eum
Libri, biblioteche e società
Studi per Rosa Marisa Borraccini
a cura di Alberto Petrucciani, Valentina Sestini,
Federico Valacchi
eum
In copertina: La Biblioteca Medicea Laurenziana di Firenze (incisione di Francesco
Bartolozzi da un disegno di Giuseppe Zocchi)
Isbn 978-88-6056-658-4
Prima edizione: ottobre 2020
©2020 eum edizioni università di macerata
Corso della Repubblica, 51 – 62100 Macerata
[email protected]
http://eum.unimc.it
Impaginazione: Carla Moreschini e Ilenia Paciaroni
Indice
11
13
Premessa
Bibliografia di Rosa Marisa Borraccini
a cura di Monica Bocchetta
Alfredo Serrai
33
Cultura e beni culturali
Giovanna Granata
43
Libri, biblioteche e società: le ricerche di Rosa Marisa
Borraccini tra storia del libro e storia delle biblioteche
Edoardo Barbieri, Luca Rivali
59
La “mise en livre” del Cornu copiae nelle edizioni di
Giovanni Tacuino (1496, 1501, 1504, 1508)
87
Speculum. Riverberi editoriali quattro-cinquecenteschi nelle
biblioteche conventuali
Paola Zito
Lorenzo Baldacchini
103
L’edizione della Lauretanae Virginis historia di Girolamo
Angelita e un’iniziale xilografica
Gianfranco Crupi
111
Il collezionismo della memoria mobile: gli alba amicorum
Monica Bocchetta
131
Nuove tessere del mosaico ad Ancona. Il libraio e «stampatore»
Francesco Calcagni da Mantova (m. 1570) trait d’union fra
Gennaro De Fagnolis e Francesco Salvioni
8
INDICE
Angela Nuovo
141
Le prime edizioni della Gerusalemme liberata (1580-1581)
nel contesto della legislazione cinquecentesca sulla stampa
Roberto Rusconi
161
Dopo la pubblicazione dell’Index librorum prohibitorum da
parte di Clemente VIII nel 1596: una radiografia del posseduto
librario da parte del clero regolare in Italia
Valentina Sestini
171
Repetita iuvant: Instruttione et avvertimenti per quelli che
vogliono stampare libri in Roma (Roma, Stamperia Camerale, 1607)
Flavia Bruni
181
Prima del catalogo. L’accesso alle risorse in biblioteca
nell’età moderna
Federica Formiga
193
Sviluppo dell’agricoltura nello Stato Veneto attraverso le
accademie e la produzione editoriale (1768-1797)
Fiammetta Sabba
205
La biblioteca Cardelli a Roma nel XVIII secolo. Notizie a
partire da una memoria inedita della contessa marchigiana
Giustina Pianetti Cardelli
Paolo Tinti
221
La biblioteca del cardinale Fortunato Tamburini fra i libri dei
benedettini di San Pietro di Modena
Vincenzo Trombetta
233
Dalle requisizioni all’uso pubblico: il patrimonio librario
ecclesiastico del Regno di Napoli nel Decennio francese
(1806-1815)
Stefano Gambari, Mauro Guerrini
245
Antonio Panizzi e le sue due antologie di letteratura italiana:
Extracts from the Italian Prose Writers e Stories from Italian
Writers
Pierluigi Feliciati
261
Le carte inesplorate e confuse. La gestione degli archivi
amministrativi nel transito allo Stato unitario
Alberto Petrucciani
279
Dino Campana studente di chimica in biblioteca a Bologna
INDICE
9
Giancarlo Petrella
297
«Il De Marinis non perde mai una occasione per dimostrare
simpatia alla Biblioteca di Ferrara».
Tammaro De Marinis, Giuseppe Agnelli e l’Ariostea.
Frammenti di un carteggio
Enrico Pio Ardolino
321
«Mi perdoni se tiro l’acqua al mio mulino».
Ancora su Augusto Campana e il Convegno internazionale di
storia delle biblioteche (1954)
Chiara Faggiolani
335
«Uno e indivisibile è il problema del libro».
