/prezzi ed il valore fondamentale delle attività (solitamente finanziarie) d’investimento: • elevata leva finanziaria (leverage). L’utilizzo della leva è volto a sfruttare potenziali movimenti favorevoli dei corsi e si fonda sulla creazione di posizioni attive su strumenti finanziari per i quali si ritiene che il mercato non stia attuando una valutazione corretta. Il tutto utilizzando anche risorse ottenute via indebitamento. L’effetto leverage è rafforzato dalla tendenza a preferire strumenti derivati o altri accordi contrattuali in cui le posizioni sono assunte attraverso margini, piuttosto che investendo il valore effettivo dell’attività. L’accesso al credito è frequente soprattutto per mantenere livelli di liquidità adeguati; • vendite allo scoperto (short selling). Si cerca di trarre vantaggio da attesi e potenziali ribassi dei corsi, attraverso la vendita di attività finanziarie ottenute in prestito, con l’obiettivo di riacquistarle a prezzi inferiori, in un momento futuro. La denominazione hedge può essere considerata un retaggio storico, dato che questi operatori nascono, a metà del secolo scorso, come strumenti caratterizzati da acquisti e vendite allo scoperto di azioni finalizzate alla copertura da rischi di ampie fluttuazioni di mercato5 . L’hedging sta proprio ad indicare il fatto che il fondo tipicamente tende a ridurre il rischio di perdite potenziali sui mercati principali in cui opera, coprendo i propri investimenti attraverso il ricorso a tecniche specifiche, short selling in primis. Nella prassi, (1997), dimostrano che il rendimento medio generato dai fondi offshore è stato del 13,26% rispetto ad una performance dello S&P 500 del 16,47%. In realtà, l’analisi sui rendimenti è fuorviante, in quanto i fondi HF nascono per offrire rendimenti teoricamente a basso rischio, da cui la necessità di hedging. In una recente analisi, Seides dimostra che nel periodo gennaio 1993 - settembre 2007, le strategie tradizionali, come quelle legate alle operazioni di arbitraggio, hanno avuto rendimenti e volatilità inferiori ad un indice azionario globale, come il MSCI World, mentre le strategie più volatili, come quelle long-short, hanno offerto rendimenti maggiori. Cfr. Seides, 2008, pp. 45-53. 5 Si ritiene che il padre ideatore degli HF sia Alfred Winslow Jones, sociologo e giornalista finanziario, che per primo, nel 1949, introdusse nei propri investimenti posizioni long-short al fine di neutralizzare il rischio di mercato (short selling), facendo ricorso anche alla leva finanziaria. Numero limitato di investitori e partecipazione ai profitti da parte del gestore/partner del fondo contraddistinsero l’avvio all’industria degli HF (Loomis, 1966, pp. 237-247). 6 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata con il passare del tempo ed il crescere dell’industria, questa peculiarità della copertura si è spesso persa, a favore di strategie varie e complesse che non necessariamente prevedono l’utilizzo dell’hedging. Ulteriore caratteristica fondamentale degli HF, come già visto, è quella di essere strumenti esenti da regolamentazione, in quasi tutte le giurisdizioni6 . Questo permette ai gestori di negoziare ogni tipo di attività, sia finanziaria sia reale, sia sul mercato domestico sia su quello internazionale, su azioni, strumenti di debito, derivati, quotati e non, immobili, opere d’arte ed altri beni d’investimento. Solitamente, lo stesso HF prevede volontariamente delle limitazioni all’operatività posta in essere, attraverso accordi contrattuali con i singoli investitori, al fine di fornire a questi ultimi alcune certezze sul tipo di investimenti e sulle strategie poste in essere7 . La tabella 1 sintetizza le caratteristiche fondamentali degli HF. 2.2 Strategie di investimento e classificazione degli HF Al di là delle caratteristiche appena ricordate, comuni alle varie tipologie di HF, esistono diverse strategie di trading e gestione riscontrabili nella prassi, tant’è che da più parti si tende a considerare gli HF non tanto una categoria 6 In Italia gli HF sono disciplinati come fondi comuni di investimento speculativi, secondo quanto previsto dal D. M. Tesoro 228/1999 recante norme per la determinazione dei criteri uniformi per i fondi comuni di investimento. Secondo il Decreto, sono le società di gestione del risparmio a poter costituire un HF, prevedendo un numero di partecipanti inferiore alle 200 unità ed un ammontare minimio d’investimento non inferiore a 500 mila euro. Le quote non possono essere oggetto di sollecitazione. La normativa italiana, integrata da Banca d’Italia (Reg. 20.09.1999), è tra le più rigorose al mondo nell’ottica della protezione degli investitori (MondoHedge, 2008, p.8). Si prevedono, infatti: la separazione patrimoniale tra gestore/patrimonio del fondo; poteri di vigilanza prudenziale e poteri ispettivi a Banca d’Italia e Consob; presenza di una banca depositaria quale soggetto terzo ed indipendente nell’organizzazione del fondo. Anche in termini di trasparenza sono dettate misure specifiche. Il regolamento di gestione dell’HF, da sottoporre all’approvazione di Banca d’Italia, deve infatti definire chiaramente il rapporto tra sottoscrittore e fondo. Vi è, inoltre, l’obbligo di pubblicare almeno con frequenza mensile il valore della quota, di presentare un rendiconto annuale certificato da un revisore, di sottoporre il valore della quota a verifica di una banca depositaria o di delegare il calcolo direttamente a quest’ultima. 7 Tale tipo di accordo contrattuale prende la forma della sottoscrizione, da parte degli investitori, di un prospetto informativo e di un regolamento, predisposti dal gestore del fondo per illustrare le possibili strategie utilizzate e le tipologia di attività finanziarie e/o reali che possono entrare a far parte dei portafogli. 7 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 1: Le caratteristiche distintive più diffuse degli HF Obiettivi di rendimento: Rendimenti positivi a fronte di tutte le condizioni di mercato, senza riferimento particolare a qualche benchmark. Solitamente i manager investono anche proprie risorse: per questo il mantenimento del capitale investito diviene fondamentale. Strategie di investimento: Assunzione di posizioni in diversi mercati, con la libertà di selezionare diverse tecniche di investimento, riconducibili anche allo short selling, al leverage ed ai derivati. Commissioni di incentivo: Commissioni di gestione variabili tra 1-2% e di performance tra 1525%. Queste ultime sono finalizzate ad allineare obiettivi del gestore e degli investitori. Possono essere previsti high watermark per premiare il gestore solo se il patrimonio si accresce. Al termine di ogni esercizio finanziario la performance è calcolata sulla differenza tra il valore di chiusura del portafoglio dell’HF e il valore più elevato raggiunto dallo stesso nel corso della sua storia. Può essere previsto anche un hurdle rate, ossia un rendimento di mercato a cui l’investitore avrebbe avuto accesso qualora avesse scelto investimenti alternativi rispetto all’HF (usualmente è un tasso di mercato monetario). Alla performance della gestione, calcolata come differenza tra il valore finale e quello iniziale del patrimonio (o il valore più elevato raggiunto dallo stesso) viene sottratto l’hurdle rate. La commissione è quindi calcolata sull’effettivo extra-rendimento prodotto dal gestore. Se è prevista la clausola del claw back, al gestore è richiesto di restituire le commissioni ottenute in passato qualora produca risultati negativi. Sottoscrizioni e liquidazioni: I periodi standard di ingresso, versamento, recesso o liquidazione sono trimestrali o mensili. Sono inoltre previsti periodi minimi di permanenza (lock-up) prima del primo recesso o dalla prima liquidazione. Alcuni HF si riservano il diritto a sospendere, per motivi eccezionali, la possibilità di liquidazione. Sede: In centri finanziari offshore (Cayman Islands, British Virgin Islands, Bermuda, Bahamas) con regimi di tassazione e regolamentazione di favore. Sono presenti anche sedi in centri non offshore. Struttura Legale: Si tratta di società d’investimento non quotate, che offrono ai partecipanti profitti non tassati, in particolare se la loro sede è offshore. In alcuni casi l’HF è strutturato in comparti separati, compresi in un unico fondo “ombrello”. La separazione in sottocomparti permette di offrire lo stesso portafoglio (master ), ottimizzato però per diverse giurisdizioni, al fine di rispondere alle diverse esigenze fiscali degli investitori. Gestori: Il gestore dell’HF assume la veste di socio con responsabilità illimitata, mentre i clientiinvestitori partecipano come soci a responsabilità limitata al proprio apporto di capitale. Proprio per la natura di responsabilità illimitata alle obbligazioni contratte dall’HF, il gestore ha la forma di società di capitali. Investitori tipo: Privati con elevati capitali e investitori istituzionali. Sono previsti livelli di investimento minimi di ingresso. L’emissione di quote assume la forma di collocamento privato. Regolamentazione: Minima o non prevista, grazie al collocamento della sede in centri offshore o all’assenza di vincoli stringenti in centri onshore. Sono esclusi da molte misure di protezione degli investitori e dagli obblighi di trasparenza. Trasparenza: Volontaria o molto ridotta rispetto agli altri operatori e fondi di investimento. Fonte: Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 7 8 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata di asset di investimento, quanto un business model flessibile ed un processo di investimento (Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 7). Di seguito si propone una descrizione sintetica delle principali strategie riscontrabili, nella consapevolezza dell’impossibilità sia di seguire una classificazione universalmente accettata - data la non regolamentazione degli HF sia di riuscire a racchiudere tutti i possibili tipi di comportamento seguiti da questi operatori (SEC, 2003). In ogni modo, ciò che preme sottolineare è che gli HF possono essere utilmente analizzati e mappati sulla base dei connotati della strategia di investimento perseguita: proprio da questa è possibile cogliere il profilo tipico di rischio/rendimento generato, piuttosto che dalla verifica della classe di asset in cui investono o dal mercato/settore in cui operano prevalentemente. In via generale, ogni strategia può essere identificata come il risultato della combinazione di elementi legati a: stile di gestione adottato, mercato di riferimento (azionario, dei titoli di stato, obbligazionario, delle materie prime, delle valute), strumenti finanziari oggetto di investimento, esposizione al rischio (direzionale o neutrale rispetto al mercato), settori e/o aree geografiche prevalenti (paesi emergenti o industrializzati; comparto tecnologico, finanziario, sanitario, ecc.), metodologia di investimento adottata (discrezionale/qualitativa, quantitativa), diversificazione attuata (molteplici strategie, molteplici gestori, molteplici mercati, ecc). Dal mix delle caratteristiche sopraelencate si generano strategie che definiscono nella prassi tipologie o classi specifiche di HF. Le principali sono di seguito descritte8 . Global macro Si utilizza un approccio top down 9 al fine di anticipare eventi macroeco8 Si vedano, ad esempio, Garbaravicius, Dierik, 2005, pp. 8-10, Martellini et al., 2004, p. 13; Denmark F., 1999, pp. 42-43. 9 L’analisi di tipo top down è volta a creare strategie di allocazione basate principalmente su un’analisi macroeconomica e i suoi effetti sulle varie attività finanziarie (titoli di stato, mercati azionari, obbligazionari, valute, materie prime, ecc.), con un focus minore sulle singole realtà. In un’allocazione di tipo top down viene privilegiata, ad esempio, la scelta del paese in cui investire e, successivamente, lo strumento finanziario (azioni, obbligazioni, valute, immobili, ecc.), il settore produttivo o il singolo titolo. Opposto è, invece, l’approccio bottom up, dove il focus è prevalentemente sulla singola realtà: in questo caso, ad esempio, un portafoglio azionario viene composto dall’analisi delle singole società, cosicché le scelte che ne risultano dal punto di vista geografico e/o settoriale sono del tutto 9 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata nomici a livello globale. Gli HF appartenenti a questa categoria costruiscono, tipicamente, ampie posizioni per beneficiare dei movimenti attesi sui cambi, sui differenziali di tasso di interesse, sulla disparità di valutazione dei mercati azionari o sull’andamento dei prezzi delle materie prime. Come avviene anche per altre classi di HF, le scelte di investimento sono condotte o attraverso sistemi matematico-statistici, limitando l’intervento umano (quantitative macro), in modo discrezionale dal gestore (discretionary macro) oppure in via combinata (multi strategy). Directional Si tratta di stili di investimento in cui si attuano esposizioni principalmente con l’intento di anticipare movimenti o trend di mercato, solitamente di medio-lungo termine, ma anche repentini cambiamenti delle condizioni economiche. I più comuni stili rientranti in questa tipologia sono: • long/short equity. Posizioni lunghe su alcuni titoli azionari sono coperte (hedged ) attraverso posizioni short su altre azioni o su indici azionari, anche mediante l’utilizzo di opzioni. Lo scopo di questi HF non è quello di creare posizioni neutrali rispetto al mercato, ma piuttosto quello di costruire posizioni complessivamente lunghe o corte sul portafoglio, a seconda delle condizioni di mercato e delle opportunità che il gestore riesce ad individuare, come differenza tra il valore effettivo delle società ed il prezzo di mercato delle relative azioni; • long biased equity. Lo stile di investimento impiega principalmente, o esclusivamente, posizioni lunghe in titoli di cui il gestore si attende un apprezzamento di valore. Spesso le esposizioni sono controbilanciate con delle posizioni short in altri titoli. In questa tipologia di HF sono sovente inclusi anche quelli che investono in operazioni di collocamento di azioni di società non quotate (cosiddette Regulation D Securities)10 , particolarmente illiquide; • short biased equity. Il focus della gestione, all’opposto della tipologia incidentali. 10 Con il termine Regulation D si individua una particolare regolamentazione della SEC, oltre che la strategia di investimento tipica degli HF volta a sfruttare le caratteristiche di tale normativa. In particolare, la strategia posta in essere dagli HF con questa specializzazione è volta a realizzare investimenti in società quotate con ridotta capitalizzazione che raccolgono capitali su base privata, al di fuori, cioè, dei mercati regolamentati. Contestualmente, sono poste in essere operazioni di copertura con opzioni quotate. 10 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata precedente, privilegia l’investimento in posizioni corte, tipicamente legate ad attività finanziarie o mercati in declino, controbilanciate da posizioni lunghe su altri titoli. Solitamente questo tipo di strategie si applica a strumenti appartenenti a classi regionali o settoriali; • emerging markets. Lo stile di investimento è concentrato su scommesse direzionali, ossia volte a beneficiare di particolari movimenti attesi sui mercati, specializzandosi su portafogli composti da società quotate sui mercati emergenti; • fixed income directional. Gli strumenti utilizzati per creare posizioni lunghe o corte sono rappresentati da titoli di stato, obbligazioni societarie, obbligazioni collateralizzate11 o altre tipologie di attività, legate ai mercati dei titoli di stato o obbligazionari, quali opzioni, futures, forward, swap, e derivati su crediti o su titoli a reddito fisso. Event driven Gli HF event driven sono specializzati nello sfruttare inefficienze di prezzo dovute ad eventi societari particolari, anticipati dal mercato. All’interno di questa categoria rientrano diverse tipologie di strategia. Innanzitutto, vi sono quelle fondate su distressed securities. Il gestore cerca di investire in società il cui valore delle azioni si ritiene essere stato penalizzato, oltre misura, nelle contrattazioni di borsa, a causa di difficoltà finanziarie, legali od operative. Si pensi ai casi di riorganizzazione, ristrutturazione o rischio di fallimento. Il gestore considera che il prezzo dei titoli sia destinato a cambiare rapidamente, grazie a possibili riacquisti di azioni proprie, ad un incremento del rating, alla separazione di attività non complementari o all’emergere in bilancio di utili inattesi. L’investimento può avvenire attraverso azioni, obbligazioni o altri strumenti, come derivati. In questa categoria vengono spesso compresi anche i fondi specializzati in titoli high yield o junk bonds. Altra tipologia strategica è il merger arbitrage. L’obiettivo della gestione è quello di cercare di sfruttare le inefficienze di prezzo che vengono a crearsi durante eventi di fusioni e acquisizioni. Si scommette sul disallineamento tra 11 Le obbligazioni collateralizzate rientrano nell’ambito delle asset backed securities, ossia titoli di debito il cui collaterale è rappresentato da tipologie di crediti diversi (credito al consumo, crediti studenteschi, carte di credito, ecc.). Si distinguono dai mortgage backed securities che hanno come collaterale solo mutui. 11 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata il prezzo di mercato corrente ed il valore che l’azione avrebbe dopo il completamento, con successo, della fusione o dell’acquisizione. Generalmente, la strategia si traduce nell’implementazione di una posizione lunga nella società target e di una posizione corta nella società acquirente. In caso di HF special situations, invece, la strategia è focalizzata in investimenti che riguardano società in fase di ristrutturazione o oggetto di transazioni. Infine, si ricordano le tipologie Regulation D, secondo la logica già richiamata, ove la specializzazione riguarda investimenti del tipo private equity e activist. In questo caso, il fondo costruisce ampie posizioni in società, al fine di agire in maniera attiva sul management, in qualità azionista di riferimento. Relative value Gli HF relative value sfruttano le inefficienze di prezzo esistenti tra titoli correlati, cioè emessi dallo stesso soggetto (ad esempio, un’obbligazione e un’azione di una stessa società) o con caratteristiche simili (come ad esempio titoli di stato con scadenza e cedola simile ma rilasciati da paesi diversi). Nel caso di equity fundamental market neutral il gestore mantiene una posizione neutrale attraverso un accorto bilanciamento di posizioni lunghe e corte. Solitamente si adotta uno stile di investimento fondamentale, di tipo bottom up 12 , nel selezionare le società su cui creare le posizioni. Negli equity statistical arbitrage vengono utilizzati modelli matematico-statistici per sfruttare le discrepanze di prezzo presenti sui mercati azionari tra diversi portafogli di titoli. Le strategie fixed income arbitrage si basano, invece, sul tentativo di avvantaggiarsi dei differenziali di rischio e delle inefficienze di prezzo esistenti tra titoli di stato, obbligazioni societarie ed altre tipologie di titoli di debito. Questi fondi utilizzano tecniche legate, usualmente, ad arbitraggi riconducibili alla curva dei rendimenti o a particolari spread sui prezzi. Un esempio è rappresentato dall’arbitraggio tra obbligazioni comunali o societarie ed i titoli di stato. Nel caso di convertible arbitrage, si cerca di sfruttare inefficienze di prezzo tra obbligazioni convertibili ed azioni della stessa società. In generale, questo stile viene implementato con l’acquisto di obbligazioni convertibili o azioni privilegiate, bilanciate da posizioni corte sulle azioni, creando un portafoglio che beneficia di eventuali movimenti estremi, al rialzo o al ribasso, dei prezzi 12 Sull’approccio di tipo bottom up si rinvia alla nota 8. 12 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata delle azioni. I fondi possono cercare anche di coprire l’esposizione al rischio legato ai tassi di interesse. La capital structure/credit arbitrage è simile alla strategia convertible arbitrage, anche se, in questo caso, il gestore cerca di approfittare delle discrepanze esistenti tra i prezzi delle diverse classi di titoli di una stessa società. La presenza, infatti, di più tipologie di obbligazioni o azioni, con diritti diversi sulla stessa società, può talvolta generare opportunità di arbitraggio. Le strategie mortgage backed arbitrage tendono a catturare il differenziale presente nei titoli collateralizzati con mutui, utilizzando futures su tassi di interesse, opzioni e titoli di stato. Tipicamente la strategia prevede posizioni lunghe su tali titoli e corte su titoli di stato o altri strumenti finanziari. Infine, nella tipologia volatility arbitrage il fondo cerca di sfruttare variazioni nella volatilità implicita tra strumenti finanziari, piuttosto che variazioni di prezzo. Misti Ultima categoria residuale è quella in cui confluiscono stili di gestione misti, finalizzati alla diversificazione più ampia del rischio. Nei fondi di HF la diversificazione avviene attraverso l’investimento in numerosi fondi sottostanti, mentre nei fondi di fondi di HF mediante posizioni in più fondi di fondi hedge. Negli HF multi manager la diversificazione è attuata affidando gli investimenti a diversi gestori, ognuno dei quali applica una propria strategia. I multy strategy adottano, infine, una combinazione di differenti tipologie strategiche. 2.3 La struttura organizzativa tipica degli HF Altro aspetto distintivo degli HF su cui è opportuno soffermare l’analisi riguarda la loro struttura organizzativa tipica, che si fonda sulla suddivisione di ruoli tra molteplici soggetti che affiancano il gestore. Quest’ultimo è la figura centrale dell’intera organizzazione. Oltre alla gestione operativa, egli cura la negoziazione delle condizioni contrattuali con le controparti e le relazioni con tutti i professionisti coinvolti nell’attività del fondo (SEC, 2003, p. 52). Specialmente nelle fasi di start up segue le iniziative di marketing ed il collocamento delle quote dell’HF. Al gestore possono affiancarsi l’investment adviser e l’investment manager. Il primo offre consulenza per la costruzione del portafoglio di investimenti e può contribuire alla promozione ed organiz- 13 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata zazione dell’HF. Il secondo si occupa, invece, operativamente delle attività di investimento. Un ruolo chiave è svolto poi dai prime broker, società di intermediazione e investment bank, che offrono un complesso di servizi in esclusiva. Oltre alla generica compravendita titoli ed attività di analisi e risk management, il prime brokerage consiste nell’offerta di titoli in prestito per eventuali vendite allo scoperto, nonché nella costruzione di complessi prodotti strutturati, ossia portafogli in titoli e/o derivati finalizzati alle esigenze specifiche del cliente HF13 . Altre attività delegate in outsourcing riguardano i servizi amministrativi di supporto, che sono affidati ad un service provider esterno. Quest’ultimo cura molteplici compiti, sia in fase costitutiva, sia durante l’operatività del fondo: valutazione e calcolo del valore netto degli asset, tenuta della contabilità, consulenza legale, reporting, comunicazioni agli iscritti ed al mercato. Talvolta, l’attività di service provider è svolta direttamente dal prime broker di riferimento del fondo. Ulteriore soggetto coinvolto nella gestione di un HF è la banca depositaria: la presenza di questo soggetto risponde all’obiettivo di offrire garanzie sulla consistenza del patrimonio e sulla protezione delle attività sottostanti all’HF (Garbaravicius, Dierik, 2005, p. 18). Essa può sia svolgere funzioni di custodia degli strumenti finanziari e delle disponibilità liquide del fondo, sia eseguire le istruzioni di investimento del gestore. Laddove fosse previsto, la banca depositaria potrebbe anche agire da garante affinché le iniziative intraprese dal gestore non siano contrarie alla legge, ai regolamenti dell’HF o alle eventuali prescrizioni degli organi di vigilanza. Completano la possibile organizzazione di un HF i professionisti che offrono servizi diversi: la consulenza può avere ad oggetto l’ambito legale o fiscale oppure può assumere la veste di relazioni peritali redatte da specialisti di 13 Nel corso degli anni si sono aggiunti altri servizi all’interno del pacchetto di prime brokerage: attività di banca depositaria, service amministrativo, risk management, consulenza legale ed amministrativa in fase di start up, sistemi di software di gestione, fino all’affitto di piccoli spazi per eventuali uffici. A fronte di questa offerta completa, solitamente l’HF si impegna ad utilizzare un’unica controparte, anche se negli ultimi anni, a fronte della crescita di complessità e dimensioni degli HF, si è diffusa la prassi ad avere almeno due prime broker di riferimento.. L’attività di prime brokerage è remunerata, generalmente, attraverso un certo ammontare di basis point di commissioni su ogni operazione posta in essere, oltre che mediante una percentuale sulle masse gestite dall’HF. 14 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 1: La struttura tipica di un HF: i principali soggetti coinvolti Fonte: rielaborazione propria da HFWG, 2008, p. 14 settore14 , oppure riguardare l’attività di acquisizione di nuovi clienti (SEC, 2005, p. 59). La figura 1 schematizza la struttura tipica di un HF. L’organizzazione tipica di un HF, come appena descritta, unitamente ad alcuni aspetti della loro operatività, fanno emergere, molto più che in altri intermediari finanziari, problemi di agenzia. Questi ultimi sono connessi, innanzitutto, alla struttura delle commissioni contrattuali corrisposte al gestore e/o all’investment adviser ed all’investment manager ed agli interessi di cui essi sono portatori, oltre che alla natura delle strategie di investimento realizzate. I numerosi potenziali conflitti di interessi legati agli HF sono riconducibili anche all’assenza di normativa vincolante, oltre che alla ridotta trasparenza. Tale situazione pone i gestori in una condizione di assoluto vantaggio informativo nei confronti della clientela e del mercato in generale, consentendo di celare o potenzialmente alterare flussi di informazioni e dati. In primo luogo, le figure coinvolte nell’attività di investimento - tipica14 Si pensi, ad esempio, alla necessità di valutare l’efficacia di nuove formulazioni per prodotti farmaceutici (ed il loro impatto sui conti delle società che potrebbero brevettarli) o piuttosto l’esigenza di stimare il valore di particolari unità immobiliari. 15 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata mente il gestore - potrebbero tendere a perseguire i propri obiettivi piuttosto che quelli degli investitori nell’implementare le strategie di investimento stesse. Ciò può accadere, ad esempio, qualora essi abbiano interessi in altri fondi di investimento, ad esempio fondi comuni o private equity, con portafogli che comprendono attività finanziarie il cui valore ed i cui trend di prezzo sono correlati, in modo diretto od indiretto, a quelle detenute dal fondo hedge (SEC, 2003, p. 84). Inoltre, data la tipica struttura delle commissioni riconosciute, parametrate alla massa gestita ed alle performance generate, i soggetti coinvolti nell’attività di investimento potrebbero essere portati ad assumere livelli di rischio elevati per massimizzare il proprio ritorno economico. Per ridurre l’incentivo a simili comportamenti opportunistici, spesso i clienti degli HF pretendono che il gestore investa proprie risorse direttamente nel fondo, per condividere benefici e rischi delle scelte di investimento. Immettendo propri capitali negli HF, i gestori dovrebbero essere indotti ad un perfetto allineamento dei propri interessi rispetto a quelli della clientela (SEC, 2003, p. 84). In realtà, però, avendo il controllo sulle scelte strategiche e tattiche di investimento del fondo, essi sono potenzialmente in grado di proteggere la propria “porzione” di investimenti dal rischio addizionale cui espongono il resto del fondo, per tentare di generare performance rilevanti su cui lucrare le commissioni dovute dalla clientela15 . Non vanno sottovalutate, inoltre, le asimmetrie che si possono venire a creare tra diverse tipologie di clienti: i gestori potrebbero aver interesse a differenziare il trattamento riservato in termini di disclosure, politiche di asset allocation, condizioni contrattuali (commissioni, riscatti, ecc. . . ) favorendo i clienti con maggiori disponibilità finanziarie (Cumming, Johan, 2008) o, comunque, i clienti dell’HF rispetto ad altra clientela a causa della struttura delle commissioni spettanti (SEC, 2005, p. 84). Ulteriore rischio riguarda la possibile manipolazione delle informazioni sui rendimenti, accentuando quelli positivi e celando quelli negativi, in modo da incentivare la raccolta di nuove risorse (Bollen, Pool, 2007; Cumming, 2008). Questo aspetto si ricollega ai 15 Qualora il gestore investa proprie risorse direttamente negli HF controllati si accentua il rischio che egli imposti le attività di investimento a scapito di altri portatori di interessi, azionisti in primis, coinvolti nelle società in cui gli HF investono ed a beneficio esclusivo dei clienti degli HF (Kahan, Rock, 2007). L’obiettivo di massimizzare i ritorni finanziari potrebbe, ad esempio, essere anteposto a quelli della crescita dell’impresa e del suo sviluppo. 16 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata numerosi bias presenti nelle modalità di monitoraggio degli andamenti dei fondi, come verrà meglio illustrato nel prossimo paragrafo. Alle specifiche situazioni di conflitto di interessi appena esaminate si aggiungono, poi, quelle legate tradizionalmente al coinvolgimento di soggetti terzi outsourcer nelle attività di gestione. Si pensi al prime broker, alla banca depositaria, al service amministrativo, ai consulenti di servizi di varia natura. In particolare, è verso il prime broker che si concentrano le situazioni di maggior rischio (SEC, 2005, p. 85) soprattutto per la scarsa trasparenza che connota le relazioni in essere con l’HF. Raramente, infatti, i gestori esplicitano la natura e la tipologia dei servizi che ricevono dal prime broker ed i meccanismi di remunerazione applicati. In alcuni contesti si potrebbero venire a creare situazioni che ledono gli investitori. Si pensi, ad esempio, ai casi di conflitto di interesse quando nuovi clienti vengono acquisiti attraverso consulenti che raccolgono capitali utilizzando i servizi offerti dal prime broker. Quest’ultimo è remunerato in percentuale sulle masse gestite, per cui è chiaro l’incentivo ad attirare quanti più nuovi investitori possibili. La stessa offerta, da parte del prime broker, di spazi ad uso ufficio per il gestore dell’HF rappresenta un conflitto di interessi (SEC, 2005, p. 85). Altre situazioni critiche riguardano, ad esempio, la sottoscrizione di capitale iniziale necessario al lancio dell’HF, il c.d. seed capital 16 , da parte del prime broker o gli accordi per l’inclusione dell’HF all’interno di fondi di fondi hedge di proprietà del prime broker stesso. Questi casi, soprattutto se non dichiarati agli investitori, possono, di fatto, impedire la ricerca della c.d. best execution, cioè l’ottenimento dei servizi di intermediazione (come, ad esempio, le commissioni relative al prestito titoli) o consulenza al minor prezzo possibile, nell’interesse degli investitori. 2.4 Il monitoraggio dell’industria: le distorsioni di indici e database Ulteriore aspetto caratteristico degli HF, oltre a quanto esaminato sino ad ora, riguarda le modalità di monitoraggio dell’industria attraverso i data16 Per seed capital si intende il capitale raccolto al fine di permettere il lancio di un HF e finanziare le fasi di vita iniziali. Si tratta, in pratica, del capitale per la fase di start up, in cui l’HF matura il track record necessario a proporsi, nella fase successiva, ad un ampio numero di investitori. Il seed capital proviene, di norma, sia direttamente dal gestore che ha preso l’iniziativa di creare l’HF, sia dai soggetti ad esso più prossimi (amici, famigliari, ex-clienti) o anche dal prime broker. 17 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata base disponibili ed i relativi indici. Questi ultimi sintetizzano le scelte di investimento realizzabili sui mercati. Negli ultimi decenni si sono affermati numerosi fornitori di indici alcuni dei quali si contraddistinguono per elevata trasparenza, indipendenza, stabilità ed affidabilità metodologica. Nessuno degli indicatori prodotti, tuttavia, è riconosciuto dalla comunità finanziaria come completamente rappresentativo dell’industria17 , a causa di importanti distorsioni, indicate con i termini di backfill bias, survivorship bias e end of life bias 18 . I diversi metodi e criteri di selezione e costruzione adottati portano, infatti, a risultati informativi molto diversi (Brooks, Kat, 2002; Amenc et al., 2004), compromettendone la significatività e rappresentatività. Il backfill bias o instant history bias è riconducibile al fatto che i fondi hedge vengono inclusi nel calcolo del benchmark solo a fronte di una richiesta specifica del gestore19 . L’assenza di obblighi di disclosure per questi operatori fa si che solo una minima parte dell’industria sia mappata attraverso gli indicatori (Martellini et al., 2004). Le informazioni sono, dunque, fornite al costruttore del database su base volontaria, se il gestore desidera essere monitorato (self reporting bias 20 ). E’ sempre il gestore, inoltre, a decidere a quale tipologia di fondi hedge il proprio prodotto possa essere assimilato, pur se quest’ultimo deve comunque utilizzare le classi di investimento indicate dal costruttore dell’indice stesso. Nello specifico, il back fill bias è dettato dal fatto che usualmente i gestori creano un fondo hedge con del seed capital e poi iniziano a pubblicare i propri risultati solo in un periodo successivo e, verosimilmente, solo se le performance sono positive. Se i rendimenti iniziali, precedenti alla data in cui il gestore richiede l’inclusione ad un determinato indice (periodo di incubazione), sono particolarmente brillanti, questi vengono comunicati per l’immissione nel database. La banca dati risulta più completa, avendo una serie storica dei fondi inclusi più lunga, ma i dati iniziali e correnti risultano distorti verso 17 Per un’illustrazione completa su indici utilizzati nel settore degli HF, metodologie di costruzione, distorsioni, punti di forza e di debolezza si veda RMF, 2004. 18 Per un’analisi del problema si rinvia a Fung e Hsieh, 2001, pp. 2-5. 19 Come riportato in Martellini et al. (2004), un semplice esempio della non rappresentatività degli indicatori su HF è dato dalla constatazione che uno degli indicatori più utilizzati e diffusi, l’EACM 100, accoglie solo 100 fondi hedge. 20 Essendo impossibile, per definizione, monitorare i fondi che non hanno accettato l’inclusione in un indice, non si è in grado di stimare l’impatto di questo bias e l’effetto, positivo o negativo, esercitato sulle performance communicate. 18 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata performance che sono migliori rispetto alla realtà dell’universo degli HF21 . Oltre a questo aspetto, l’inclusione volontaria genera un’ulteriore distorsione legata all’incapacità di rappresentare l’universo degli HF. Rischiano, infatti, di essere “sotto rappresentati” i gestori di maggior successo (Ackerman et al., 1999), che possono ritenere i termini imposti dal costruttore degli indici stessi come troppo restrittivi rispetto alla propria libertà di scelta di investimento. Seconda distorsione nella capacità segnaletica degli indici su HF riguarda il survivorship bias, comune generalmente a tutti i tipi di benchmark. Qualsiasi database, in qualunque momento, tende infatti a riflettere solo i rendimenti ottenuti dai fondi esistenti. Anche nel caso degli HF, risultano quindi esclusi i rendimenti dei fondi che, operanti in passato ed inclusi nei database, hanno cessato la propria attività (Malkiel, Saha, 2004). Il fatto che molti HF abbiano una vita breve genera ogni anno molti ingressi e fuoriuscite dal mercato, con un’accentuazione del survivor bias. A fronte dell’espulsione dal mercato degli HF meno efficienti, rimangono nel database solo quelli di maggior successo (Ibbotson, Chen, 2005). Ciò provoca una distorsione dei rendimenti, che risultano migliori di quelli che la categoria complessiva dei fondi hedge, teoricamente rappresentata dall’indice, produce in realtà. Opposto effetto si genera se escono dal mercato fondi efficienti (Géhin, 2007) 22 . D’altro canto, può anche succedere che alcuni fondi decidano di sospendere la pubblicazione dei propri rendimenti perché vogliono evitare di attrarre nuovi investitori, avendo già raggiunto i limiti prefissati di masse in gestione o il numero massimo di investitori. Ultimo tipo di distorsione concerne l’end of life bias. Di solito, i fondi 21 Questo bias può essere stimato attraverso la differenza tra le performance di un portafoglio aggiustato, depurato dei rendimenti generati nel periodo di incubazione, e le performance di un portafoglio non aggiustato. Fung, Hsieh (2001) definiscono l’impatto delbackfill bias pari all’1,4% annuo relativamente al database TASS nel periodo 1994. Per ulteriori analisi sul backfill bias si rinvia a: Malkiel, Saha, 2004; Posthuma, Van der Sluis, 2004; Ibbotson, Chen, 2005. 22 Brown et al. (1999) stimano l’impatto medio di questo bias pari al 2,6%, mentre Fung, Hsieg (2000) pari al 2,43% e Liang (2001) al 2,43%. Tali discrepanze nella stima del bias sono probabilmente riconducibili alla diversa composizione dei database analizzati ed ai differenti orizzonti temporali presi in considerazioni nelle varie analisi (Ibbotson, Chen, 2005). Sempre in termini di distorsioni generate dal survivorship bias, Amin e Kat (2003) dimostrano come lo stesso tenda a comprimere sia la deviazione standard, sia la curtosi. 19 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata hedge che si trovano in difficoltà, a causa di performance passive, interrompono la pubblicazione dei rendimenti particolarmente negativi negli ultimi mesi della loro esistenza, prima della propria liquidazione (Grecu et al., 2007, pp. 119-126). Anche la presenza di questo fenomeno fa si che i rendimenti rappresentati dagli indici di HF siano distorti positivamente, sottostimando la presenza di fondi con rendimenti peggiori. I problemi legati alla non rappresentatività dei parametri si sono accentuati negli ultimi anni a seguito del lancio di alcuni indicatori “replicabili” (si veda il Box 1). L’obiettivo principale di questi indici è quello di consentire ad un’ampia platea di investitori di avere accesso a strategie di investimento alternative, a costi ridotti. Non si pongono, dunque, nella prospettiva di assicurare la più estesa mappatura dell’industria hedge. Loro priorità è quella di individuare un numero limitato di fondi, accessibili a nuovi investitori e che possano essere utilizzati nelle scelte di investimento (Martellini et al., 2004). Nonostante questi limiti endogeni, dottrina e prassi sottolineano l’opportunità di alimentare e creare indici replicabili (Amenc, Goltz, 2007) a fronte dei numerosi bias legati agli indicatori fondati su ampi database che per definizione sono non “investibili”. Utilizzando le moderne teorie di portafoglio e le tecniche factor analysis 23 si dimostra che è possibile costruire indici rappresentativi ed affidabili per il monitoraggio di un’industria tipicamente non trasparente quale quella dei fondi hedge (Goltz et al., 2007). La tematica è, in ogni caso, al centro di forti discussioni e dibattiti (Kat H. M., 2007, pp. 25-39). 23 Per factor analysis si intende un metodo statistico utilizzato per spiegare certi fenomeni, dove si ritiene che un ampio numero di variabili dipendano da un numero relativamente limitato di variabili indipendenti (definite factors). Si veda, al riguardo, Ludvigson, Ng, 2005, pp. 1-5. 