Giulio Einaudi per la pubblica lettura
Antonella Trombone, Simona Turbanti
351
Il dottorato in Scienze del libro e del documento
Giovanni Di Domenico
375
Per una biblioteca inclusiva
Giovanni Solimine
389
Le biblioteche e il loro impatto sulla vita delle università
401
Leggere le informazioni: dal dato alla rete
Maurizio Vivarelli
Paola Castellucci
413
La visione del giudizio. Una prospettiva romantica
Federico Valacchi
427
Un coniglio dal cilindro. Per una possibile comunicazione
degli archivi
445
Indice dei nomi
Gianfranco Crupi*
Il collezionismo della memoria mobile: gli alba amicorum
Ci sono libri in cui la mobilità di alcuni elementi costitutivi è
parte integrante della loro identità. Nel senso che, nel corso della loro lunga storia, i libri si sono piegati e adattati anche ad usi
differenti da quelli abituali (com’è nel caso dei libri animati)1,
o ad accogliere le più ingegnose sperimentazioni d’avanguardia
(com’è avvenuto, ad esempio, con il Futurismo)2. E poi ci sono
libri che accolgono entro la forma codice iscrizioni autografe e
immagini o che possono rivestire una funzione diversa da quella
concepita inizialmente dai loro autori e editori3, com’è il caso,
appunto, degli alba amicorum: un fenomeno culturale ricondu-
* Sapienza Università di Roma.
1 Con l’espressione “libri animati” o “libri mobili” si intendono quei manufatti
librari, creati con finalità di fruizione anche assai dissimili tra loro (didattiche,
mnemoniche, ludiche, divinatorie ecc.), che includono dispositivi meccanici
o paratestuali che richiedono e sollecitano l’interazione del lettore. Si rinvia a
Gianfranco Crupi, “Mirabili visioni”: from movable books to movable texts, «JLIS.
it», 7, 2016, 1, pp. 25-87 e, inoltre, Pop-App. Scienza, arte e gioco nella storia dei
libri animati dalla carta alle app, a cura di Gianfranco Crupi e Pompeo Vagliani,
Torino, Fondazione Tancredi di Barolo, 2019.
2 Com’è noto, il formato-libro ha accolto il più significativo intervento artistico
del Novecento, quello del Futurismo, che mirò alla sua radicale destrutturazione.
La forma-libro, snaturata radicalmente dalla sua funzione originaria, divenne il
pretestuoso e artificioso contenitore di manipolazioni e gesti performativi, che
avevano per oggetto e bersaglio la “forma del contenuto” del testo e della sua
espressione linguistica.
3 Sui tanti diversi modi di interpretare la ricchezza documentaria dell’Europa
moderna, si veda la stimolante raccolta miscellanea Lesen und Schreiben in Europa
1500-1900. Vergleichende Perspektiven, herausgegeben von Alfred Messerli und
Roger Chartier, Basel, Schwabe & Co. Ag., 1996, e in particolare: Lodovica Braida,
Dall’almanacco all’agenda. Lo spazio per le osservazioni del lettore nelle «guide del
tempo» italiane (XVIII-XIX secolo), ivi, pp. 107-137.
112
GIANFRANCO CRUPI
cibile a un’usanza nata negli ambienti studenteschi della Germania riformata del Cinquecento, e poi diffuso nell’area mitteleuropea dove, fatte salve alcune eccezioni, rimase sostanzialmente
confinata.
Con l’espressione di alba amicorum si fa, infatti, riferimento a volumi, perlopiù di piccole dimensioni, che raccoglievano
iscrizioni manoscritte di professori, colleghi di studio, amici e
personaggi che, a vario titolo, avevano avuto un ruolo nel sistema delle relazioni intrattenute dagli studenti nei loro viaggi di
studio e di cui essi desideravano conservarne memoria o testimonianza d’amicizia4. Questa pratica affonda le sue probabili radici medievali e umanistiche nella tradizione nobiliare dei
libri gentilitii, delle raccolte araldiche, dei libri degli ospiti e di
famiglia5, anche se il culto degli autografi si riscontrava già nel
mondo antico6.
4 La bibliografia relativa agli alba amicorum è particolarmente ricca e diversificata.
Mi limito pertanto a indicare solo gli studi generali di carattere storico-critico o di
impianto repertoriale: Max Rosenheim, The Album Amicorum, «Archaeologia or
Miscellaneous Tracts to Antiquity», 62, 1910, pp. 251-308; Margaret A.E. Nickson,
Early Autograph Albums in the British Museum, London, The Trustees of the British
Museum, 1970; Wolfgang Klose, Corpus Alborum Amicorum CAAC Beschreibendes
Verzeichnis der Stammbücher des 16. Jahrhunderts, Stuttgart, Anton Hiersemann,
1988; Stammbücher der 16. Jahrhunderts, herausgegeben von Wolfgang Klose,
Wiesbaden, Otto Harrassowitz, 1989; Werner W. Schnabel, Das Stammbuch.
Konstitution und Geschichte einer textsortenbezogenen Sammelform bis ins erste
Drittel des 18. Jahrhunderts, Tübingen, Max Niemeyer, 2003. Segnalo inoltre il
volume di Mirella Spadafora, Habent sua fata libelli. Gli alba amicorum e il loro
straordinario corredo iconografico (1545-1630 c.), Bologna, CLUEB, 2009, a cui
si deve la più compiuta monografia italiana sull’argomento; e infine il più recente
contributo di Giovanna Sapori, che ha dedicato un ampio e documentato studio
all’album del barone austriaco Hans Christoph von Puchheim (1578-1619), da lei
scoperto presso l’archivio della Fondazione Caetani di Roma: L’Album amicorum
Caetani e le sue immagini. Aristocrazia germanica e viaggi di istruzione a fine
Cinquecento, con una nota tecnica di Maria Cristina Misiti, Roma, Edizioni di Storia
e Letteratura, 2019.
5 Cfr. Spadafora, Habent sua fata libelli. Gli alba amicorum e il loro straordinario
corredo iconografico (1545-1630 c.), cit., pp. 13-14 e note.
6 «The cult of autographs goes back to Antiquity. Pliny speaks of it and Martial
was a passionate collector himself. Jerome, the icon of the humanists, considered
himself as rich as Croesus, as the owner of autograph volumes of Pamphilus. The
humanist and antiquarian Gian Vincenzo Pinelli (1535-1601) brought together a
wonderful collection of manuscripts and printed books in his house in Padua and
was eager to have annotated books, and also autographs of the authors he admired,
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
113
Nel 1711 ne fornì una puntuale definizione il teologo luterano Michael Lilienthal, «autore della prima dettagliata analisi
sulla storia e sull’uso degli alba amicorum […;] una definizione
particolareggiata che prendeva in considerazione diverse categorie, come l’aspetto esteriore degli alba, la cerchia dei possessori
e degli iscrittori dal punto di vista sociale e relazionale, le caratteristiche formali, strutturali e contenutistiche delle iscrizioni e
la loro funzione»7:
Sunt autem Philothecæ libelli e pura charta, aut tenerrima membrana
constantes, in quos clari Viri & Amici nomina sua, præmisso plerumque
dicto aliquo sententioso, adjecto edam haud raro symbolo, emblemate
aut alia imagine referunt, idque vel in honoris & existimationis erga
possessorem documentum, vel memoriae suæ pariter ac rerum inter se
gestarum, nec non vitae ac studiorum in Philothecario commendationem,
vel edam benevolentiae ac amoris mutui testimonium8.
La locuzione album amicorum è quella generalmente usata per designare questo specifico manufatto librario e tuttavia,
all’inizio del fenomeno, nell’area delle lingue germaniche fu prevalente la denominazione Stammbuch, che rievoca l’originaria
connotazione araldica, o Gesellenbuch. A tali denominazioni, e
ne è testimonianza il testo di Michael Lilienthal prima citato, si
affiancarono, e talvolta indifferentemente, altre espressioni derivate dalle lingue classiche, come quella di philotheca,
quod si latine voles reddere, ad verbum, diceres: Amicorum Repositorium
[…] Sic latine scribentibus Philotheca album amicorum communiter vocari solet
[…] Metaphoricae etiam qaedam in usu sunt Philothecarum denominationes,
utpote eum appellantur gazophylacia literaria, armamentaria erudita, musea
literaria, theatra eruditorum &c.9
like Erasmus (1466/1469-1536) and Julius Caesar Scaliger (1484-1558), for himself
or for Federico Borromeo (1564-1631)» (Christian Coppens, An “Album amicorum”
as a source of provenance, «Bibliologia», 5, 2010, p. 109).
7 Spadafora, Habent sua fata libelli. Gli alba amicorum e il loro straordinario
corredo iconografico (1545-1630 c.), cit., p. 24.
8 Michael Lilienthal, Schediasma critico-literarium de philothecis varìoque
earundem usu & abusu, vulgo von Stammbüchern […], Kônigsberg, Regiomonti
Prussorum, 1712, p. 5.