20 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Box 1: Gli indici per il monitoraggio dell’industria Gli indici di HF possono essere ricondotti principalmente a due tipologie: replicabili (investable) e non replicabili (non investable). Per entrambi sussistono problemi di rappresentatività sostanziali. I primi sono alimentati da HF negoziabili, che accettano di essere inseriti nell’indicatore seguendo le indicazioni del costruttore dell’indice stesso. Esempi ne sono: Eurekahedge Indices, BarclayHedge, Hedge Fund Research, Credit Suisse Tremont, FTSE Hedge. Usualmente, le agenzie che costruiscono gli indicatori selezionano i fondi e sviluppano anche prodotti strutturati o derivati in modo da replicare le performance degli indici stessi, rendendo questi ultimi simili a dei fondi di fondi hedge ed avvicinandosi alle possibili scelte che gli investitori possono assumere. Tali indici sono simili, come filosofia di costruzione, ai più famosi indicatori dei mercati azionari, come ad esempio lo S&P500 o il FTSE100, i quali possono essere replicati negoziando i singoli titoli in essi inclusi. Gli indici non replicabili, invece, mirano a monitorare le performance dell’universo dei fondi hedge utilizzando misure legate a media, mediana o media ponderata di un paniere di fondi, selezionato secondo diversi criteri e modalità non standard. Ampiezza e qualità del database sottostante sono riflessi sull’indicatore. Anche in questo caso l’adesione al database è volontaria, per cui si generano self selection bias. Esempi sono l’HFN Averages, il Lehman Brothers/HFN Global Index Series. Oltre a queste due tipologie, la prassi ha recentemente elaborato nuove tipologie di indicatori (c.d. indici cloni) finalizzati a replicare i rendimenti di indici di HF ma senza includere al loro interno alcun HF. La tabella a riporta i fornitori principali di indici di HF Tabella a: I fornitori dei principali database nell’industria degli HF Fornitore Barclay HedgeSource Bloomberg Active Indices for Funds CASAM CISDM Hedge Fund CogentHedge Credit Suisse / Tremont Hedge Fund Indices Dow Jones Hedge Fund Indices EurekaHedge Indices FTSE Hedge Fund Indices Greenwich Hedge Fund Indices Hedge Fund Intelligence Hedge Fund Research (HFR) Hedge Fund Indices HedgeFund.net Hennessee Group LLC Indices Lipper TASS MondoHedge Morningstar (ex Alvest) MSCI Hedge Fund Indices Servizio relativo agli HF Il database è stato creato nel 1990 e produce indici di performance su dati mensili, suddividendo l’universo dei fondi hedge in 17 sottocomparti. Il fornitore ha creato, partendo dal gennaio 2005, 19 indici relativi a HF e 12 relativi a fondi di fondi hedge. Il database , nato nel 1979, è stato il primo dedicato all’industria degli HF. Attualmente contiene informazioni su più di 6000 HF e fondi di fondi. Il fornitore del database segue l’andamento di HF statunitensi e offshore Il fornitore del database offre 13 indici relativi alle diverse strategie di HF, oltre che un indice riassuntivo dell’andamento globale dell’industria. Gli HF monitorati sono suddivisi in 6 diverse categorie; i dati sono raccolti a partire dal 2001. Il fornitore offre database specializzati su diversi segmenti dell’industria degli HF: fondi a rendimento assoluto, HF asiatici, europei, globali, specializzati America Latina, Nord America ed islamici. Gli indici calcolati dalla società hanno la caratteristica di essere investibili. Il database, creato nel 1992, contiene informazioni sulle performance mensili dell’industria degli HF, suddividendola in diverse strategie (Macro, Convertible Arbitrage, Long/Short). Il database è segmentato su diverse regioni (Europa, Asia, Africa e fondi globali), e contiene informazioni su più di 11000 fondi, inclusi i fondi di fondi hedge. La società pubblica 30 diversi indici riferiti a più di 7500 HF. Il database, nato nel 1997, include più di 7000 HF, fondi di fondi e suddivide l’industria in 33 strategie diverse. In particolare, il fornitore non distribuisce informazioni su fondi che hanno un ritardo nel diffondere i dati superiore a 75 giorni. Il fornitore eroga indici differenziati per stili di gestione, oltre che un indice globale che riassume l’andamento complessivo dei fondi monitorati. I database offerti comprendono migliaia di fondi, sia europei sia offshore. E’ stato uno dei primi a raccogliere e catalogare informazioni relative all’industria degli HF. Il database è specializzato sull’industria degli HF italiani, di cui offre informazioni sia quantitative sia qualitative. Il database contiene più di 7100 HF, su cui sono costruiti oltre 200 indicatori qualitativi. Il database è stato introdotto nel 2002 e contiene più di 190 indici. Fonte: elaborazione propria 21 sito internet www.barclaygrp.com www.bloomberg.com www.casamhedge.com www.cogenthedge.com www.hedgeindex.com www.djhedgefundindexes.com www.eurekahedge.com www.ftse.com www.greenwichai.com www.hedgefundintelligence.com www.hedgefundresearch.com www.hedgefund.net www.hennesseegroup.com www.lipperweb.com www.mondohedge.com www.morningstar.com www.msci.com/hedge M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata 3 L’operatività degli HF sui mercati finanziari: vantaggi e risvolti negativi Dottrina e prassi hanno ampiamente dibattuto su vantaggi e svantaggi che connotano l’operatività degli HF, a fronte del loro crescente peso sui mercati finanziari (Bookstaber, 2007, pp. 243-260; Fung, Hsieh, 2006, pp. 1-32). I benefici che gli HF apportano ai mercati stessi sono numerosi. In primo luogo, si riconosce il contributo al miglioramento dell’efficienza e della liquidità (SEC, 2003; FSA, 2005, p. 14). I gestori di questi fondi, infatti, assumono posizioni speculative o di arbitraggio sulla base di previsioni ed analisi legate al valore effettivo delle attività finanziarie o al loro valore atteso. Attraverso l’utilizzo di strategie short, inoltre, tendono a cogliere situazioni di inefficiente assegnazione del prezzo. Cosı̀ facendo, il valore delle attività finanziarie tende a convergere verso quello effettivo, portando i prezzi a riflettere le reali condizioni sottostanti le attività stesse. L’efficienza segnaletica del sistema dei prezzi viene, dunque, migliorata. Si contribuisce, inoltre, grazie al trading, ad alimentare i flussi di transazioni, accentuando la liquidità oltre che incentivando l’innovazione finanziaria (Bernanke, 2007; FSF, 2007a) e l’integrazione dei mercati (Garbaravicius, Dierik, 2005, p. 25). Altro aspetto positivo riguarda l’assunzione del rischio, tipica degli HF, rispetto all’ampia offerta di attività finanziarie innovative presenti nei mercati24 . Gli HF si fanno controparti di operatori che vogliono coprire proprie posizioni esposte al rischio. Ciò accade nella negoziazione di derivati: si pensi agli strumenti legati ad operazioni di securitization realizzate da banche ed altri intermediari finanziari. Gli HF alimentano il mercato secondario di tali strumenti, consentendo agli emittenti di fronteggiare e gestire le loro posizioni di rischio. Le scelte di risk management a disposizione degli operatori si ampliano e si abbattono i relativi costi (SEC, 2003). Sempre in termini di rischio, gli HF offrono ai singoli investitori opportunità ulteriori, rispetto a quelle tradizionali, di diversificazione del portafoglio. La ridotta correlazione dei rendimenti degli HF a quelli dei comparti azionari e dei titoli a reddito 24 Tra il 2001 ed il 2003, ad esempio, nel mercato dei credit derivative gli HF hanno visto crescere il loro ruolo sia come venditori (dal 5% al 15%) sia come acquirenti (dal 12% al 16%). Cfr. British Banker Association, 2004. Il loro peso nel mercato dei distressed debt è di circa l’80%, mentre varia tra il 15% ed il 30% il peso nei mercati dei titoli di debito ad alto rischio, nelle obbligazioni collateralizzate, nei titoli emergenti e dei finanziamenti con utilizzo di leva finanziaria elevata. Cfr. Fitch Ratings, 2005. Su questi aspetti si tornerà più avanti nel corso del lavoro. 22 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata fisso accentua tale beneficio (Anson, 2002, pp. 37-40; Garbaravicius, Dierik, 2005, p. 2625 ). Si accresce anche la liquidità dei mercati over the counter (Garbaravicius, Dierik, 2005). Si dovrebbe anche favorire una minore volatilità, considerando che gli HF tendono meno di altri operatori a realizzare azioni di momentum trading volte ad acquistare in mercati rialzisti ed a vendere in quelli in declino. Essi stimolano, generalmente, una maggiore continuità nell’orizzonte temporale tipico dei loro investitori, disincentivando liquidazioni e fuoriuscite. Esponendo, inoltre, le masse gestite a condizioni di volatilità favoriscono l’assorbimento degli shock (Garbaravicius, Dierik, 2005). La tendenza a realizzare attività di short selling e iniziative di trading opposte a quelle di mercato dovrebbe, infine, controbilanciare i fenomeni imitativi cosiddetti di market herding 26 . A fronte dei riscontri positivi appena esaminati, la crescente importanza degli HF e la loro forza d’urto sui mercati hanno fatto concentrare l’attenzione sui risvolti negativi che questi operatori hanno sulla stabilità del sistema finanziario (2005, p. 27; G-7 Finance Ministers and Central Bank Governors, 2007). Alto ricorso al leverage, oltre che propensione a speculazione ed arbitraggi, a fronte di scarse regolamentazione e trasparenza hanno posto sistematicamente gli HF, negli ultimi anni, nel ruolo di imputati a fronte del verificarsi di crisi finanziarie (si veda al riguardo il box 2). 25 Analizzando i dati dal 1994 al 2004, Garbaravicius e Dierik (2005) dimostrano che la correlazione tra la famiglia di indici CSBF/Tremont ed i maggiori indici di mercato azionari è stata inferiore a 0,61 e talvolta negativa. 26 Con l’espressione market herding si indicano le situazioni in cui un elevato numero di investitori sceglie di implementare portafogli con caratteristiche tra loro simili, esposti cioè a stessi temi e/o strumenti finanziari. Di conseguenza, si vengono a produrre particolari concentrazioni di investimenti su determinati segmenti di mercato. Il rischio connesso a questi fenomeni è quello che, nel caso di repentini cambiamenti sfavorevoli delle quotazioni, i portafogli costruiti secondo il consenso prevalente possano tutti risentirne negativamente. Inoltre, la necessità per molti operatori di variare le posizioni contemporaneamente può portare ad una esasperazione dei cambiamenti di mercato. 23 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Box 2: Ascesa e declino degli HF: alcuni eventi eclatanti L’espansione dell’attività degli HF è stata affiancata, nel corso degli anni, da momenti di forti crisi e da eventi eclatanti, connessi a fallimenti di fondi hedge. I periodi di crisi particolarmente intensi vissuti da questi strumenti sono stati, nel passato, due. Una prima crisi si è verificata tra il 1969-70 ed il 1973-74. Degli oltre 200 HF esistenti solo il Quantum Fund di George Soros e lo Steinhardt Partners di Michael Steinhardt rimasero operativi. Una seconda crisi è stata quella legata alle turbolenze dei mercati asiatici ed al contagio di economie emergenti, America Latina e Russia in primis. L’evento più importante è stato il fallimento del Long Term Capital Management Fund (LTCM) nel 1998 (Eichengreen, Mathieson, 1999; Jorion, 2000; Perold, 1999; Halstead et al., 2005). Il fondo, costituito nel 1994 da John Meriwether, vantava tra i consulenti anche i premi Nobel Myron Scholes e Robert Merton. Il LTCM era specializzato nello sfruttare discrepanze di breve termine nel prezzo di titoli con caratteristiche simili (come, ad esempio, durata media finanziaria, rendimento) utilizzando strategie basate su valutazioni relative e attese di convergenza di prezzi, che prevedevano posizioni lunghe controbilanciate da esposizioni corte su titoli di emittenti diversi. Inizialmente questo tipo di approccio diede risultati molto positivi, tant’è che il capitale investito in azioni crebbe da 1 mld USD a oltre 7 mld USD tra il 1994 ed il 1997 (Halstead et al., 2005). Con una leva finanziaria pari a 17, contribuivano ad alimentare il portafoglio 500 mld USD in posizioni in future, 750 mld USD in swap e 150 mld USD in opzioni e altri strumenti derivati over the counter (Jorion, 1999; Perold, 1999). A fronte della riduzione degli spread sui mercati e di minori opportunità di sfruttare discrepanze di breve termine nel prezzo delle azioni, il LTCM, alla ricerca di migliori rendimenti, innalzò la leva fino a 26 volte il capitale investito. Ad inizio 1998 il LTCM controllava un portafoglio di circa 100 mld USD, rispetto ad un valore reale di 4 mld USD. Alcuni mesi più tardi, il valore reale dell’LTCM scese a 2,3 mld USD (-42,5%) a fronte della decisione della Russia di svalutare il rublo e di porre una moratoria per i propri debiti. Il deterioramento costante del valore del LTCM iniziò a preoccupare notevolmente la Fed, a causa della rilevante esposizione verso di esso di molte istituzioni creditizie e finanziarie USA controparti di investimenti, prestiti, linee di credito, servizi di brokeraggio e di altra natura. Fu la Fed stessa a garantire il salvataggio del fondo, coinvolgendo 15 istituzioni finanziarie che diedero vita al consorzio Oversight Partner I LLC. Altro episodio eclatante di collasso di un HF è il caso Amaranth. Le preoccupazioni sollevate nella comunità economica dalle vicende di questo fondo sono legate non solo alla portata delle perdite maturate ed alla velocità dell’implosione, quanto al suo ruolo nel mercato del gas naturale. Nonostante fosse un fondo multi strategy, nel corso del 2006 Amaranth aveva concentrato una quota consistente dei propri investimenti sul trading di gas naturale, che assorbiva il 50% del capitale investito e generava il 75% dei profitti (Davis, 2006). L’esposizione in strumenti derivati collegati a questa commodity ponevano l’HF in posizione tale da controllare quantitativi di gas considerevoli rispetto allo stesso fabbisogno statunitense. Il tutto senza che alcuna autorità di vigilanza cogliesse anomalie sul mercato. Amaranth era coinvolto in operazioni volte a sfruttare le divergenze di prezzo esistenti tra contratti future sul gas naturale, con scadenze temporali diverse (c.d. calendar spread trading). Il fondo Amaranth era “lungo” sui contratti con scadenza nei mesi invernali, coprendosi con posizioni corte in contratti con scadenza nei mesi non invernali, per il periodo 2006-2010. A fronte di questo collasso, stimato in circa 6,6 mld USD a settembre 2006, non si sono avute ripercussioni sistemiche sui mercati finanziari, dato che gli investimenti in cui Amaranth era sovraesposto non erano simili né correlati a quelli posseduti da banche ed altre istituzioni creditizie (Till, 2007). Nonostante ciò, il caso Amaranth ha fatto emergere nuove falle nel sistema dei controlli e della vigilanza, oltre che preoccupazioni collegate al fatto che, operando anche sui mercati di beni reali, gli HF sono in grado di alterare i pattern dei prezzi e condizionare l’economia reale, al pari di quella finanziaria. La stabilità dei mercati, di fatto, potrebbe essere compromessa a fronte del fallimento o delle forti difficoltà di un HF o di un cluster di HF che si trasmettano al sistema finanziario nel suo complesso. Ciò non tanto o non solo per il dissesto dello specifico HF/ cluster (rischi diretti), quanto per il riflesso di tale evento sugli intermediari ed operatori controparti, in particolare i prime broker, oltre che per gli effetti sui singoli mercati e sulla fiducia degli investitori (rischi indiretti) (FSF, 2007 b, p. 2). Potrebbe venire, 24 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata in sostanza, compromessa la cosiddetta qualità del mercato27 , ossia liquidità, spessore, trasparenza, oltre che efficienza dei processi di formazione dei prezzi, di esecuzione degli ordini e di regolamento. Un deterioramento della qualità del mercato potrebbe avere implicazioni fortemente negative sugli operatori finanziari e sugli investitori, portando ad una riduzione della fiducia generale dei mercati stessi (FSA, 2005, p. 18). La tabella 2 disarticola le possibili situazioni critiche connesse all’operatività degli HF, da cui scaturiscono rischi potenziali per la stabilità del sistema finanziario. Come si può notare, gli aspetti più problematici sono riconducibili, da un lato, alle tipiche strategie di investimento adottate ed alla fitta rete di relazioni dirette ed indirette intessute con altri intermediari. A questo si aggiungono gli scarsi obblighi di trasparenza, che esasperano situazioni di conflitto di interessi e problemi di agenzia, contribuendo a celare eventuali tensioni interne (dovute ad esempio ad illiquidità o a performance negative) ed impedendo alle autorità di vigilanza di far emergere tempestivamente anomalie di gestione o persino casi di frodi. I possibili canali attrassero cui gli HF possono minare la stabilità dei mercati finanziari (Garbaravicius, Dierik, 2005, p. 28) possono essere, dunque, ricondotti sia alle posizioni di rischio assunte, in termini soprattutto di leverage e liquidità, sia all’impatto sulle istituzioni creditizie e sui mercati finanziari più in generale. Con riferimento al primo aspetto, va sottolineato come in presenza di un ricorso eccessivo a tecniche di leverage, anche ridotte oscillazioni dei prezzi possono indurre gli HF a liquidare le proprie posizioni per poter adempiere agli obblighi di marginazione. La criticità della situazione si accentua qualora gli HF abbiano fatto riscorso all’indebitamento bancario, tipicamente a breve termine: accresce infatti il bisogno di liquidazione delle posizioni a fronte dell’impossibilità di attendersi recuperi dei prezzi. Peraltro, il ricorso al leverage può accentuarsi in periodi di scarse performance, quando gli HF sono indotti ad assumere strategie più rischiose ed aggressive. Ridotti rendimenti e deflussi di capitale possono rendere particolarmente critica la situazione di liquidità, innescando un circolo vizioso. Simili situazioni possono essere in parte fronteggiate ampliando i periodi minimi di permanenza nel fondo, ossia la durata delle finestre di uscita imposte alla clientela. 27 La market quality è definita come “the risk to the market confindence and consumer protection objectives arising from possible market malfunction”. Cfr. FSA, 2002, p. 16. 25 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 2: Rischi potenziali principali connessi agli HF Turbolenze dei mercati ed erosione della fiducia degli operatori Il fallimento o le difficoltà che colpiscano un HF di grandi dimensioni o con ampie posizioni, o un cluster di HF di medie dimensioni con esposizioni concentrate e significative, possono causare forti turbolenze sui mercati. Si può compromettere la fiducia degli operatori sulla tenuta di altri HF o sulla solvibilità di altri intermediari finanziari controparti di HF. Riduzione della liquidità che induce a disordini sui mercati Il peso degli HF nella negoziazione di specifici e complessi strumenti finanziari, come anche in particolari segmenti di mercato sta aumentando. Ciò, unitamente alla crescente sensibilità degli investitori in HF alle performance, può portare a manovre sulla liquidità e ad operazioni di compravendita degli asset che inducono a disordini sui mercati e a forte volatilità. Informazione insufficiente per guidare l’azione degli organi legislativi e di vigilanza A causa soprattutto della extra territorialità degli HF, gli organi legislativi e di vigilanza hanno insufficienti informazioni attendibili e comparabili sulla base delle quali assumere decisioni relative ai rischi connessi agli HF. Di conseguenza, non sono in grado di introdurre appropriate misure per fronteggiare tali rischi. Infrastruttura dei controlli interni Considerando l’estrazione tipicamente legata al trading, piuttosto che al management, oltre che la tipica struttura proprietaria degli HF, i gestori non hanno competenze ottimali o incentivi particolari a creare efficaci strutture di controllo interno. Rischi operativi Alcuni aspetti operativi della gestione degli HF (come i ritardi nelle conferme delle operazioni, le eventuali mancate notifiche dell’attribuzione delle operazioni eseguite tra le controparti, la variazione dei termini delle obbligazioni contratte28 ) determinano un aumento dei rischi sia operativi per il mercato, sia di credito per l’intero sistema, a fronte delle limitate indicazioni disponibili a supporto della loro operatività e della rapida crescita dell’industria. Risk management Sistemi di risk management affidabili ed efficaci sono essenziali nell’industria degli HF. I portafogli multi strategy presentano particolari difficoltà dal punto di vista dell’analisi del rischio e possono essere apportati miglioramenti nelle metodologie di stress testing 29 . Inoltre, per le banche d’investimento si sta sviluppando un problema significativo di valutazione e monitoraggio del rischio complessivo a cui sono esposte, attraverso le molteplici attività che svolgono nel trading, nel prime brokerage e nei rapporti di investimento diretto con HF. Debolezze nel processo di valutazione I problemi collegati alle criticità nei processi e nelle metodologie di valutazione degli asset, per via della mancanza di competenze e/o dei conflitti di interesse, creano rischi significativi di assunzione non corretta delle decisioni di investimento, compromettendo anche la fiducia dei mercati. Market abuse Alcuni HF si spingono spesso ai limiti ammessi dalla disciplina volta a contrastare le pratiche di insider trading e di manipolazione dei mercati. L’elevato ammontare di commissioni corrisposte e le strette relazioni con le controparti possono creare l’incentivo a commettere violazioni di mercato da parte di altri soggetti con cui gli HF interagiscono. Frodi Incentivi collegati alle commissioni, scarsa regolamentazione e ridotti controlli creano un ambiente che potrebbe stimolare i manager di HF a comportamenti fraudolenti. Riciclaggio Non vi sono evidenze che i manager di HF, più di quelli di altri settori, possano essere coinvolti in operazioni di riciclaggio di denaro. Tuttavia, alcune preoccupazioni permangono. Conflitti di interessi La struttura delle commissioni degli HF potrebbe stimolare i consulenti di investitori istituzionali a far loro assumere esposizioni eccessive in HF. Essa potrebbe anche incoraggiare le società che gestiscono contemporaneamente HF ed altri strumenti finanziari a favorire il collocamento di HF in modo inappropriato ai propri clienti. Fonte: rielaborazione propria da FSA, 2005, pp. 6-7 26 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Altro canale che può veicolare situazioni di crisi ai mercati passa per l’impatto, diretto ed indiretto, che l’operatività degli HF ha sulle istituzioni creditizie. Mettendo a disposizione linee di credito sia per il fabbisogno ordinario sia per fronteggiare eventuali situazioni di illiquidità ed offrendo numerosi servizi, banche e prime broker sono condizionati in via diretta dall’attività degli HF stessi. Gli intermediari creditizi sono esposti anche ad un rischio di credito indiretto, collegato alla realizzazione di transazioni con soggetti a loro volta ampiamente esposti in posizioni su HF. Ultimo canale attraverso cui la stabilità del sistema finanziario può essere compromessa coinvolge i mercati. Come visto, gli HF adottano spesso strategie di gestione aggressive, fondate sul leverage, preferendo mercati di nicchia, anonimi e liquidi da cui è possibile entrare ed uscire a costi relativamente ridotti (Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 43). Investono quote limitate di capitale rispetto a quelle nominalmente controllate. Per quanto l’impatto di tale tipo di atteggiamento non sia stato dimostrato responsabile di specifiche situazioni di crisi finanziaria grave degli ultimi decenni (FSF, 2000), le possibili ripercussioni su mercati di piccole e medie dimensioni, soprattutto a fronte della crescita delle masse gestite, possono essere molto forti (Baker, 2006, p. 89). 4 La crisi finanziaria attuale: quale ruolo per gli HF Il dibattito su benefici e criticità degli HF si è fortemente acceso a seguito delle turbolenze dei mercati legate alle vicende dei prestiti subprime USA, a partire dal 2007. La dinamica della crisi ha visto come fattore scatenante il calo repentino del valore delle obbligazioni strutturate, con sottostante rappresentato da mutui ad elevato rischio di insolvenza30 . Questo ha comportato, come conseguenza, una crisi di fiducia che si è velocemente diffusa a tutto il mercato del credito, fino a coinvolgere le stesse obbligazioni societarie con i rating più elevati (investment grade) (Amenc, 2007; Bernanke, 2008). L’incertezza nell’esposizione dei singoli operatori ai titoli ormai privi di valore ha comportato il permanere di condizioni di sostanziale paralisi del mercato del credito e ha causato il fallimento od il quasi fallimento di istituzioni finanziarie di primaria grandezza (Bear Stearns, Lehman Brothers Holdings Inc 31 , AIG), tanto da richiedere l’intervento diretto degli Stati. 30 31 Per un esame delle cause della crisi finanziaria USA si rinvia a PWG, 2008, pp. 1-2. Nello specifico, il fallimento di Lehman Brothers Holdings Inc. ha avuto un impatto 27 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Numerosi sono stati i casi di default di HF32 nonché situazioni di condotta fraudolenta ad essi collegata33 . L’intero sistema finanziario è risultato indebolito dall’elevato livello di perdite registrate dagli operatori, non solo HF, sui titoli più illiquidi, dall’incertezza legata alla disponibilità di risorse finanziarie ed al relativo costo, oltre che dall’ulteriore deterioramento del portafoglio crediti a fronte del peggioramento della situazione economica mondiale (IMF, 2008, p. 1). Per meglio comprendere il ruolo degli HF nel contesto della crisi finanziaria attuale, di seguito si propone un esame di alcuni dati recenti, legati sia all’evoluzione dell’industria, sia ai trend ed ai fenomeni più rilevanti connessi alle turbolenze finanziarie dell’ultimo biennio, sia ad alcune evidenze empiriche sull’interrelazione che si evidenzia tra tipi di strategie differenti recentemente seguite dagli HF. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, un’attenzione particolare è rivolta al rischio sistemico34 ed al comportamento non secondario nell’aumentare l’incertezza sul mercato, riguardo la situazione dell’industria degli HF (Cahill, 2008). Per molti fondi, infatti, l’investment bank americana offriva i servizi di prime brokerage: la procedura fallimentare ha comportato che le attività depositate presso di essa venissero congelate (come normale generica protezione nei confronti dei creditori dell’investment bank ), mentre le passività dei fondi verso la banca, per i suoi servizi offerti, sono state immediatamente richiamate. Alcune stime indicano che gli HF clienti di Lehman Bros. potessero avere tra i 50 ed i 70 mld USD depositati sui conti di prime brokerage. In realtà, PricewaterhouseCoopers, che svolge il ruolo di amministratore fallimentare per Lehman Bros. nel Regno Unito, ha dichiarato che occorreranno mesi per conoscere l’effettivo ammontare delle obbligazioni contratte dalle parti. In seguito a questi eventi, diversi gestori di HF hanno dovuto liquidare le proprie posizioni sul mercato. La chiusura forzata delle strategie ha generato forti perdite che per taluni hanno significato il fallimento o la cessazione dell’attività. Si veda, per un approfondimento Cahill (2008). 32 È il caso, ad esempio, della società Oak Group, con sede a Chicago o degli HF multistrategy di MKM Longboat Capital Advisors LLP di Londra. Si veda, per un approfondimento, Cahill, 2008. 33 Si segnalano, in particolare per la gravità e le istituzioni finanziarie coinvolte, il caso dello schema fraudolento posto in essere da B. L. Madoff e la frode di cui è accusato il gestore A. Nadel. Per approfondimenti, si vedano, sul caso Madoff, Masters, 2009, Guerrera, 2008 e Gapper, 2008, mentre sul caso Nadel, Chung, 2009. 34 L’espressione “rischio sistemico” indica il rischio di un’ampia crisi all’interno del sistema finanziario, che si può generare a causa di una catena di insolvenze, verificatesi anche in un breve periodo di tempo, ed innescate da un evento specifico. Tipicamente, un partecipante al mercato finanziario che non possa far fronte ai suoi obblighi provoca un effetto a cascata, cosicché altri operatori finanziari non possano adempiere ai propri obblighi. Le conseguenti insolvenze possono provocare notevoli problemi di liquidità e pregiudicare quindi la stabilità dei mercati finanziari nel loro complesso. 28 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata seguito dai fondi hedge in termini di correlazione ed esposizione ad investimenti illiquidi. L’eventuale riscontro o di eccessiva correlazione tra HF o di posizioni fortemente illiquide rivelerebbe la presenza di situazioni di rischio nell’industria dannose per l’intero sistema finanziario. 4.1 I trend principali dell’industria degli HF La possibilità di mappare in modo esaustivo l’industria degli HF è negativamente condizionata da numerosi elementi, già ricordati, che ne caratterizzano l’operatività: sede in centri offshore, ridotti o assenti vincoli di trasparenza, flussi informativi comunicati al mercato su base volontaria. I vari database privati disponibili sono accomunati da incompletezza, oltre che dai bias analizzati in precedenza (Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 11). Nonostante questi limiti, è possibile cercare di definire alcuni fenomeni che stanno connotando l’industria. L’analisi è utile per poter poi esaminare i problemi collegati alle turbolenze dei mercati finanziari ed al ruolo degli HF nell’attuale contesto finanziario. Un primo fenomeno osservabile è legato alla biforcazione (Seides, 2008), ossia all’accentuazione delle differenze tra grandi e piccoli fondi. La crescita delle masse gestite, da 39 mld USD del 1990 a 1.870 miliardi USD del 2007, è attribuibile prevalentemente ai grossi fondi. I primi 100 HF, all’inizio del 2008, controllano, infatti, circa il 70% del mercato, in raffronto al 50% del 2003 (Seides, 2008). La concentrazione delle attività e la crescita delle quote di mercato detenute dai principali gestori sono accentuate anche dal fatto che le iniziative di start up da parte di nuovi operatori tendono a ridursi, a favore dei nuovi fondi offerti dai manager più noti e di successo presenti sul mercato (Seides, 2008). La presenza di grossi HF ha cambiato i termini della competizione: essi richiedono sempre più liquidità, mentre in passato essi tendevano a fornirne al mercato, e si fanno concorrenti (Rubino, 2005, pp. 29-33) delle grandi investment bank con cui in precedenza condividevano informazioni e progetti. Un secondo trend riscontrabile nell’industria riguarda la specializzazione, ossia il fatto che i gestori, soprattutto quelli più piccoli, offrono sempre più prodotti di nicchia, in reazione anche alla tendenza, appena commentata, alla biforcazione del mercato. Si ricercano vantaggi competitivi puntando su competenze distintive in aree molto particolari e specifiche del mercato finanziario. Questo fenomeno è accentuato dalla presenza dei fondi di fondi 29 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata hedge, i quali si trovano a rincorrere performance soddisfacenti accentuando la specializzazione nelle scelte di diversificazione del proprio portafoglio. Altra tendenza rilevante è l’istituzionalizzazione, che fa riferimento al fatto che gli HF stanno divenendo un’industria a se stante, andando per certi aspetti a replicare le vicende e la crescita dei fondi comuni USA. I modelli di gestione che stanno emergendo sono riconducibili a due tipologie. Da un lato, vi sono soggetti che privilegiano la raccolta di capitali e la crescita delle masse gestite. Dall’altro lato, vi sono quelli il cui principale focus è la massimizzazione della performance (Seides, 2008). Si nota, inoltre, una rincorsa crescente alla differenziazione, non solo in termini di strategie di investimento, ma anche di strategie di business, con una attenzione forte alla capacità di attrarre e trattenere talenti. Per ridurre le asimmetrie tra obiettivi dei singoli manager e degli investitori, è sempre più frequente la monetizzazione delle partecipazioni dei gestori, attraverso la quotazione sul mercato delle relative società di gestione. Ulteriore trend di assoluto rilievo riguarda il già accennato coinvolgimento consistente di intermediari finanziari “primari” nel business degli HF. Quest’ultimo rappresenta una quota crescente del fatturato e dei profitti di istituzioni finanziarie regolamentate: secondo stime recenti, nel 2006, esso avrebbe generato circa il 15-20% dei ritorni per le investment bank, di cui solo 1/5 in relazione all’attività di prime broker (FSF, 2007 a, p. 8)35 . Come si è visto, ciò ha notevoli implicazioni in termini di vigilanza e regolamentazione; su questi aspetti si avrà comunque modo di tornare più avanti nel lavoro. Infine, ultima tendenza significativa che coinvolge l’industria degli HF riguarda il peso assunto in specifici mercati e l’elevata quota di negoziazioni riconducibili a questi operatori. In alcuni segmenti finanziari, spesso i più complessi, gli HF ne sono divenuti i player principali36 . Anche in questo caso 35 Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, i crediti di varia natura vantati da istituti creditizi nei confronti di soggetti non-bancari nelle isole Cayman, la maggior parte dei quali sono probabilmente HF, sono aumentati, tra il marzo 2000 ed il settembre 2006, da 156 a 663 mld USD. Questi importi, essendo al netto delle eventuali garanzie richieste ai soggetti debitori, in realtà non sono indicativi dell’effettiva esposizione creditizia di tali operatori. Cfr. FSF, 2007 a , p. 8. 36 Karmin (2007), riportando i risultati di una ricerca svolta da Greenwich Associates, riferisce che l’attività di trading degli HF coinvolge il 55% delle attività americane in derivati con sottostante in titoli con rating investment grade, oltre che il 55% dei titoli sui mercati emergenti. In alcune nicchie di mercato, gli HF sono dominanti, tanto da essere sostanzialmente essi stessi il mercato. E’ il caso del trading sui derivati il cui sottostante 30 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata vi sono risvolti notevoli sul dibattito circa l’opportunità di regolamentazione del settore, a fronte dell’esposizione crescente a rischi sistemici che possono anche scaturire da eventi collegati a mercati di nicchia con alta concentrazione delle posizioni. Rispetto a quanto visto sino ad ora, dal lato della domanda il fenomeno più interessante riscontrabile nell’industria riguarda la modifica tendenziale del profilo tipico dell’investitore in HF. Nel corso degli ultimi anni, il settore è cresciuto in modo considerevole, soprattutto grazie all’attrazione di nuove “tipologie” di clienti. Da un lato, investitori istituzionali, come ad esempio fondi pensione o fondazioni37 , alla ricerca di nuovi strumenti per la diversificazione dei propri portafogli, hanno fatto un consistente ricorso agli HF (FSA, 2005, p. 61). Dall’altro lato, è anche aumentato il collocamento presso il pubblico dei risparmiatori, grazie alla crescita dei fondi di fondi hedge, che come si avrà modo di vedere è stata netta negli ultimi anni. Si consideri che a fronte di queste nuove componenti della domanda di HF, la quota di clientela privata con elevate disponibilità patrimoniali è passata dal 61% del 1997 al 40% nel 2006 (FSF, 2007 a, p. 8). Scendendo più nel dettaglio dei dati sull’industria ed utilizzando quale fonte il database Bloomberg38 , emerge la presenza di oltre 9.000 fondi hedge globali operativi ad inizio dicembre 2008, di cui circa il 66% con sede offshore. La crescita, rispetto al decennio precedente, è considerevole. Si veda, al riguardo, la figura 2. L’Europa si rivela un importante polo per il controllo delle attività degli HF, dato che oltre il 60% dei gestori vi è localizzato (figura 3). sono titoli obbligazionari speculativi (80% realizzato da HF) e sul mercato dei debiti in sofferenza (85% dei volume). Altrettanto importante è il loro ruolo nella negoziazione di titoli che hanno come collaterale mutui, crediti o attività rappresentative di crediti. Infine, circa il 30% del trading sui titoli a reddito fisso americani coinvolge fondi hedge. 37 Gran parte della crescita dell’industria degli HF viene attribuita al ricorso a questi strumenti da parte degli investitori istituzionali e dei fondi pensione, in particolare. “Though estimates vary, up to 20% of European and American pension funds and 40% of Japanese pension funds are thought to invest in hedge funds. Despite a great deal of coverage in the press, the amount of total pension assets dedicated to hedge funds is still small, with their adoption relatively cautious. As the IMF and others estimate, 3 few funds allocate more than 5-10% of total assets to these investments and much exposure remains 31 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 2: Numero di HF nel mondo (dati stimati aggiornati al III trimestre 2008 Fonte: elaborazione MondoHedge su dati HFR Figura 3: Numero di HF per domicilio e per paese di residenza del gestore (dati al 3.12.2008) Fonte: elaborazioni proprie su dati Bloomberg 32 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 4: Crescita degli asset e della leva finanziaria nell’industria degli HF (asset in mld USD) Fonte: Lo, 2008, p. 10 (elaborazioni su dati HFR e stime Credit Suisse per il quarto trimestre 2008) Figura 5: Masse gestite mondiali (miliardi USD, dati stimati aggiornati al terzo trimestre 2008) Fonte: elaborazioni MondoHedge su dati HFR 33 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata La figura 4 evidenzia l’ampiezza assunta dall’industria degli HF. Come più volte accennato, l’utilizzo della leva finanziaria fa sı̀ che le masse movimentate siano significativamente maggiori rispetto ai capitali raccolti. Secondo le stime al quarto trimestre 2008, le attività degli HF ammontano a circa 1.600 mld USD, mentre le posizioni complessivamente assunte sono pari a circa 3.700 mld USD (Lo, 2008, p. 10). La crescita, tra il 1990 ed il 2008, è stata notevole e pari ad un tasso annuo composto del 23% per quanto riguarda gli asset e del 22% per la posizione complessiva sul mercato. È interessante inoltre notare come le difficoltà sul mercato del credito, aggravatesi tra il 2007 ed il 2008, abbiano portato ad una riduzione nell’utilizzo della leva finanziaria. A fronte di un calo del 14% degli asset, è corrisposta una riduzione del 31% delle posizioni sul mercato. Su questi aspetti si tornerà nel prossimo paragrafo. Un ruolo importante nello spiegare il trend di forte espansione degli HF è svolto dai fondi di fondi. Come rappresentato nella figura 5, essi hanno accresciuto sensibilmente il loro peso rispetto ai manager di singoli fondi. La diffusione di tali strumenti ha permesso l’ingresso, nell’industria, di clienti non tradizionali, come gli investitori retail ed i fondi pensione. via ‘fund of hedge funds’. What is more important is that surveys globally all show pension funds intending to raise these weightings”. Cfr. Stewart, 2007, p. 6. 38 Per un approfondimento sul database Bloomberg, si veda Pasigos, 2008, pp.3-5. 34 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Box 3: L’industria degli HF in Italia In Italia, gli HF hanno iniziato ad operare nel 2001, come fondi di fondi. Rispetto ai 16 presenti nel 2001, ad oggi il mercato è costituito da oltre 280 HF (Figura a). Circa il 90% di questi ultimi è rappresentato da fondi di fondi hedge, diversificati su più gestori e strategie: secondo un’indagine recente, gli HF italiani includono, in media, 28 fondi in portafoglio (MondoHedge, 2008, p. 8.). A settembre 2008, il patrimonio gestito dall’industria italiana ammonta a circa 26 mld di Euro (Figura b), con una crescita rilevante soprattutto nell’ultimo triennio. Figura a - Il numero di HF in Italia Fonte: MondoHedge (dati aggiornati a settembre 2008) Figura b - Il patrimonio gestito dagli HF italiani (dati in miliardi di Euro) Fonte: MondoHedge (dati aggiornati a settembre 2008) 35 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata 4.2 La trasformazione dell’industria Focalizzando l’attenzione sugli andamenti dei mercati e sull’attività degli HF nel contesto della crisi finanziaria attuale, va sottolineato come i dati disponibili non consentano ancora di realizzare analisi esaustive anche perché gli effetti delle turbolenze non sono stati assimilati completamente dal sistema finanziario39 . Alcune considerazioni sono comunque possibili, soprattutto in termini di trasformazione dell’industria. I dati più recenti riflettono, ovviamente, la situazione di forte tensione cui gli HF sono stati sottoposti nel corso dell’ultimo biennio. I numerosi casi di salvataggi, fallimenti, chiusura o fusione di importanti istituzioni finanziarie internazionali hanno cambiato il sistema delle controparti di mercato più importanti degli HF, in termini di fornitori di credito, servizi di custodia, amministrazione, prime brokerage. Ne è risultato un ambiente finanziario caratterizzato da finanziamenti scarsi, bassa liquidità, disinvestimenti, valutazioni talvolta irrazionali di numerose asset class. Le difficoltà operative sarebbero state accentuate dall’introduzione del divieto di realizzare attività di short selling, da parte di alcune autorità di vigilanza40 . 39 I dati relativi al 2008 sono ancora incerti e rappresentano spesso delle stime. Da fonte Bloomberg emergerebbe come complessivamente nel corso del 2008 gli HF abbiano perso oltre 350 mld USD, di cui più del 90% negli ultimi mesi dell’anno. Soprattutto i fondi che hanno investito nel Nord America avrebbero sofferto perdite: oltre 183 mld USD nel 2008. Dai dati pubblicati dall’Eurekahedge Hedge Fund Index, riferito ad oltre 2.000 HF, le perdite risulterebbero pari al 12,3% (Yamazaki, 2009). Secondo, invece, i dati di Morningstar 1000 index, riferito ai primi 1000 fondi hedge che rappresentano circa il 90% dell’industria, le perdite sarebbero del 21,7% (Brewster, 2009). Per quanto riguarda, invece, i disinvestimenti netti richiesti dalla clientela i deflussi, nel 2008, sarebbero superiori a 200 mld USD (Brewster, 2009). Si stima che gli investitori abbiano ritirato oltre il 20% dei propri capitali (Mackintosh, 2009). 40 In particolare, negli Stati Uniti, la Security and Exchange Commission (SEC) ha richiesto, il 18 settembre 2008, che tutti gli operatori rendessero nota la propria esposizione in termini di vendite allo scoperto di azioni quotate sui mercati regolamentati, nonché ogni nuova posizione posta in essere, ad esclusione dell’operatività in opzioni. Si vedano, al riguardo, SEC, 2008, Exchange Act Release No. 58591 e SEC, 2008, Press Release 2008-217. L’ordine di comunicazione è stato poi rinnovato ulteriormente il 2 ottobre 2008 (cfr. SEC, 2008, Exchange Act Release No. 58724). Inoltre, il 19 settembre, di concerto con la Financial Service Authority britannica (FSA, 2008, Release FSA 2008/50), l’autorità di vigilanza statunitense ha temporaneamente impedito la vendita allo scoperto sulle azioni delle società del settore finanziario. Si veda, a tal proposito, SEC, 2008, Press Release 2008-211. Inoltre, con la stessa circolare, la SEC ha temporaneamente allentato le restrizioni previste per il riacquisto di azioni proprie da parte delle società, in modo da 36 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata La figura 6 compara le perdite prodotte sino al terzo trimestre 2008 con quelle generatesi in altri, recenti, periodi di turbolenza dei mercati finanziari. Come si può notare, la crisi subprime ha un’ampiezza nettamente superiore rispetto a quanto riscontrabile in situazioni passate, anche se le conseguenze sono diluite su un numero più elevato di paesi ed istituzioni (IMF, 2008, p. 14) e si concentrano sulle attività collegate ai prestiti, tipicamente in USA ed Europa. Ciò che colpisce è la quota di perdite sopportate dalle istituzioni non bancarie, che ammonterebbero ad almeno 180 mld USD (IMF, 2008, p. 16). Di questi circa 60 mld USD sarebbero connessi agli HF (IMF, 2008, p. 16). Gli sconvolgimenti del sistema finanziario hanno avuto un impatto molto forte soprattutto per i fondi con ampie esposizioni in titoli collateralizzati, mutui o altre tipologie di debito statunitensi. Analogamente, perdite consistenti hanno interessato i fondi azionari, specialmente quelli con posizioni nette lunghe in titoli di società appartenenti al settore finanziario o dei consumi ciclici (IMF, 2008, p. 41). Le performance generate negli ultimi mesi ne hanno notevolmente risentito (BCE, 2008, p. 49). Si veda, al riguardo, la figura 7. Altra conseguenza dell’instabilità dei mercati e della precarietà di molti intermediari controparti si è avuta sulla composizione dei portafogli degli HF, con un forte incremento della liquidità ed un ampio ricorso a strumenti di copertura. Le posizioni cash dei portafogli degli HF a livello mondiale sono aumentate, in media, dal 14% del 2007 al 22% del 2008 (IMF, 2008). Parallelamente si è ridotto il ricorso al leverage: la leva media degli HF è calata da 1,7 volte il patrimonio del 2007 a circa 1,4 volte del 2008 (IMF, 2008, p. 41), arrivando ai minimi storici (BCE, 2008, p. 52). Si veda, al riguardo, la figura 8. Questa contrazione dell’indebitamento va ricondotta al peggioramento delle condizioni di accesso al debito (IMF, 2008, p. 43), sopratutto per i fondi specializzati in titoli a reddito fisso. Tipicamente, infatti, gli HF aumentare la liquidità delle stesse sul mercato. Per una più ampia analisi degli interventi della SEC, si veda il sito web http://www.sec.gov/news/press/sec-actions.htm. Analoghe misure sono state intraprese, in Italia, dalla Commissione Nazionale per le Società e la Borsa (CONSOB), con apposite delibere (22.9.2008; 1-10-29.10.2008). Il divieto è stato ulteriormente esteso il 30 dicembre 2008 (del. n. 16765). 