9 Ivi, pp. 1-2, 3.
114
GIANFRANCO CRUPI
L’album amicorum si presentava come un libro “da bisaccia”10, di piccolo formato, perlopiù oblungo, composto da fogli
bianchi di carta o di pergamena, a volte sciolti, più spesso tenuti
insieme da solide legature, idonee al trasporto in viaggio. Le
iscrizioni erano costituite dagli autografi e il più delle volte dallo
stemma araldico dei firmatari e dalle loro divise ed erano abitualmente accompagnate da dediche, da annotazioni personali o
da sentenze e citazioni esemplari, quasi sempre in latino11, tratte
da fonti classiche e bibliche, e da immagini disegnate, dipinte o
incise (Fig. 1). Altrettanto frequente, tuttavia, era la presenza di
composizioni originali, sia in versi che in prosa, di natura non
solo morale ma anche giocosa, umoristica o oscena. Dal punto
di vista paratestuale, il corpus delle iscrizioni era talvolta preceduto da una sorta di frontespizio o da un ex-libris che attestava
l’identità del suo artefice e possessore, e concluso da un registro dei nomi degli autori. Ciò consentiva dunque di comporre
e ricomporre la disposizione delle carte sulla base di criteri che
non fossero semplicemente alfabetici ma basati ad esempio sul
rango, il prestigio e l’autorevolezza dei personaggi. La mise en
page prevedeva, secondo un modello che si è affermato nel tempo, la disposizione del motto, della dedica, della firma e della
data rispettivamente nella parte superiore e in quella inferiore
del foglio.
Dal punto di vista bibliografico, risulta di particolare rilievo,
anche per l’alto profilo intellettuale del suo possessore, l’album
dell’umanista svizzero Konrad Gesner (1516-1565), puntualmente descritto in un articolo del 1965 dal bibliotecario inglese
Richard J. Durling12. Il liber amicorum di Gesner13, che contiene
10 La definizione è di Armando Petrucci: Alle origini del libro moderno. Libri
da banco, libri da bisaccia, libretti da mano, in Libri, scrittura e pubblico nel
Rinascimento, a cura di Armando Petrucci, Roma-Bari, Laterza, 1979, p. 142.
11 Figurano anche altre lingue, come il greco, l’ebraico e alcune lingue morte. Dal
XVII secolo divenne più comune l’uso della lingua volgare.
12 Cfr. Richard J. Durling, Conrad Gesner’s Liber amicorum 1555-1565,
«Gesnerus. Swiss Journal of the history of medicine and sciences», 22, 1965, 3-4,
pp. 134-159. L’album è oggi conservato presso la National Library of Medecine di
Bethesda (USA) con la segnatura: MS.E.77.
13 «The Liber is very small (97 X 77 mm) and contains 109 leaves, numbered
by Gesner 1-111: of these 18 are blanks. It is stitched into a vellum sheet, the lower
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
115
Fig. 1. Immagine tratta da Franz Christoph von Teuffenbach, Liber
amicorum, Biblioteca Casanatense, Ms. 1418, c. 84r. Per gentile concessione
della Biblioteca Casanatense
227 iscrizioni numerate serialmente dall’autore e che copre il periodo che va dal 1555 all’anno della sua morte, mostra quanto
vasta fosse la sfera dei suoi interessi e quanto ampia la rete delle
cover of which is written on within by Gesner and numbered 112. There are 227
autographs each of which is serially numbered by Gesner» (Ivi, p. 135).
116
GIANFRANCO CRUPI
sue relazioni con la comunità scientifica internazionale, sebbene
«the Gesner it reveals is the Gesner of the published letters»14.
Nelle iscrizioni e nelle note apposte dallo scienziato svizzero figurano numerosi frammenti di vita: giudizi personali, curiosità
naturalistiche, l’indicazione di doni ricevuti, ecc.15 (Fig. 2).
C’è poi un’altra tipologia di album che, peraltro, riscosse
una notevole fortuna e nel quale le pagine delle iscrizioni erano interfoliate in libri a stampa, tra cui primeggiano, quanto a
popolarità, oltre ai classici, le raccolte di emblemi e i testi di carattere teologico, soprattutto le edizioni dell’Emblematum liber
(1531)16 dell’umanista Andrea Alciato (1492-1550) e dei Loci
communes rerum theologicarum (1521)17 del teologo luterano
Philipp Melanchthon (1497-1560).
14
Ivi, p. 134.