37 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 6: Una comparazione degli effetti delle principali recenti crisi finanziarie Fonte: IMF, 2008, p. 16 Figura 7: Rendimenti degli HF (novembre 2007 - marzo 2008, ritorni mensili netti in USD) Fonte: BCE, 2008, p. 49 38 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata ottengono risorse o attraverso i prime broker o mediante il mercato pronti contro termine. Il canale dei primi si è drasticamente asciugato, mentre le condizioni sui secondi sono peggiorate. Sono cresciute in modo netto le richieste di recesso, nonostante i vincoli contrattuali ed i limiti previsti al disinvestimento che connotano questi strumenti. L’effetto combinato della riduzione del valore degli asset, del deterioramento delle performance e della fuoriuscita degli iscritti ha indotto ad un forte aumento dei fallimenti, specialmente per gli HF con esposizione al mercato del credito strutturato (BCE, 2008, p. 50). Gli HF specializzati in strumenti a reddito fisso che sono falliti, dal giugno 2007, gestivano circa 97 mld USD in termini di asset (tabella 3). Tabella 3: Principali fallimenti di grandi fondi (giugno 2007 - agosto 2008) Strategia Numero Asset (mld USD) Asset weighted Leverage* Fixed income 31 97 16 Prodotti strutturati 21 79 17 Macro 4 8 14 Altri fixed income 6 10 10 * Leverage: asset/capitale proprio, include i fallimenti di fondi superiori a 100 mln $ Fonte: IMF, 2008, p. 42 su dati Bloomberg L.P. e stime interne Oltre ai casi di fallimento, vanno considerati quelli di chiusura. Quest’ultima si differenza dal primo per il fatto che deriva da una situazione di insostenibilità del business cui fanno seguito la liquidazione ed il rimborso del valore degli investimenti alla clientela. La figura 9 illustra il numero di fondi avviati e quelli chiusi nel corso degli ultimi anni. Come si può notare, nel primo semestre del 2008 le chiusure di fondi hedge sono state 350 su un totale di 10.200 fondi operativi, pari al 3,4%. Se questo trend si dovesse confermare, si potrebbe arrivare a circa il 7% di fondi liquidati a fine 200841 . 41 Per quanto fortemente negativo, tale bilancio non sarebbe comunque il peggiore negli ultimi tempi, considerando che nel 2005 furono quasi 850 gli HF chiusi (11,4% del totale). Il dato più significativo è però quella della forte riduzione del saldo netto, ossia della differenza tra fondi lanciati e liquidati. Tale saldo, seppure ancora positivo al secondo trimestre del 2008, risulta il più basso storicamente. Alla chiusura di 350 HF, infatti, corrisponde anche un minor numero di nuove aperture di (487) rispetto al recente passato. Il numero di nuovi progetti negli anni scorsi risultava più che doppio rispetto alle chiusure 39 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 8: Leverage e liquidità degli HF (giugno 2007 - agosto 2008, in %) Fonte: BCE, 2008, p. 42 Figura 9: Numero di HF lanciati e liquidati (1996-2008 II trimestre) Fonte: Mondo Hedge, 2008, su dati HFR (aggiornamento giugno 2008 40 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata 4.3 Gli HF ed il rischio sistemico: alcune prime evidenze empiriche I dati appena esaminati consentono di abbozzare un primo, seppure incompleto, quadro dell’industria degli HF, alla luce degli eventi recenti che hanno sconvolto il sistema finanziario globale. Per completare l’analisi è necessario tuttavia soffermarsi ulteriormente sul ruolo degli HF rispetto al propagarsi di situazioni di stress dei mercati. Alcuni studi recenti hanno posto l’attenzione sul rischio che eventi riguardanti gli HF possano ripercuotersi sull’intero sistema finanziario e richiedere, quindi, interventi di vero e proprio salvataggio da parte delle autorità (Chan, et al., 2006, pp. 49-80 e Khandani e Lo, 2007, pp. 29-78). Oltre al fatto che gli HF, per loro natura, operano al di fuori di una precisa regolamentazione e, attraverso l’uso della leva finanziaria, amplificano sia i rendimenti sia le perdite potenziali, l’esistenza di fenomeni crescenti di crowded trades 42 provoca infatti situazioni tipiche di rischio sistemico. Se diversi fondi si trovano a dover affrontare la stessa situazione di tensione nel medesimo momento, cioè se la correlazione tra essi aumenta considerevolmente durante fasi di stress dei mercati, e se questi sono debitori di un numero ridotto di istituzioni finanziarie rilevanti (come nel caso dei prime broker ), è comprensibile come eventi negativi possano generare o alimentare, in un breve lasso di tempo, crisi finanziarie globali (Boyson et al., 2008, pp. 16-21). In tale scenario, diviene strategico, per le autorità preposte al controllo del sistema finanziario, analizzare la situazione di esposizione dell’industria degli HF ad investimenti illiquidi e, soprattutto, verificare l’andamento nel tempo delle correlazioni tra gli HF. Con riferimento a quest’ultimo aspetto, la figura 10 riportata due diagrammi che riassumono in forma grafica i risultati di un’analisi recente (Khandani, Lo, 2007) sui valori assoluti delle correlazioni tra i 13 indici di HF calcolati da CS/Tremont nel periodo 1994-2007. Graficamente, le linee più spesse rappresentano correlazioni assolute maggiori del 50%, le più sottili mostrano di realtà esistenti, mentre l’ultimo dato vede un numero di chiusure pari a ben il 72% del numero di nuovi fondi. Questo rappresenta, tra gli altri, un chiaro segnale delle maggiori difficoltà di accesso al mercato dei capitali da parte dell’industria degli HF. 42 Per crowded trades si intende la presenza di un numero elevato di operatori che hanno effettuato scelte di investimento simili, su particolari temi e/o strumenti finanziari, tanto da risultare, a livello di sistema, in un’elevata concentrazione di rischio. 41 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 10: Diagrammi di correlazioni tra i 13 indici di HF calcolati da CS/Tremont Fonte: Khandani, Lo, 2007, p. 36. CA Convertible Arbitrage, DSB Dedicated Short Bias, EM Emerging Markets, EMN Equity Market Neutral, ED Event Driven, FIA Fixed Income, Arbitrage, GM Global Macro, LSEH Long/Short Equity Hedge, MF Managed Futures, EDMS Event Driven, Multi-Strategy, DI Distressed Index, RA Risk Arbitrage, and MS Multi-Strategy. le correlazioni assolute comprese tra il 25% ed il 50%, mentre l’inesistenza di linee di unione segnala correlazioni inferiori al 25%. I dati sono scomposti in due orizzonti temporali, con il primo che si sviluppa tra il 1994 ed il 2000 (diagramma di sinistra) ed il secondo tra il 2001 – 2007 (diagramma di destra). Un raffronto tra i due periodi mostra un incremento significativo nelle correlazioni assolute nel corso del tempo: se ne deduce un aumento della connessione all’interno dell’industria degli HF. Sempre con riferimento al tema della correlazione, altro studio recente (Boyson et al., 2008) ha indagato l’esistenza di fenomeni di contagio, in caso di andamenti fortemente negativi dei mercati, sia tra i diversi stili di HF e le asset class tradizionali, sia all’interno della stessa industria dei fondi 42 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata hedge 43 , analizzando dati mensili per il periodo gennaio 1990-agosto 200744 . Sebbene non venga riscontrata una relazione diretta tra andamenti negativi dei mercati e performance degli HF, gli autori spiegano come risulti, invece, evidente il fenomeno del contagio all’interno del settore. Figura 11: Misura del contagio all’interno dell’industria degli HF Fonte: Boyson et al., 2008, p. 38 La Figura 11 mostra graficamente i risultati dello studio. Ogni tratto indica il verificarsi, in un dato mese, di rendimenti particolarmente negativi45 per ciascuna strategia di HF analizzata. La presenza di un solo tratto rivela 43 L’analisi valuta il legame tra rendimenti estremamente negativi registrati per i principali strumenti finanziari (azioni, titoli di stato, obbligazioni, valute e volatilità su queste attività) ed i rendimenti di otto stili di HF (Convertible Arbitrage, Distressed Securities, Event driver, Equity Hedge, Equity Market Neutral, Merger Arbitrage, Global Macro, Relative Value). Si veda, per un approfondimento, Boyson et al., 2008, pp. 10-30. 44 Per l’analisi sono stati utilizzati i database CSFB/Tremont e HFR. Per i dettagli relativi al confronto degli stili di HF provenienti dai due diversi fornitori, si veda Boyson et al., 2008, p. 19. 45 Gli autori considerano “estremamente negativa” la performance mensile che rientra 43 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata che solo una strategia ha subito pesanti perdite. Al crescere del numero di linee, aumenta il numero di stili che hanno registrato perdite, fino ad un massimo di otto in cui tutte le strategie hanno avuto performance negative. È evidente come il contagio maggiore si sia verificato in due momenti storici particolari: durante la crisi del LTCM ed all’inizio della recente crisi del mutui subprime. In particolare, il fatto che molti fondi siano contemporaneamente attivi su più stili (multi strategy) comporta che la performance negativa su uno di essi induca gli HF a liquidare posizioni su altre strategie, provocando pressioni sui prezzi delle attività utilizzate e creando il rischio di perdite, attraverso il meccanismo del mark to market, per gli HF specializzati. Il processo è aggravato se la liquidità degli strumenti finanziari è bassa46 . Le evidenze provenienti da questo tipo di analisi, insieme anche ad altri contributi significativi (Fabozzi et al., 2008), dimostrano che alle turbolenze finanziarie avviate nell’estate 2007 ha contribuito l’eccessiva concentrazione di operatori con portafogli basati su strategie simili47 . Una significativa e recente indagine sull’impatto delle gestione quantitati48 ve fa emergere che proprio le posizioni comuni degli HF siano ritenute dagli nell’ultimo decile di rendimenti registrati da ciascuna strategia, nel corso di tutto il periodo analizzato. 46 Si veda Boyson et al., 2008, pp. 5 e segg. Le forti perdite di HF in un tipo di strategia possono produrre una riduzione della liquidità concessa dalle controparti (processo di deleveraging), tale da comportare una liquidazione forzata degli asset. Ne conseguono una pressione al ribasso sui prezzi, sulla liquidità stessa degli strumenti sul mercato, con una spirale negativa su prezzi e volumi. 47 Si veda Fabozzi et al. (2008, pp. 77-86; 93-97) per una discussione dell’impatto della diffusione dei prodotti 130-30. Questi ultimi sono fondi comuni che sovrappongono ad un portafoglio long only, ossia esposto al 100% ad un determinato benchmark (come ad esempio un mercato azionario), una strategia simile a quella degli HF long/short sul 30% del portafoglio. In tal modo aumenta il numero di soggetti che sul mercato utilizza strategie di investimento simili a quelle degli HF. 48 Fabozzi et al. (2008) focalizzano la loro indagine sulla diffusione, sull’andamento recente e sulle prospettive future dell’utilizzo delle strategie quantitative nei processi gestionali. Il lavoro è basato su interviste a gestori quantitativi, non solamente legati ad HF, al fine di analizzare le problematiche emerse soprattutto nell’agosto 2007, in modo da ottenere spunti di riflessione per migliorare l’utilizzo delle metodologie quantitative nell’industria del risparmio gestito. Per loro natura, come già evidenziato, gli HF fanno ampio ricorso a metodi quantitativi e, di conseguenza, molto spesso le strategie da loro implementate sono simili a quelle poste in essere anche da gestori tradizionali, che impiegano diffusamente modelli matematico-statistici nella costruzione di portafogli di investimento. 44 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata operatori finanziari una delle cause principali della forte volatilità dei mercati nell’agosto 2007 (Fabozzi et al., 2008). Si veda, al riguardo, la Figura 12. La stessa indagine (Fabozzi et al. 2008) mostra come tra le principali preoccupazioni, per i gestori quantitativi intervistati, vi sia l’aumento delle correlazioni tra gli strumenti finanziari e le strategie adottate, nonché l’insufficienza di liquidità, intesa come la possibilità di trovare mercato per un determinato asset, tale da permettere la riduzione delle posizioni a leva senza soffrire pesanti perdite. Si veda la figura 13. Di fatto, il problema dell’illiquidità delle attività presenti nei portafogli degli HF è uno degli aspetti centrali nel comprendere il ruolo di questi operatori nelle crisi finanziarie: la mancanza di liquidità può infatti aggravare situazioni di stress dei mercati49 . A fronte delle difficoltà di misurazione e monitoraggio dell’industria, si può utilizzare come proxy del rischio di illiquidità degli asset la correlazione seriale dei rendimenti degli HF (Chan et al., 2006). Il coefficiente di autocorrelazione ρk del rendimento mensile di un fondo è espresso come: ρk = Cov[Rt , Rt−k ] V ar[Rt ] dove ρk è l’autocorrelazione di ordine k di {Rt }, che misura il grado di correlazione tra il rendimento del mese t (Rt ) e quello del mese t-k (Rt−k )50 . La presenza di frizioni nei mercati finanziari - come costi di transazione, restrizioni alle vendite allo scoperto o scarsa profondità - contribuisce alla possibilità che esista correlazione seriale nei rendimenti delle attività, che difficilmente può essere eliminata attraverso arbitraggi, proprio per la presenza dei limiti connessi ai mercati. Da questo punto di vista, quindi, il grado di correlazione seriale nei rendimenti di attività finanziarie rappresenta 49 Come già in precedenza accennato, la presenza di strumenti finanziari illiquidi nei portafogli rischia di provocare, in un circolo vizioso, crisi sistemiche, attraverso un processo che induce vendite forzate di posizioni in perdita, per le quali il mercato ha sempre meno capacità di assorbimento, visti gli scarsi volumi. 50 L’autocorrelazione di ordine k di una serie temporale di rendimenti {Rt } è definita come il coefficiente di correlazione tra Rt e Rt−k , cioè la covarianza tra Rt e Rt−k divisa per la radice quadrata del prodotto tra le varianze di Rt e Rt−k (in formula: p ρk = Cov[Rt , Rt−k ]/ V ar[Rt ] × V ar[Rt−k ]). Poiché, per l’ipotesi di stazionarietà di {Rt }, le varianze di Rt e Rt−k sono le stesse, il denominatore dell’autocorrelazione è semplicemente la varianza di Rt . 45 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Figura 12: Fattori che potrebbero aver contribuito alle perdite dei fondi basati su gestioni quantitative nell’estate 2007 Fonte: Fabozzi et al., 2008, p. 77 Figura 13: Recenti condizioni di mercato che potrebbero creare problemi alle gestioni basate su metodi quantitativi Fonte: Fabozzi et al., 2008, p. 73 46 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata una proxy della presenza e dell’ampiezza di tali frizioni, ove l’illiquidità ne costituisce la forma più comune51 . Per approfondimenti si rinvia al Box 4. Box 4: L’illiquidità del portafoglio di un HF La caratteristica di illiquidità può essere considerata il risultato di diverse condizioni che si verificano nei mercati finanziari. E’ realistico ipotizzare che alcune attività, presenti nei portafogli degli HF, non vengano trattate per lunghi intervalli di tempo: si pensi ad esempio a titoli obbligazionari dei mercati emergenti o ad attività del settore immobiliare, a posizioni di controllo in società quotate, asset backed securities o derivati finanziari esotici quotati over the counter . Nei casi in cui le attività finanziarie non siano trattate in via continuativa sul mercato, i gestori debbono operare delle stime al fine di determinare il valore di mercato di titoli illiquidi. Un metodo spesso utilizzato per la valutazione è quello dell’interpolazione lineare, partendo dai prezzi a cui sono avvenute le transazioni più recenti, che in alcuni casi può anche significare periodi superiori al mese. Il risultato è un valore che nel tempo segue un andamento simile ad una linea retta. Anche se il gestore di HF non utilizza metodi di estrapolazione lineare per effettuare il mark to market degli strumenti in portafoglio, l’approssimazione lineare si ripropone comunque nel caso in cui venga utilizzato un prezzo medio tra le varie quotazioni denaro e lettera proposte da diversi market maker. Nella pratica, infatti, sono gli stessi broker che, nel determinare i vari prezzi denaro e lettera per una determinata attività finanziaria, sono costretti a loro volta ad utilizzare metodi di interpolazione lineare, a causa degli scarsi volumi delle transazioni e dei lassi temporali, spesso ampi, trascorsi tra gli scambi. Il risultato definitivo di questo processo è quello di produrre valorizzazioni di portafoglio che presentano scostamenti non particolarmente ampi nel corso del tempo: i rendimenti che ne conseguono, cioè, hanno una volatilità inferiore e, quindi, una correlazione seriale maggiore rispetto ai rendimenti di attività per le quali è possibile invece effettuare un mark to market frequente ai prezzi di mercato, in cui le informazioni vengono inglobate nelle quotazioni in maniera più efficiente. La correlazione seriale dei rendimenti è, quindi, la dimostrazione dell’esposizione o meno da parte di HF a strumenti illiquidi e di difficile valorizzazione. La tabella 4 mostra, nell’ultima colonna, la correlazione seriale (calcolata sul database TASS nel periodo 1977 - 2004) per gli HF appartenenti alle diverse categorie (Chan et al., 2006). Come si nota, la correlazione seriale media risulta particolarmente elevata per sei tipologie di HF: Convertible Arbitrage (31,4%), Fondi di fondi (19,6%), Event Driven (18,4%), Emerging Markets (16,5%), Fixed-Income Arbitrage (16,2%) e Multistrategy (14,7%). 51 Dal punto di vista teorico, infatti, su mercati perfettamente efficienti i rendimenti delle attività risultano serialmente incorrelati (ρk = 0 per ogni k 6= 0). Per un approfondimento si veda, Samuelson, 1965, pp. 41-49. 47 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Date le definizioni e le caratteristiche di queste strategie, che includono nei propri portafogli alcuni degli strumenti finanziari più illiquidi, la correlazione seriale che emerge può essere la dimostrazione del rischio di illiquidità a cui il settore degli HF è esposto52 . Tabella 4: Media e deviazione standard di alcune variabili statistiche (19772004) Categoria Convertible arbitrage Dedicated short-seller Emerging markets Equity market neutral Event driven Fixed-income arbitrage Global macro Long/short equity Managed futures Multistrategy Fund of funds 5 Ampiezza campione Media Dev. standard annualizzata(%) annualizzata Media Dev. Media Dev. stand. stand. 176 9,94 6,08 6,24 4,89 29 1,08 10,11 26,36 15,28 263 10,16 23,18 24,48 17,07 260 6,94 15,94 8,96 9,21 384 11,31 11,57 9,52 9,40 175 7,76 9,45 8,10 7,76 232 7,18 22,04 17,21 15,61 1.415 11,79 16,33 18,02 13,25 511 6,23 21,59 20,22 17,07 139 10,49 19,92 11,74 15,00 952 6,22 7,17 8,26 7,75 Fonte: Chan et al., 2006, p. 57 ρ1 (%) Media 31,4 5,9 16,5 5,1 18,4 16,2 2,3 9,5 -0,6 14,7 19,6 Dev. stand. 19,5 12,2 16,2 21,9 21,0 22,9 19,3 18,8 17,4 20,9 20,0 L’evoluzione dell’industria: rischi ed opportunità della regolamentazione Nonostante gli studi appena analizzati depongano per l’evidenza di un aumento del rischio sistemico da parte degli HF, la carenza di trasparenza dell’industria non permette di pervenire a conclusioni certe ed univoche. La mancanza di dati precisi sul totale delle attività gestite, sulla dimensione della leva finanziaria utilizzata, sulle relazioni nei confronti delle controparti e sugli strumenti inclusi nei portafogli non consente di ottenere un quadro definitivo del fenomeno e delle sue implicazioni, soprattutto con riferimento alle esigenze delle autorità preposte alla vigilanza dei mercati (Lo, 2008). 52 E, come tale, può indicare situazioni in cui l’industria può essere maggiormente vittima di fenomeni di contagio e di crisi sistemiche. 48 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Non sono disponibili, inoltre, affidabili indicatori di sintesi, in grado di misurare le situazioni di stress dell’industria, con particolare riferimento ai rischi, appena esaminati, di illiquidità e di contagio. A fronte del crescente peso sui mercati finanziari53 , è rimasta dunque inalterata la sostanziale opacità che connota gli HF (SEC, 2003) e che limita la possibilità di azione, soprattutto preventiva, degli organismi di controllo. Le autorità di vigilanza hanno spesso accesso solo ad informazioni indirette sugli HF e sulla loro attività di gestione54 . Non possono essere valutati e monitorati i gestori e l’impatto delle loro strategie di investimento sui mercati finanziari. Inoltre, l’assenza di obblighi di trasparenza verso la clientela accentua il rischio concreto di asimmetrie informative e di assunzione di decisioni di investimento in condizioni non ottimali da parte di un numero crescente di soggetti, non più e solo rientranti nella categoria dei qualified purchaser. Ciò anche per effetto sia dell’abbassamento progressivo del livello minimo di investimento richiesto all’ingresso55 , sia per il ricorso sempre più frequente ad internet quale veicolo per la pubblicizzazione ed il collocamento di HF. Il web tende ad assottigliare il confine tra offerta privata, che ha tradizionalmente connotato il collocamento degli HF, e sollecitazione del pubblico risparmio. La mancanza di obblighi di disclosure, inoltre, fa si che non possano essere fronteggiate adeguatamente, né tanto meno prevenute, situazioni di frode e condotta non professionale. Anomalie nell’attività di investimento tendono 53 La SEC riporta che gli asset gestiti da HF sono cresciuti da 50 mld USD nel 1993 a 592 mld USD nel 2003 (+ 1.084%). Parallelamente, dal dicembre 1992 al dicembre 2002, il numero dei portafogli dei fondi comuni è cresciuto del 116% (da 3.824 a 8.256) con una crescita degli asset gestiti del 289% (da 1.600 mld USD a 6.400 mld USD). Nello stesso periodo, gli asset delle compagnie di assicurazione sono cresciuti del 110% (da 1.600 mld USD a 3.300 mld USD), quelli delle banche commerciali del 100% (da 3.500 mld USD a 7.000 mld USD), mentre i depositi delle banche commerciali del 79% (da 2.500 mld USD a 4.500 mld USD). SEC, 2003, nota 4. 54 Le preoccupazioni per il ruolo rilevante assunto dagli HF nei mercati finanziari erano presenti negli organi di controllo USA da tempo. Si consideri il seguente, significativo, passaggio nella relazione annuale della SEC del 1969: “because hedge funds are so strongly performance-oriented, they may have a greater impact on the securities markets than their asset size would indicate”). Cfr. U.S. Securities and Exchange Commission, 1969, 35th Annual Report, p. 18. 55 Usualmente, l’investimento minimo richiesto dagli HF varia tra 50.000 USD -10 milioni USD, ma questa soglia tende ad essere progressivamente abbassata dai fondi. Cfr. SEC, 2003, p. 80. 49 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata ad emergere solo dopo che perdite consistenti si sono generate ed a fronte spesso di denunce di terzi, investitori o fornitori di servizi. Altro aspetto problematico riguarda, come già visto, le modalità di valutazione degli asset detenuti dagli HF, a fronte dell’ampia discrezionalità nei criteri adottati e dell’assenza di obblighi di revisione e certificazione da parte di organismi indipendenti. Il rischio di inadeguata ed inattendibile valutazione si riflette anche sui fondi di fondi hedge, sempre più popolari e diffusi tra gli investitori, il cui valore deriva direttamente dagli HF sottostanti. Tutti gli aspetti critici appena descritti sono accentuati dal ricorso crescente di investimenti in HF ed in fondi di HF da parte dei fondi pensione: l’impossibilità di tutelare adeguatamente questi veicoli del risparmio previdenziale, che hanno tipicamente una valenza sociale, rende ancora più urgente, secondo molti, la definizione di regole di condotta e trasparenza. Osservando i movimenti dei mercati ed il comportamento degli operatori nelle varie situazioni di crisi, da più parti si ribadisce l’importanza di favorire innanzitutto un cambiamento sostanziale nelle relazioni tra gli HF e le istituzioni finanziarie - banche e società di investimento in primis - che con essi interagiscono (PWG, 2008 d). In particolare, si tratterebbe di introdurre norme volte sia ad alimentare la trasparenza nelle relazioni tra questi soggetti, sia ad intensificare quantitativamente e qualitativamente i flussi informativi tra essi. Una maggiore e più intensa informazione dovrebbe, infatti, garantire reazioni non indotte dal panico, in condizioni di incertezza e tumulto dei mercati. Dall’altro lato, però, si riconosce l’importante opera che gli HF attuano sui mercati in termini di miglioramento dell’efficienza - sfruttando situazioni di mispricing - e della liquidità - impiegando la leva per realizzare trading su asset illiquidi. Per questo, altri propongono di introdurre una regolamentazione “parziale” del settore, che coinvolga esclusivamente i fondi di maggiori dimensioni (Halstead, Hegde, Klein, 2005). Si sottolinea l’importanza di prevedere a livello internazionale e coordinato requisiti minimi di capitale per gli HF più grandi, ossia quelli che potrebbero in caso di crisi di liquidità e rischio di fallimento porre in difficoltà, a cascata, gli intermediari finanziari direttamente o indirettamente partner delle loro attività di investimento e gestione. La presenza di una differenziazione nella regolamentazione, più o meno restrittiva a seconda della dimensione del fondo, dovrebbe attenuare i rischi di instabilità finanziaria connessi a shock che dovessero colpire i fondi principali. 50 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tutt’altro approccio è seguito da chi, osservando soprattutto gli eventi del 2007-2008, tende a sottolineare che la regolamentazione non è l’approccio vincente per la protezione degli investitori e per la risoluzione delle asimmetrie informative presenti sui mercati (Amenc, 2007). Essendo la crisi frutto prevalentemente di operatori sottoposti a forte regolamentazione, come le banche, si dimostrerebbe come il tentativo di normare il comportamento degli HF non porterebbe a benefici concreti per il sistema finanziario. Ciò soprattutto se per regolamentazione si intende l’introduzione di classificazioni/tipizzazioni di operatori e strumenti, l’obbligo di implementazione di standard minimi di risk management, piuttosto che il rilascio di autorizzazioni all’investimento in particolari strumenti finanziari (come derivati su credito, derivati su materie prime, investimenti alternativi ecc.). L’approccio suggerito è quello di introdurre requisiti minimi di informazione sui fattori di rischio a cui gli HF sono esposti, in modo da facilitare l’analisi del rischio stesso e le valutazioni realizzate dalle agenzie di rating e dagli investitori (Amenc, 2007). Proteggere gli investitori attraverso divieti e vincoli sarebbe infruttifero e tenderebbe piuttosto ad accentuare le situazioni di adverse selection e moral hazard, soprattutto considerando che non si avrebbero i mezzi per imporre il rispetto dei limiti introdotti o per verificarne sistematicamente l’efficacia (Amenc, 2007). In linea con questa visione più liberale, vi sono coloro che tendono a spingere l’industria degli HF a riformarsi dall’interno, attraverso codici di autoregolamentazione o altre attività in grado di contribuire all’integrità ed alla stabilità del sistema finanziario (Sants, 2008, p. 2). Lasciare libero il mercato di dettare una propria disciplina a cui i singoli operatori dovrebbero aderire rappresenterebbe la soluzione più efficace. Il tutto nella convinzione che il mercato tenderebbe comunque a premiare i fondi più trasparenti e dalla gestione ispirata a best practice individuate dall’industria stessa. A fronte delle diverse posizioni che stanno emergendo nella comunità finanziaria, numerose sono le iniziative e le proposte in tema di regolamentazione o riforma del settore. Di seguito ci si sofferma sulle più significative. Una prima serie di raccomandazioni rilevati sono quelle formulate dal Financial Stability Forum (FSF)56 , che già dal 2000 ha intensificato la propria 56 Il Financial Stability Forum (FSF) accoglie rappresentanti delle autorità finanziarie nazionali (tra cui banche centrali, autorità di vigilanza, ministeri del tesoro), delle istituzioni finanziarie internazionali, delle agenzie e degli enti di regolamentazione e controllo, degli esperti delle banche centrali. L’organismo è stato avviato, alla fine degli anni ’90, 51 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata attività in relazione agli HF. Le indicazioni del forum sono principalmente volte a supportare l’azione dei vari enti pubblici e privati che, a vario titolo, stanno affrontando il tema della protezione contro i rischi finanziari sistemici cui possono contribuire gli HF57 . In particolare, secondo il FSF, le autorità di controllo dovrebbero (FSF, 2008 a e b): • agire in modo che gli intermediari finanziari principali continuino a rafforzare le loro pratiche di risk management nei confronti delle proprie controparti; • cooperare con gli intermediari principali per migliorare ulteriormente la loro affidabilità, a fronte della potenziale erosione della liquidità dei mercati; • valutare e riflettere se la produzione di informazioni più sistematiche ed accurate sull’esposizione complessiva degli intermediari, quali controparti di HF, possa rappresentare uno strumento efficace a supporto degli attuali sforzi di controllo e supervisione. Inoltre, le controparti di HF e gli investitori dovrebbero operare per rafforzare l’efficacia della market discipline, anche attraverso la richiesta di informazioni sui rischi e di valutazioni accurate e tempestive. Infine, l’industria degli HF dovrebbe rivedere e migliorare le consuetudini esistenti, che rappresentano i riferimenti per lo svolgimento di una corretta attività da parte dei gestori di fondi, soprattutto alla luce delle maggiori aspettative degli organismi di supervisione e controllo e degli investitori privati. Tra le altre iniziative avviate in ambito internazionale, vi è quella dell’associazione internazionale delle autorità di vigilanza e regolamentazione su iniziativa dei ministri delle finanze e dei governatori delle banche centrali dei paesi del G7. Per approfondimenti sulla storia, sul ruolo e sulle iniziative del FSF si rinvia al sito www.fsforum.org. 57 L’attività del FSF con riferimento alle turbolenze recenti dei mercati finanziari è sintetizzata in due report dell’aprile e dell’ottobre 2008 (FSF, 2008 a; FSF, 2008 b). Il primo documento individua cinque aree di intervento critiche su cui agire per affrontare i problemi connessi ai rischi finanziari sistemici: rafforzare capitale, liquidità e pratiche di risk management nel sistema finanziario; migliorare la trasparenza e le tecniche di valutazione; cambiare il ruolo e l’utilizzo dei credit rating; rafforzare la capacità di risposta ai rischi da parte delle autorità di vigilanza; raggiungere accordi affidabili per affrontare le situazioni di stress del sistema finanziario. Il secondo documento auspica ulteriori misure per rafforzare gli standard ed i vincoli capitale e liquidità degli intermediari bancari, gli standard di risk management delle istituzioni finanziarie, le pratiche di valutazione e gli standard contabili (FSF, 2008 b). 52 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata (International Organization of Securities Commissions - IOSCO), che ha individuato tre task force per affrontare alcune tematiche di particolare attualità nell’ambito della situazione di crisi dei mercati finanziari. Vendite allo scoperto, prodotti over the counter ed HF sono i tre temi a cui le tre commissioni sono chiamate a lavorare. La task force sugli HF58 si occupa dell’analisi dei rischi potenziali connessi all’attività di trading ed alla tipica opacità di questi operatori, in modo da valutare se proporre forme di regolamentazione specifica oppure, come accaduto in altri ambiti in passato, limitarsi a formulare e/o auspicare codici di comportamento a cui sollecitare la libera adesione da parte degli operatori (IOSCO, media release 25.11.2008). Con riferimento specifico al contesto statunitense59 è significativa l’attività del President’s Working Group (PWG) o Working Group on Financial Markets 60 . Scopo del PWG è quello di formulare raccomandazioni per iniziative legislative o per soluzioni da intraprendere nel settore privato, in modo da migliorare l’integrità, l’efficienza, l’ordine e la competitività di mercati finanziari, preservando la fiducia degli investitori. Nel settembre 2007, a fronte dei tumulti dei mercati e del coinvolgimento crescente degli HF nel sistema finanziario, il PGW ha nominato due commissioni, la Investor Committee (IC) e la Asset Managers’s Committee (AMC), per individuare un set di best practice destinate ad investitori e gestori di HF. Alle commissioni partecipano, oltre a rappresentanti dell’industria degli HF e degli investitori istituzionali 58 La task force sugli HF è presieduta dalla Consob italiana e dalla FSA britannica. Ha fatto molta eco nella comunità finanziaria l’audizione a cui negli USA sono stati coinvolti, il 13 novembre 2008, cinque dei principali gestori di HF. James Simons, Phillip Falcone, Keneth Griffin, John Paulson, George Soros sono stati convocati dalla Commissione di controllo della Camera, organo investigativo del Parlamento americano, guidato dal deputato Henry Waxman. Oggetto dell’incontro è stato il ruolo degli HF nella crisi dei mercati finanziari e negli eclatanti fallimenti di American International Group Inc. e Lehman Brothers Holding Inc., nonché altri aspetti chiave collegati alla regolamentazione ed alla tassazione di questi operatori (Cfr. Valsania, 2008). 60 Il PWG è stato creato nel marzo del 1998, sotto il governo del Presidente Ronald Regan, per fronteggiare l’emergenza dei tumulti dei mercati finanziari collegati al crollo della borsa americana del 19 ottobre 1987 (c.d. venerdı̀ nero). Membri del PWG erano inizialmente il Segretario del Tesoro, oltre che i presidenti della Federal Reserve System, della Securities and Exchange Commission, della Commodity Futures Trading Commission. Scopo primario del PWG era quello di migliorare l’integrità, l’efficienza, l’ordine e la competitività dei mercati finanziari americani, preservando la fiducia degli investitori. Per approfondimenti sulle attività del PWG si rinvia al sito http://www.treas.gov/topics/financialmarkets. Sulle ultime iniziative intraprese si vedano: PWG, 2008 c; PWG, 2008, d. 59 53 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata principali operanti sui mercati, anche i vertici del US Treasury Department, della Federal Reserve, della Securities and Exchange Commission e della Commodity Futures Trading Commission. Il lavoro delle due commissioni ha prodotto due documenti in cui sono sintetizzate le raccomandazioni e le best practice per gli operatori (PWG, 2008 a e b). In particolare, le pratiche di buona condotta individuate per gli asset manager coinvolgono aspetti chiave nell’operato degli HF come la trasparenza, la valutazione e la gestione dei rischi, l’attività operativa, il sistema di controllo interno, i conflitti di interesse. La tabella 5 sintetizza gli aspetti chiave suggeriti dalla AMC. Le best practices individuate dalla IC per gli investitori si articolano in Fiduciary’s Guide ed in Investor’s Guide. La prima prevede raccomandazioni per coloro che hanno responsabilità di valutazione dell’appropriatezza/opportunità di inserire o continuare a mantenere un HF in un portafoglio di investimento più ampio, offerto a qualificati investitori o istituzioni. La seconda guida, invece, offre raccomandazioni a coloro che realizzano ed amministrano progetti collegati ad HF dopo che questi ultimi sono stati inclusi in un portafoglio di investimento. La tabella 6 sintetizza gli elementi chiave delle soluzioni individuate dalla IC. Con riferimento al contesto britannico, si segnala l’iniziativa dell’Hedge Fund Working Group (HFWG), un gruppo di lavoro costituito nell’ottobre 2007 da parte di 14 importanti manager di HF. Dopo aver realizzato un documento di proposta di 15 best practice sulle aree della governance, della valutazione, del risk management, della trasparenza e dell’attivismo degli HF, l’HFWG ha pubblicato un codice di autodisciplina del settore. Nel documento sono sia raccomandati standard che costituiscono pratiche di eccellenza, sia identificate le procedure per l’aggiornamento costante di tali pratiche a fronte dei cambiamenti costanti del sistema finanziario e dell’innovazione che in esso si riscontra, sia delineate le modalità di adesione annuale e dinamica agli standard stessi da parte dei manager di HF (tabella 7)61 . Per monitorare il rispetto del codice da parte degli HF aderenti, è stato costituita l’Hedge Fund Standards Board Ltd (HFSB)62 . Garante e custode degli standard, l’HFSB 61 Al report, pubblicato a gennaio 2008, hanno collaborato investitori istituzionali, fund manager, prime broker, agenzie di rating, enti deputati alla vigilanza, esperti legali e contabili, associazioni di categoria. 62 Per approfondimenti sulla composizione dei membri, oltre che sulle attività dell’HFSB 54 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 5: Best practice per gli asset manager : aspetti chiave I. Richieste agli HF in termini di approccio da seguire per migliorare e rafforzare le pratiche di business: - trasparenza. Ampie misure di trasparenza ed informazione, per offrire agli investitori tutti gli elementi per decidere consapevolmente l’ingresso o l’uscita da un HF, oltre che per monitorare l’andamento degli investimenti realizzati; - valutazione. Procedure affidabili di valutazione che prevedano l’individuazione delle responsabilità, attraverso regole scritte (codici di regolamento), attività di supervisione e altre misure per la valutazione degli asset, con specifica attenzione agli strumenti finanziari di difficile valorizzazione; - risk management. Azioni complete di risk management che enfatizzino la misurazione, il monitoraggio e la gestione dei rischi, compresa l’attività di analisi dei portafogli sotto ipotesi di stress dei mercati (c.d. stress testing) per la gestione del rischio di mercato e di liquidità; - attività di trading di gestione. Operatività ed infrastrutture (informatiche) aggiornate e monitorate, supportate da adeguate risorse, controlli e bilanciamento nelle operazioni e nei sistemi, al fine di permettere al gestore di raggiungere i più elevati standard disponibili nel settore in tutte le varie aree di attività; - controllo interno, conflitti, business practices. Specifiche norme e pratiche, come quelle legate ai codici etici e di comportamento, per affrontare il problema dei conflitti di interesse e promuovere un innalzamento degli standard di professionalità e la cultura del rispetto delle regole. II. Raccomandazioni sull’adozione di misure di protezione innovative ed avanzate che eccedano le attuali prassi. Si fa riferimento in particolare a: - comunicazioni relative ad attività di difficile valorizzazione. Per la valutazione di prodotti finanziari di difficile valorizzazione, vanno introdotti nuovi standard contabili che impongano alle istituzioni finanziarie di distinguere le poste dell’attivo su tre livelli, in base alla diversa difficoltà di analisi. Agli HF sarà richiesto sia di implementare tali nuovi standard sia di andare oltre gli stessi dichiarando, su base trimestrale, la percentuale del portafoglio investita in tali attività e i profitti (o le perdite) attribuibili agli attivi compresi in ognuno dei tre livelli; - pubblicità completa agli investitori basata sul modello delle società quotate. Si prevede l’utilizzo dei principi di comunicazione delle società quotate anche per gli HF. Questi ultimi dovranno: fornire agli investitori una relazione completa sulla propria performance, includendo una discussione “qualitativa” della stessa, oltre che relazioni annuali e trimestrali; fornire in maniera puntuale e tempestiva dichiarazioni relative ad eventi rilevanti; produrre bilanci che rispondano agli standard di contabilità statunitensi (GAAP) e che siano sottoposti all’analisi di revisori contabili indipendenti, al fine di permettere agli investitori di ottenere informazioni finanziarie accurate e certificate da un soggetto indipendente; - separazione dei compiti per minimizzare i conflitti di interessi. Gli HF dovranno adottare un sistema di controlli e bilanciamento in cui le funzioni chiave siano separate, in modo da minimizzare i conflitti di interesse. Ciò richiede di sviluppare nuove pratiche volte: a) individuare i possibili conflitti di interesse, anche attraverso la nomina di una Commissione sui Conflitti interna ad ogni fondo, per mappare ed affrontare ex ante e risolvere ex post possibili situazioni critiche; b) separare le funzioni tra personale coinvolto nella gestione del portafoglio e personale con responsabilità di valutazione del processo di investimento; - valutazione del rischio di controparte. Riconoscendo i soggetti numerosi che si interfacciano con gli HF nelle varie attività di gestione ed investimento, si raccomanda ai manager di valutare l’affidabilità delle controparti stesse e comprendere correttamente ed in pieno le complesse relazioni legali che con esse possono sorgere. Fonte: PWG, 2008 a 55 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 6: Best practice per gli investitori: aspetti chiave I. Linee guida e pratiche standard per i soggetti che svolgono attività di consulenza finanziaria ed operano per conto di investitori qualificati o istituzionali. - Investimento in un HF. Si individuano le questioni principali che dovrebbero essere affrontare per decidere se un HF è appropriato quale strumento di investimento da inserire in un portafoglio più ampio. - Politica di investimento dell’HF. I soggetti che svolgono attività di consulenza finanziaria dovrebbero esplicitare nelle loro politiche di investimento gli aspetti chiave e gli obiettivi dei programmi di investimento in HF. - Processo di analisi approfondita della posizione del cliente. Il report definisce uno schema di analisi al fine di comprendere e valutare l’appropriatezza degli investimenti in HF per il cliente. - Conclusioni. Prima di avviare un investimento in un HF, i soggetti che svolgono attività di consulenza finanziaria dovrebbero assicurarsi che l’inclusione di questo strumento migliori il profilo di rischio e rendimento del portafoglio e si accresca la probabilità di raggiungere gli obiettivi dell’investitore. II. Best practices raccomandate per gli investitori. - Processo di due diligence. Un’appropriata procedura di due diligence richiede di essere definita in modo specifico sulla base delle circostanze e degli obiettivi di ogni investitore, oltre che dei connotati particolari di rischio e rendimento di ciascun investimento in HF. - Attività di analisi complessiva del rischio dell’investitore. Il report propone best practices per definire le modalità di valutazione del rischio da parte dell’investitore oltre che per delineare il sistema di risk management del gestore. - Analisi degli aspetti legali e regolamentari. Si propongono best practices legate alla struttura dell’investimento (individuazione della sede, valutazione dei termini legali, previsione degli obblighi a cui sono chiamati i gestori nel rapporto di fiducia sottostante, individuazione degli enti preposti al controllo regolamentare, comprensione dei diritti degli investitori). - Valutazione. Una piena comprensione delle modalità di valutazione è ritenuta la chiave per decider se realizzare o meno l’investimento in HF, oltre che per comprendere in modo appropriato i rendimenti generati nel corso del tempo. - Commissioni e spese. Ogni investitore dovrebbe sviluppare un proprio sistema per valutare correttamente l’adeguatezza delle commissioni e spese per tutti i servizi di gestione utilizzati, in relazione ai rendimenti perseguiti ed ai rischi generati da ogni strategia di investimento. - Reporting. Il reporting è un aspetto chiave per l’investitore, soprattutto per la valutazione appropriata dell’esposizione al rischio. Gli investitori dovrebbero richiedere un set informativo minimo per assumere in modo consapevole le proprie decisioni di investimento. - Tassazione. Si esplicita l’informativa che l’HF dovrebbe offrire per comprendere tutti gli aspetti della tassazione che possono impattare sul rendimento generato. Fonte: PWG, 2008 b 56 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata ha la responsabilità di curarne la costante revisione. Essa mantiene inoltre i contatti con le autorità di vigilanza e gli interlocutori principali del settore HF ed assicura il confronto con gli altri enti di autoregolamentazione attivi a livello internazionale, PWG in primis. Le iniziative intraprese dall’HFWG sono state riprese, sempre in Gran Bretagna, dall’Alternative Investment Management Association (AIMA)63 . L’associazione ha sviluppato diverse linee guida volte ad autoregolamentare l’industria e a migliorare le pratiche legate al processo di valutazione delle attività degli HF. Un focus particolare è stato posto alla presenza di amministratori indipendenti, all’utilizzo di fonti informative diverse per la valorizzazione degli strumenti finanziari, nonché alla gestione ed al controllo delle diverse fasi della valutazione stessa64 . La tabella 8 riporta i principi guida recentemente emanati dall’associazione (AIMA, 2007 a). 6 Considerazioni conclusive Gli HF vengono da più parti indicati come responsabili delle situazioni di crisi dei mercati finanziari. Nonostante numerosi studi ne dimostrino gli effetti positivi innescati sul mercato in termini di miglioramento dell’efficienza, della liquidità e dell’innovazione, gli HF sono considerati capaci di influenzare i mercati azionari, obbligazionari, dei cambi e dei beni, ampliando sempre si rinvia al sito http://www.hfsb.org. 63 L’AIMA è un’associazione internazionale che raggruppa, attualmente, circa 1300 rappresentanti del mondo degli HF (gestori, prime broker, professionisti che offrono servizi di consulenza all’industria), diffusi su 47 paesi. Per ulteriori informazioni sull’associazione, si veda il sito internet www.aima.org. 64 AIMA ha avviato numerose iniziative collegate all’attività degli HF ed alle vicende delle crisi dei mercati finanziari. Tra le varie iniziative, si segnala l’introduzione, dal luglio 2007, di un Comitato Guida per gli Investitori, al fine di offrire ai clienti degli HF un orientamento, sia pratico sia strategico, sulle attività dell’industria, soprattutto con riguardo ai cambiamenti regolamentari. Lo scopo del Comitato Guida è quello di suggerire temi di discussione con il Financial Stability Forum oltre che migliorare la qualità e la quantità di informazioni garantite al pubblico dall’industria. Per approfondimenti sull’attività svolta dal Comitato Guida per gli Investitori (“Investor Steering Committee”) si rinvia al sito internet www.aima.org. L’associazione ha anche pubblicato diverse guide relative alla creazione e gestione di HF, i processi di investimento ed i controlli operativi nonché suggerimenti per l’implementazione delle varie fasi e strutture di gestione. Si vedano, ad esempio, AIMA, 2007 b e AIMA, 2004. 57 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 7: Aspetti affrontati dall’HFWG Aree critiche 1.Disclosure Politica di investimento Politica commerciale Misurazione performance Verso i prestatori di fondi 2.Valutazione Separazione dei compiti (separation of duties) Asset liquidi 3.Risk management Approccio nella gestione del rischio Rischi di portafoglio Rischi operativi Servizi in outsourcing 4.Governance del fondo 5.Comportamento in qualità di azionisti Market abuse Temi affrontati negli standard di best practice Adeguatezza del dettaglio informativo offerto in relazione a: - politiche di investimento e relativi rischi - condizioni commerciali applicate a fronte dell’investimento nell’HF - affidabilità dei processi di calcolo delle performance dell’HF - elementi utili ai prestatori di fondi per una corretta stima del rischio Azioni intraprese per: - mitigare i potenziali conflitti di interesse ed offrire informazioni garantite agli investitori circa il processo di valutazione - affrontare in modo adeguato gli aspetti collegati al processo di valutazione (compresi i derivati complessi) nei casi in cui non siano disponibili dati affidabili di mercato Adeguatezza: - delle spiegazioni offerte sull’approccio seguito in termini di risk management, nonché del framework relativo adottato - del monitoraggio dei rischi di portafoglio, in modo da assicurare allineamento costante al profilo di rischio e rendimento dichiarati alla clientela - delle modalità di gestione dei rischi operativi, collegati a lacune dei processi e dei sistemi interni o ad improprie condotte sui mercati - della selezione e del monitoraggio dei soggetti terzi coinvolti nelle attività svolte in outsourcing Adeguatezza dei meccanismi e delle soluzioni per fronteggiare potenziali conflitti di interesse, in particolare rispetto agli investitori: Verifica: - della rispondenza alle leggi ed alle regolamentazioni in tema di market abuse Esercizio del diritto di - che il diritto di voto, esercitato in delega, sia attuato nell’interesse degli voto investitori Trasparenza sulle posizio- - dell’utilizzo eventuale di derivati per aggirare gli obblighi di informativa ni in derivati e trasparenza al pubblico, dovuti in caso di acquisto diretto di azioni in società. Prestito di azioni - dell’appropriatezza del prestito di azioni da parte di HF per votare in società in cui non si è “economicamente” esposti/coinvolti. Fonte: rielaborazione propria da HFWG, 2008, p. 106. 58 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Tabella 8: Principi guida proposti da AIMA per la corretta valutazione degli HF Tematica Regole interne Trasparenza Procedure, processi e sistemi Fonti, modelli e metodologie Principi consigliati - Predisposizione di un documento dettagliato relativo ai criteri da seguire nella valutazione degli strumenti finanziari, approvato dai legali rappresentanti dell’HF. - Nomina di un fornitore di servizi di valutazione indipendente e competente, al fine di evitare conflitti di interesse nel processo di valutazione delle attività finanziarie - Implementazione di effettivi controlli per evitare conflitti di interesse, soprattutto se il gestore degli investimenti è responsabile direttamente del processo di valorizzazione e/o di controllo dell’HF. - Gli investitori hanno il diritto di ottenere una completa informazione riguardo il ruolo svolto dai gestori degli investimenti nel calcolo del valore del fondo. - I soggetti responsabili del controllo del processo di valutazione del fondo dovrebbero essere indipendenti rispetto ai soggetti deputati a formulare le scelte di investimento del fondo. - Le procedure implementate devono avere la caratteristica di essere facilmente implementabili nella pratica, con continuità, da parte del fornitore del servizio di valutazione - Quando possibile, è consigliato l’utilizzo di diverse fonti di prezzi per valutare ogni posizione nel portafoglio del fondo. L’utilizzo di quotazioni ottenute da broker o di valori calcolati attraverso modelli quantitativi per la valutazione degli investimenti deve essere sufficientemente testato e controllato. - Ogni decisione di includere posizioni illiquide o di difficile valorizzazione in un conto side pocket deve essere attentamente valutato dai legali rappresentanti del fondo, che devono assicurare che il processo sia applicato in maniera corretta e prontamente pubblicizzato. Fonte: AIMA, 2007 a, pp. 3 - 11 più la propria sfera di influenza ad ambiti specifici dei mercati finanziari e persino a quelli dei beni reali. Date le loro caratteristiche, si ritiene possano sia generare shock nei mercati sia inasprire gli effetti di situazioni di tensione connesse all’attività di altri operatori finanziari (Carlson, Steinman, 2008). Una sequenza di eventi negativi può innescarsi da perdite su posizioni assunte in leverage, che si ripercuotono in condizioni di ridotta liquidità, accentuate in mercati in condizioni di stress. Se non controbilanciate da adeguate risor59 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata se finanziarie, le posizioni in leverage possono indurre all’inadempienza dei fondi verso altre istituzioni finanziarie, oltre che a pressioni forti sui prezzi di mercato. L’effetto di contagio e propagazione dipende dalla dimensione del fondo – o del cluster di fondi - in crisi e dalla relativa posizione in specifici mercati (Garbaravicius, Dierik, 2005, p. 27), come anche dal comportamento degli altri operatori, principalmente grandi istituzioni bancarie e società di gestione, che avessero assunto posizioni simili (Halstead, Hegde, Schmid Klein, 2005). Agli aspetti appena richiamati, che si collegano alle strategie tipiche degli HF, vanno poi aggiunti i numerosi aspetti della loro organizzazione da cui scaturiscono posizioni di possibili conflitti di interessi, esasperati dal mancato obbligo di disclosure verso gli iscritti. Diverse sono le condizioni di gestione e le caratteristiche degli HF da cui emergono problemi di agenzia e che sollevano preoccupazioni crescenti, nella comunità finanziaria e nelle autorità di vigilanza. A fronte di questi aspetti negativi, dall’analisi dei primi dati disponibili sul recente periodo di turbolenza del sistema finanziario emerge come gli HF abbiano attraversato una situazione fortemente critica che ancora non ha concluso tutti i suoi effetti. L’evoluzione dell’industria appare incerta: molti HF, soprattutto quelli specializzati in operazioni a leva sul mercato del credito (BCE, 2008, pp. 54-55), oltre ai problemi legati alle richieste di disinvestimento dei sottoscrittori, hanno dovuto fronteggiare una elevata volatilità degli investimenti, condizioni di razionamento del credito, oltre che il fallimento di importanti enti controparti. In raffronto a situazioni precedenti di crisi, come quella ad esempio connessa al fallimento del LTCM, la situazione corrente appare diversa, sotto molteplici aspetti (Garbaravicius, Dierick, 2005, p. 56). Da un lato, si nota un ricorso meno netto degli HF al leverage, rispetto al passato, per cui la loro rischiosità sarebbe mitigata. Inoltre, la presenza di un numero crescete di fondi hedge sembra aver indotto ad una minore concentrazione delle masse gestite, con una conseguente riduzione del rischio che le azioni intraprese da uno o pochi di essi abbiano effetti devastanti sul sistema finanziario. Dall’altro lato, però, a fronte delle minori opportunità di conseguire ritorni elevati sulle attività di investimento, alcuni operatori vanno assumendo posizioni maggiormente rischiose per raggiungere i propri obiettivi di rendimento, con l’effetto di aumentare volatilità e instabilità del mercato nel suo 60 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata complesso. Inoltre, la presenza di un numero più elevato di HF rispetto al passato sta contribuendo a generare la tendenza all’assunzione di medesime posizioni/strategie di investimento (crowded trades) da parte degli operatori. Ciò può contribuire ad accentuare situazioni di tensione per shock o turbolenze improvvise (Fabozzi et al., 2008, pp. 16-18) visto l’effetto imitativo nelle strategie perseguite. Recenti indagini sul grado di correlazione all’interno dell’industria e su situazioni di illiquidità rivelano come gli HF abbiano avuto un ruolo importante, sebbene non determinate, anche nella crisi finanziaria attuale (Khandani, Lo, 2007; Boyson et al., 2008). La presenza di eccessiva concentrazione di rischio e di portafogli con posizioni fortemente illiquide potrebbe avere amplificato gli effetti di condizioni di tensione già presenti sui mercati. Anche dal lato della domanda, vi sono tendenze che preoccupano la comunità finanziaria. Si fa riferimento al ricorso frequente a questi veicoli di investimento da parte di investitori istituzionali come i fondi pensione, oltre che al collocamento crescente via web ed all’accesso ad essi da parte di soggetti che si qualificano sempre meno come sophisticated investors. L’insieme di questi fattori ha fatto ulteriormente accendere il dibattito politico ed economico sull’opportunità di introdurre misure specifiche di regolamentazione dell’industria. Tra le sfide principali che coinvolgono le autorità pubbliche vi è sicuramente quella di aumentare la conoscenza dell’impatto degli HF sul sistema finanziario, via intermediari creditizi e mercati finanziari. A tal fine, la disponibilità di migliori e più consistenti flussi informativi rappresenta una condizione necessaria. A fronte dell’incertezza sulla opportunità/necessità di intervenire attraverso una regolamentazione a tutela degli investitori, considerando le ridotte masse gestite dagli HF e la presenza ancora predominante di clientela “sofisticata”, le soluzioni che sembrano prevalere sono due. Da un lato, si ritiene fondamentale aumentare la pressione sull’industria affinché vengano, volontariamente, adottate migliori prassi informative e seguite regole di gestione ispirate a diligenza e trasparenza. Dall’altro lato, si auspicano interventi coordinati a livello internazionale sia sui soggetti, tipicamente banche e prime broker, che vedono incrementare la propria posizione in termini di rischio offrendo servizi creditizi e consulenziali agli HF (Eichengreen, Mathieson, 1999)65 , sia sugli investitori istituzionali che fanno sempre più ricorso agli 65 “A partial response would be to subject domestically owned bank and nonbank subsi- 61 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata HF nelle proprie strategie di asset management. La complessità che connota le situazioni di crisi dei mercati finanziari fa si che trovare una risposta scaturente esclusivamente dal settore privato sia sempre più improponibile. Inoltre, interventi singoli e mirati delle autorità di vigilanza risultano inefficaci. Approcci ampi e coordinati sono diffusamente visti come l’unica soluzione per intraprendere un percorso di risanamento del sistema stesso, ridare fiducia agli operatori e, soprattutto, riuscire a spezzare il circolo vizioso che si innesca tra sistema finanziario ed economia globale (IMF, 2008, p. 1). diaries abroad to national reporting requirements, as the United States does. But a high degree of effectiveness would require international coordination and the cooperation of offshore financial centers–things that cannot simply be assumed ”. Eichengreen, Mathewson, 1999. 62 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Bibliografia Ackerman C., McEnally R., Revenscarft D. (1999), The performance of Hedge Funds: Risk, Returns and Incentives, in “The Journal of Finance”, n. 54:3, pp. 833-874. AIMA (2004), Guide to Sound Practice for Asian Hedge Fund Managers, December, http://www.aima.org/en/document-summary/index.cfm/docid/6E4D038BF020-4B75-81305D3E817067A9 AIMA (2007 a), AIMA’s Guide to Sound Practices for Hedge Fund Valuation – Executive Summary, March, http://www.aima.org/en/documentsummary/index.cfm/docid/CB1B1807-35ED-452E-9FEF4BD31D6BAA06 AIMA (2007 b), Guide to Sound Practices for European Hedge Fund Managers, maggio, http://www.aima.org/en/document-summary/index.cfm/docid/7233B232-FB84-4126-BEDFE85CFABAA591 Amenc N. (2007), Three early lessons from the subprime lending crisis: a French answer to President Sarkozy, Edec Business School, August. Amenc N., Goltz F. (2007), Revisiting the Limits of Hedge Fund Indices: A Comparative Approach, Nice, Edhec Risk And Asset Management Research Centre. Amenc N., Martellini L., Vaissié M. (2004), Indexing Hedge Fund Indices, in Schachter B. (eds.), Intelligent Hedge Fund Investing, London, Risk Books. Amin G., Kat H. (2001), Hedge funds performance 1990–2000. Do the money machines really add value?, in “Journal of Financial and Quantitative Analysis”, n. 38, (2), p. 251. Anson M.P.J., 2002, Handbook of Alternative Assets, New York, John Wiley & Sons. Azman-Saini W.N.W. (2006), Hedge funds, exchange rates and causality: 63 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Evidence from Thailand and Malaysia, MPRA Paper 716, University Library of Munich. Baker N. (2006), Dalio: Hedge Fund Bust Would Rival S&L Crisis, in “The Journal Of Alternative Investments”, summer. BCE (2008), Financial Stability Review, June. Bernanke B.S. (2007), Financial Regulation and the Invisible Hand, Remarks at the New York University Law School, 11th April. Bernanke B.S. (2008), discorso tenuto al Fifth European Central Bank Central Banking Conference, “The Euro at Ten: Lessons and Challenges”, Frankfurt, Germania, 14th November http://www.federalreserve.gov/newsevents/speech/bernanke20081214a.htm Bookstaber R. (1999), A framework for understanding market crisis. In Risk management: Principles and practices, Association for Investment Management and Research, Conference Proceedings. Bookstaber R. (2000), Understanding and monitoring the liquidity crisis cycle, in “Financial Analysts Journal”, n. 56 (5), pp.17-22. Bookstaber R. (2007), A Demon of Our Own Design. Markets, Hedge Funds, and the Perils of Financial Innovation, Hoboken, John Wiley & Sons, Inc. Boyson N. M., Stahel C. W., Stulz R. M. (2008), Hedge Fund Contagion and Liquidity, NBER Working Paper, n. 14068.National Bureau of Economic Research. Brewster D. (2009), $150bn taken out of hedge funds, in “Financial Times”, 14th January. British Banker Association (2004), Credit Derivatives Report - 2003/04, September. Brooks C., Kat H. (2002), The statistical properties of hedge fund index re64 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata turns and their implications for investors, in “Journal of Alternative Investments”, n. 5 (2), pp. 26-44. Brown S., Goetzmann W., Park J. (2000), Hedge funds and the asian currency crisis, in “Journal of Portfolio Management”, n. 26(4), pp. 95-101. Brown S.J., Goetzmann W., Ibbotson R. (1999), Offshore Hedge Funds: Survival & Performance 1989–95, in “Journal of Business”, n. 72 (1), pp.91–118. Cahill T. (2008), Lehman Hedge-Fund Clients Left Cold as Assets Frozen, Bloomberg, 1st October, http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601110&sid=a5vV7xKv4V Y. Carlson M., Steinman J. (2008), “Market conditions and Hedge Fund survival ”, Finance and Economics Discussion Series, Division of Research & Statistics and Monetary Affairs, Federal Reserve Board, Washington D.C., n. 28. Chan N., Getmanksy M., Haas S. M., Lo A. (2006), Do Hedge Funds Increase Systemic Risk?, Federal Reserve Bank of Atlanta, Economic Review, Fourth Quarter, pp. 49-80. Chan N., Getmansky M., Haas S., Lo A. (2004), Systemic Risk and Hedge Funds, Conference Paper, NBER Conference on the Risks of Financial Institutions, Woodstock, VT, October 22-23. Chung J. (2009), SEC accuses fund manager of $300m fraud, in “The Financial Times”, 21 gennaio CONSOB (2008), Delibera n. 16765, Misure relative alle vendite allo scoperto di titoli volte ad assicurare l’ordinato svolgimento delle negoziazioni e l’integrità dei mercati, 30 dicembre. Cumming D. (2008), Hedge Fund Regulation and Misreported Returns, Working Paper, York University, February. Cumming D., Johan S. (2008), Hedge Fund Strategies and Regulation, in 65 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata “Banking & Financial Services Policy Report”, n. 27, 7, pp. 1-15. Davis A. (2006), How Giant Bets on Natural Gas Sank Brash Hedge-Fund Trader, in “Wall Street Journal”, 19 September. Denmark F. (2000), Hedge Funds: An Industry Comes of Age, Bloomberg Wealth Manager, 3 January. Eichengreen B., Mathieson D. (1999), Hedge Funds: What Do We Really Know ?, in “Economic Issue”, International Monetary Fund, n. 19. Eichengreen B., Rose A.K., Wyplosz C. (1994), Speculative attacks on pegged exchange rates: An empirical exploration with special reference to the European monetary system, NBER Working Paper, n. 4898, National Bureau of Economic Research. Eichengreen B.J., Mathieson D.J., Jansen A., Chadha B., Kodres L.E., Sharma S. (1998), Hedge Funds and Financial Market Dynamics, IMF Occasional Papers 166, International Monetary Fund. Fabozzi F. J., Focardi S. M., Jonas C. (2008), Challenges in Quantitative Equity Management, The Research Foundation of CFA Institute. Ferguson R., Laster D. (2007), Hedge Funds and Systemic Risk, Banque de France, in “Financial Stability Review – Special issue on hedge funds”, n. 10, aprile. Fitch Ratings (2005), Hedge Funds: An Emerging Force in the Global Credit Markets, July,Follow-up on Implementation ,10th October , http://www.fsforum.org/press/pr0 81009f.pdf. FSA (2002), Building the New Regulator, Progress Report 2, February. FSA (2005), Hedge Funds: A discussion of risk and regulatory engagement, Discussional Paper, 05/04. FSA (2006), Hedge Funds: A discussion of risk and regulatory engagement – 66 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Feedback on DP05/4, Feedback Statement, 06/02. FSA (2008), Release FSA 2008/50, Short Selling (No 2) Instrument 2008, 18th September. FSF (2008 a), Report on Enhancing Market and Institutional Resilience, April, http://www.fsforum.org/publications/r0 804.pdf. FSF (2008 b), Report of the Financial Stability Forum on Enhancing Market and Institutional Resilience, Follow up on implementation, October, http://www.financialstabilityboard.org/press/pr 081009f.pdf FSF (2000), Report of the Working Group on Highly Leveraged Institutions, April, http://www.financialstabilityboard.org/publications/r 0004a.pdf?noframes=1 FSF (2007 a), Update of the FSF Report on High Leveraged Institutions, May. FSF (2007 b), Progress in Implementing the Recommendations of the FSF Update on High Leveraged Institutions, October, http://www.financialstabilityboard.org/publications/r 0710.pdf?noframes=1. Fung W., Hsieh D. A. (2001), Benchmarks of Hedge Fund Performance: Information Content and Measurement Biases, Fuqua School of Business, Duke University, draft, February. Fung W., Hsieh D. A. (2002), Hedge Fund Benchmarks: Information Content and Biases, in “Financial Analysts Journal”, n. 58, 1, pp. 22-34. Fung W., Hsieh D. A. (2006), Hedge Funds: An Industry in Its Adolescence, in “Economic Review”, Federal Reserve Bank of Atlanta, Fourth Quarter. Fung W., Hsieh D.A. (2000), Performance characteristics of hedge funds and CTA funds: natural versus spurious biases, in “Journal of Financial and Quantitative Analysis”, n. 35 (3), pp. 291-307. 67 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Fung W., Hsieh D.A. (2001), The risk in hedge fund strategies: theory and evidence from trend followers, in “Review of Financial Studies”, n. 14 (2), pp. 313-341. G-7 Finance Ministers and Central Bank Governors (2007), Statement by the G-7 Finance Ministers and Central Bank Governors, Essen, Germany, February. Gapper J. (2008), Wall Street insiders and fools’ gold, in “The Financial Times”, 17th December. Géhin W. (2006), The Challenge of Hedge Fund Performance Measurement: a Toolbox Rather Than a Pandora’s Box, Nice, Edhec Risk And Asset Management Research Centre. Getmansky M., Lo A., Makarov I. (2004), An Econometric Analysis of Serial Correlation and Illiquidity in Hedge-Fund Returns, in “Journal of Financial Economics”, n. 74, pp. 529-609. Goltz F., Martellini L., Vaissié M. (2007), Hedge Fund Indices: Reconciling Investability and Representativity, in “European Financial Management”, n. 13 (2), pp. 257-286. Grecu A., Malkiel B. G., Saha A. (2007), Why Do Hedge Funds Stop Reporting Performance?, in “Journal of Portfolio Management”, n. 34 (1), pp. 7-19. Guerrera F. (2008), No questions asked, in “The Financial Times Ltd.”, 19th December. Halstead J.M., Hedge S., Schmid Klein L. (2005), Hedge Fund Crisis and Financial Contagion: evidence from Long Term Capital Management, in “The Journal of Alternative Investments”, Summer. HFWG (2008), Hedge Fund Standards: Final Report, January, http://www.hfsb.org/sites/10109/files/finalreport.pdf. 68 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Ibbotson R.G., Chen P. (2005), Sources of Hedge Fund Returns: alphas, betas, and costs, Yale ICF Working Paper, n. 5-017. IMF (2008), Global Financial Stability Report, October. Jorion P. (2000), Risk management Lessons from Long-Term Capital Management, in “European Financial Management”, n. 6, pp. 277-300. Kahan M., Rock E. (2007), Hedge Fund in Corporate Governance and Corporate Control, in “University of Pennsylvania Law Review”, n. 155 (5), pp. 42-47. Karmin C. (2007), Hedge Funds Do About 30% Of Bond Trading, Study Says, in “Wall Street Journal”, 30th August. Kat H. M. (2007), Alternative Routes to Hedge Fund Return Replication, in “Journal of Wealth Management”, n. 10 (3), pp. 67-76. Khandani A. E., Lo A. (2007), What Happened To The Quants In August 2007?, in “Journal of Investment Management”, n. 5 (4), pp. 6-38. Liang B. (2001), Hedge fund performance: 1990-1999, in “Financial Analysts Journal”, January/February, pp. 11-18. Lim G. C. (2000), Hedge Fund and Currency Crises, in “The Australian Economic Review”, n. 32 (2), pp. 191-196. Lo A. (2001), Risk management for hedge funds: Introduction and overview, in ”Financial Analysts Journal”, n. 57 (6), pp. 6-13. Lo A. (2008), Hedge Funds, Systemic Risk, and the Financial Crisis of 20072008, U.S. House of Representatives Committee on Oversight and Government Reform, 13th November. Loomis C. J. (1966), The Jones Nobody Keeps Up With, in “Fortune”, April. Ludvigson S. C., Ng S. (2005), “The Empirical Risk-Return Relation: A Fac69 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata tor Analysis Approach”, NBER Working Paper , n. 11477, National Bureau of Economic Research. Mackintosh J. (2009), Hedge funds’ $400bn withdrawals hit, in “Financial Times”, 21st January. Malkiel B. G., Saha A. (2004), Hedge Funds: Risk and Return, Working Paper, Princeton University. Masters B. (2009), Madoff: Off the fairway, in “The Financial Times”, 26th January. Matellini L., Vaissié M., Goltz F. (2004), Hedge Fund Indices from an Academic Perspective: Reconciling Investability and Representativity, EDHEC Risk and Asset Management Research Centre. MondoHedge (2008), I rendimenti degli hedge fund italiani in settembre, 28 ottobre. Pasigos D. (2008), Bloomberg Active Indices for Funds – Methodology, 8th February. Perold A.F. (1999), Long Term Capital Management, L.P., Boston, Harvard Business School Publishing. Pool V.K., Bollen N. (2007), Do Hedge Fund Managers Misreport Returns? Evidence from the Pooled Distribution, Working Paper, Vaderbilt University. Posthuma N., Van der Sluis P.J. (2004), A Reality Check on Hedge Fund Returns, VU Research Memorandum 2003-17. PWG (2008 a), Asset Managers’ Committee Releases Comprehensive Report On Best Practices, Report Sets New Standards For Hedge Fund Industry, http://www.ustreas.gov/press/releases/reports/amcreportapril152008.pdf. PWG (2008 b), Investors’ Committee Releases Comprehensive Report On Best Practices, Report Sets New Standards for Fiduciaries and Investors in 70 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Hedge Funds, http://www.treasury.gov/press/releases/reports/icfactsheetfinal.pdf. PWG (2008 c), Policy Statement on Financial Market Developments, March, http://www.ustreas.gov/press/releases/reports/pwgpolicystatemktturmoil0 3122008.pdf. PWG (2008 d), Progress Update on March Policy Statement on Financial Market Developments, http://www.treas.gov/press/releases/reports/q4progress update.pdf. RMF (2004), Hedge Fund Indices, RMF Hedge Fund Research, December. Rubino J. (2005), The Once and Future King, in “CFA Magazine”, July/August, pp. 28-33. Sachs J.D., Tornell A., Velasco A. (1995), The Collapse of the Mexican Peso: What Have We Learned ?, NBER Working Paper , n. 5142, National Bureau of Economic Research. Samuelson P.A. (1965), Proof that properly anticipated prices fluctuate randomly, in “Industrial Management Review”, n. 6, Spring, pp. 41-49. Sants H. (2008), Speech at the Hedge 2008 Conference, 22nd October, http://www.fsa.org. SEC (2003), Implication of the growth of Hedge Fund, Staff Report to the United States Securities and Exchange Commission, September. SEC (2008), Exchange Act Release No. 58591, 18th September. SEC (2008) Exchange Act Release No. 58724, 2nd October. SEC (2008), Press Release 2008-211, SEC Halts Short Selling of Financial Stocks to Protect Investors and Markets, 19 settembre, http://www.sec.gov/news/press/2008/2008-211.htm. SEC (2008), Press Release 2008-217, SEC Approves Amended Order Requiring Reporting of Short Positions by Certain Investment Managers, 21 set71 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata tembre. Seides T. (2008), Understanding Hedge Fund Fundamentals and Trends, CFA Institute Conference Proceedings Quarterly, n. 25 (3), pp. 45-53. Stewart F. (2007), Pension Fund Investment in Hedge Funds, OECD Working Papers on Insurance and Private Pensions, n. 12, OECD Publishing. The Associated Press (2008), Hedge fund redemptions total $100B in October, 12th November. The Economist (1998), Long-Term Sickness?, 1st October. Till H. (2007), The Amaranth Collapse: What Happened and What Have We Learned Thus Far?, Nice, Edhec Risk And Asset Management Research Centre. Valsania M. (2008), Hedge Fund, il giorno del giudizio, in “Il Sole 24 Ore”, 14 novembre, n. 315. Yamazaki T. (2009), Hedge Fund Lost $350 billion in 2008, in Bloomberg, 13th January, http://www.bloomberg.com/apps/news?pid=20601087&sid=ayk5zzO8QL5U 72 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Appendice Alcune definizioni di Hedge Fund Fonte: Vaughan D.A., 2003, Comments for the U.S. Securities and Exchange Commission Roundtable on Hedge Funds, May 14-15. http://www.sec.gov/spotlight/hedgefunds/hedge-vaughn.htm The President’s Working Group On Financial Markets, Hedge Funds, Leverage, And The Lessons Of Long-Term Capital Management 1 (1999). “The term hedge fund is commonly used to describe a variety of different types of investment vehicles that share some common characteristics. Although it is not statutorily defined, the term encompasses any pooled investment vehicle that is privately organized, administered by professional money managers, and not widely available to the public”. The Secretary Of The Treasury, The Board Of Governors Of The Federal Reserve System, The Securities And Exchange Commission, A Report To Congress In Accordance With § 356(C) Of The Usa Patriot Act Of 2001 (2002). “The term hedge fund refers generally to a privately offered investment vehicle that pools the contributions of its investors in order to invest in a variety of asset classes, such as securities, futures contracts, options, bonds, and currencies”. Soros G., Open Society: Reforming Global Capitalism 32 (2000). “Hedge funds engage in a variety of investment activities. They cater to sophisticated investors and are not subject to the regulations that apply to mutual funds geared toward the general public. Fund managers are compensated on the basis of performance rather than as a fixed percentage of assets. ‘Performance funds’ would be a more accurate description”. Managed Funds Association, Hedge Fund Faqs 1 (2003). “A hedge fund can be broadly defined as a privately offered fund that is administered by a professional investment management firm (or hedge fund manager). The word hedge refers to a hedge fund’s ability to hedge the value of the assets it holds (e.g., through the use of options or the simultaneous use of long positions and short sales). However, some hedge funds engage only in ‘buy and hold’ strategies or other strategies that do not involve hedging in 73 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata the traditional sense. In fact, the term hedge fund is used to refer to funds engaging in over 25 different types of investment strategies.. . . ”. Jaeger R.A., All About Hedge Funds, At X (2003). “A hedge fund is an actively managed investment fund that seeks attractive absolute return. In pursuit of their absolute return objective, hedge funds use a wide variety of investment strategies and tools. Hedge funds are designed for a small number of large investors, and the manager of the fund receives a percentage of the profits earned by the fund. Hedge fund managers are active managers seeking absolute return”. Financial Services Authority (United Kingdom), Hedge Funds And The Fsa, Discussion Paper 16, At 8 (2002). “There is no universally accepted meaning of the expression hedge fund; indeed, many competing (and sometimes partially contradicting) definitions exist. The term first came into use in the 1950s to describe any investment fund that used incentive fees, short-selling, and leverage. A summary definition frequently used in official sector reports is any pooled investment vehicle that is privately organized, administered by professional investment managers, and not widely available to the public. The term can also be defined by considering the characteristics most commonly associated with hedge funds. Usually, hedge funds: • are organized as private investment partnerships or offshore investment corporations; • use a wide variety of trading strategies involving position-taking in a range of markets; • employ an assortment of trading techniques and instruments, often including short-selling, derivatives and leverage; • pay performance fees to their managers; and • have an investor base comprising wealthy individuals and institutions and a relatively high minimum investment limit (set at US$100,000 or higher for most funds).” Becker B., Doherty-Minicozzi C., Hedge Funds In Global Financial Markets 3 (2000). “The term hedge fund is used to describe a wide variety of institutional investors employing a diverse set of investment strategies. Although 74 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata there is no formal definition of hedge fund, hedge funds are largely defined by what they are not and by the regulations to which they are not subject. As a general matter, the term hedge fund refers to unregistered, private investment partnerships for wealthy sophisticated investors (both natural persons and institutions) that use some form of leverage to carry out their investment strategies.” Milroy R.B., Standard & Poor’s Guide To Offshore Investment Funds 28 (2000). “Originally set up to hedge bets or insure against currency or interest rate risks, hedge funds have since taken on a much wider remit, investing in assets ranging from equities and fixed interest stocks to derivatives and commodities. Their aim is to make absolute returns, that is to make performance returns irrespective of which way the markets are going. Rather like derivative funds, hedge funds use derivative instruments or gearing (borrowing against the fund’s assets) to gain greater exposure to their investments or to protect against losses.” Department Of The Treasury, Securities And Exchange Commission, Board Of Governors Of The Federal Reserve System, Joint Report On The Government Securities Market, At B-64 (1992) “The term hedge fund was in use as early as the 1960s to describe a new speculative investment vehicle that used sophisticated hedging and arbitrage techniques in the corporate equities market. In the late 1960s, former Securities and Exchange Commissioner Hugh Owens described hedge funds as private investment partnerships which employ the investment techniques of leveraging and hedging. In the 1970s and 1980s, the activities of similar types of funds broadened into a range of financial instruments and activities.... The term hedge fund does not have a precise definition, but it has been used to refer generally to a cadre of private investment partnerships that are engaged in active trading and arbitrage of a range of different securities and commodities”. Downes J., Goodman J.E., Barron’s, finance & investment handbook 358 (5th ed. 1998). A hedge fund is a “private investment partnership (for U.S. investors) or an off-shore investment corporation (for non-U.S. or tax-exempt investors) in which the general partner has made a substantial personal 75 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata investment, and whose offering memorandum allows for the fund to take both long and short positions, use leverage and derivatives, and investment in many markets. Hedge funds often take large risks on speculative strategies, including [program trading, selling short, swap, and arbitrage]. A fund need not employ all of these tools all of the time; it must merely have them at its disposal”. Lederman S.J., Hedge Funds, In Financial Product Fundamentals: A Guide For Lawyers 11-3, 11-4, 11-5 (Clifford E. Kirsch Ed., 2000). “There is no precise definition of the term ‘hedge fund,’ and one will not be found in the federal or state securities laws. The term was first used to describe private investment funds that combine both long and short equity positions within a single leveraged portfolio. It is generally believed that the first such fund to employ this approach was an investment partnership organized in 1949 by Alfred Winslow Jones.. . . Hedge funds are no longer defined by the strategy they pursue. While a number of today’s funds pursue the hedged equity strategy of Jones, numerous different investment styles are embraced by hedge funds.. . . Hedge funds are defined more by their form of organization and manner of operation than by the substance of their financial strategies.” Donaldson W.H., Chairman, Securities And Exchange Commission, Testimony Concerning Investor Protection Implications Of Hedge Funds Before The Senate Committee On Banking, Housing And Urban Affairs, Apr. 10, 2003. Available At Http://Www.Sec.Gov/News/Testimony/041003tswhd.Htm. “The term ‘hedge fund’ is undefined, including in the federal securities laws. Indeed, there is no commonly accepted universal meaning. As hedge funds have gained stature and prominence, though, ‘hedge fund’ has developed into a catch-all classification for many unregistered privately managed pools of capital. These pools of capital may or may not utilize the sophisticated hedging and arbitrage strategies that traditional hedge funds employ, and many appear to engage in relatively simple equity strategies. Basically, many hedge funds are not actually hedged, and the term has become a misnomer in many cases.” Securities And Exchange Commission, Hedging Your Bets: A Heads Up On Hedge Funds And Funds Of Hedge Funds. 76 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata Available At Http://Www.Sec.Gov/Answers/Hedge.Htm. “Like mutual funds, hedge funds pool investors’ money and invest those funds in financial instruments in an effort to make a positive return. However, unlike mutual funds, hedge funds are not registered with the SEC. This means that hedge funds are subject to very few regulatory controls. In addition, many hedge fund managers are not required to register with the SEC and therefore are not subject to regular SEC oversight. Because of this lack of regulatory oversight, hedge funds historically have been available to accredited investors and large institutions, and have limited their investors through high investment minimums (e.g., $1 million). Many hedge funds seek to profit in all kinds of markets by pursuing leveraging and other speculative investment practices that may increase the risk of investment loss.” Securities And Exchange Commission, Invest Wisely: An Introduction To Mutual Funds, Available At Http://Www.Sec.Gov/Investor/Pubs/Inwsmf.Htm. “Hedge fund is a general, non-legal term used to describe private, unregistered investment pools that traditionally have been limited to sophisticated, wealthy investors. Hedge funds are not mutual funds and, as such, are not subject to the numerous regulations that apply to mutual funds for the protection of investors - including regulations requiring a certain degree of liquidity, regulations requiring that mutual fund shares be redeemable at any time, regulations protecting against conflicts of interest, regulations to assure fairness in the pricing of fund shares, disclosure regulations, regulations limiting the use of leverage, and more”. 77 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata DiSSE Working Papers • n.19: Cavicchi A. Regolamentazione e gestione del rischio nel settore agroalimentare. Alcune riflessiioni sull’approccio economico al Principio di Precauzione • n.18: Spalletti S. The History of Manpower Forecasting in Modelling Labour Market • n.17: Boffa F., Pingali V. MIncreasing Market Interconnection: an analysis of the Italian Electricity Spot Market • n.16: Scoppola M. Tariffication of Tariff Rate Quotas under oligopolistic competition: the case of the EU import regimes for bananas • n.15: Croci Angelini E., Michelangeli A. Measuring Well-Being differences across EU Countries. A Multidimensional Analysis of Income, Housing, Health, and Education • n.14: Fidanza B. Quale comparable per la valutazione tramite multipli delle imprese Italiane? • n.13: Pera A. Changing Views of Competition and EC Antitrust Law • n.12: Spigarelli F., Nuovi investitori globali: le imprese cinesi in Italia • n.11: Ciaschini M., Pretaroli R., Socci C. A convenient multi sectoral policy control for ICT in the USA economy • n.10: Tavoletti E., te Velde R. Cutting Porter’s last diamond: competitive and comparative (dis)advantages in the Dutch flower industry. Which lessons for Italian SMEs? • n.9: Tavoletti E. The local and regional economic role of universities: the case of the University of Cardiff • n.8: Croci Angelini E. Resisting Globalization: Voting Power Indices and the National Interest in the EU Decision-making • n.7: Minervini F., Piacentino D. Spectrum Management and Regulation: Towards a Full-Fledged Market for Spectrum Bands? • n.6: Spalletti S. Dalle analisi della crescita all’economia dell’istruzione e al capitale umano. Origine e sviluppo • n.5: Ciaschini M., Fiorillo F., Pretaroli R., Severini F., Socci C., Valentini E. Politiche per l’industria: ridurre o abolire l’Irap? • n.4: Scoppola M. Economies of scale and endogenous market structures in international grain trade 78 M. Cassiani, F. Spigarelli / WP n.20 DiSSE, University of Macerata • n.3: De Grauwe P. What have we learnt about monetary integration since the Maastricht Treaty? • n.2: Ciaschini M., Pretaroli R., Socci C. A convenient policy control through the Macro Multiplier Approach • n.1: Cave M. The Development of Telecommunications in Europe: Regulation and Economic Effects 79