Di seguito, alcuni esempi, rappresentati con il nome dell’autore, il numero di
serie e le annotazioni di mano di Gesner, e la data, quando presente:
- Conradus Ernestus (19) «Medicus qui dédit alumen plumosum Northusia et ad
sylvam Hercyniam» (1556);
- Gerardus Bouman (31) «Ostendebat caput vipere ad ciconiam, etc.» (1556);
- Christophorus Viclewicius (32) «Indicavit quedam nomina piscium» (3 gennaio
1557);
- Johannes Cnobloch (48) «Attulit mihi sécréta italica a G. Cellario. Donavit ol.
succini. Francofurti ad Yiadrum habitat, promisit catalogum piscium Viadri.» (2
luglio 1558);
- Philippus Wirsung (99) «…donavit ungulam Alces: ipse herbas aliquas. tenet rationem destillandi olea etc. a Pontano puto: a quo missa pulchra quedam e succino
opera ostendebat» (8 aprile 1559);
- Hieronymus Herold (104) «Peritissimus scientie herbarie: multa mihi benigne promisit» (luglio 1558);
- Petrus Isackh Niger «pharmacopaeus» (158) «Commendatus mihi a d. Zancho in
hie apud pharmacopolam, filius Theobaldi Nigri concionatoris Argentinensis. dedi
ei omnes herbas rariores horti mei» (7 maggio 1562);
- Valerius Aylva (164) «nobilis promisit phocam aut medico alicui se commissurus.
ex Italia hue transibat. dedi ei litteram ad et Coldenbergium (i.e. Coudenberg). promittebat pellem phoce» (ottobre 1562);
- Lydius Martinus (197) «Postea ad me scripsit erudite Tubinga, iuvenis pereruditus, sapiens».
16 Viri clarissimi D. Andreae Alciati iurisconsultiss. Mediola. ad D. Chonradum
Peutingerum Augustanum, Iurisconsultum Emblematum liber, Augustae Vindelicorum, per Heynricum Steynerum, 1531.
17 Philipp Melanchton, Loci communes rerum theologicarum seu hypotyposes
theologicæ, Wittembergæ [Melchior Lotter], 1521.
15
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
117
Fig. 2. Immagine tratta da Richard J. Durling, Conrad Gesner’s Liber amicorum
1555-1565, «Gesnerus. Swiss Journal of the history of medicine and sciences»,
22, 1965, 3-4, p. 138. National Library of Medecine di Bethesda (USA), MS.E.77
118
GIANFRANCO CRUPI
La «straordinaria machina visionaria»18 di Alciato forniva, infatti, un formidabile repertorio di epigrammi e figure e si
prestava a nutrire l’immaginario del dedicatore, suggerendogli
esempi evocativi e modelli da utilizzare per rendere onore alla
personalità del dedicatario. Più in generale, l’emblematica si incontrò con la tradizione degli alba amicorum dando vita a due
distinte tipologie bibliografiche, che prevedevano, nell’un caso,
che i libri di emblemi fossero utilizzati come album interfoliati,
con pagine che ospitavano le firme e le dediche, e nell’altro caso,
che gli emblemi potessero essere tratti dai libri, riproducendoli o
del tutto ritagliandoli e incollandoli negli album.
Per quanto riguarda invece Melanchthon, il possesso di una
copia dei suoi Loci communes rappresentava già una professione
di fede luterana e l’iscrizione autografa da parte di figure illustri
del pensiero riformato, in pagine bianche interfoliate al libro e
con esso rilegate, dava ulteriore lustro al suo possessore19. L’album attestava, infatti, attraverso gli autografi e le dediche di così
autorevoli personaggi, il compimento, da parte del possessore, di
un percorso spirituale condotto all’insegna della irreprensibilità
morale e dei principi propri della religione protestante20. Come
osserva Mirella Spadafora, «la biografia di Filippo Melantone
(1497-1560), il “praeceptor Germaniae”, ad opera dell’amico e
umanista Gioachino Camerarius (1500-1574) edita nel 1566, è
la fonte databile più antica che ci documenta del sorgere e del diffondersi dell’uso, allora nuovo, degli alba amicorum, a testimonianza della circostanza che molti al tempo richiedevano iscrizio-
18 Mino Gabriele, Introduzione, in Andrea Alciato, Il libro degli Emblemi
secondo le edizioni del 1531 e del 1534, Introduzione, traduzione e commento di
Mino Gabriele, Nuova edizione riveduta e ampliata, Milano, Adelphi, 2015, p.
XXXIX.
19 Nell’opera, infatti, destinata a diventare uno dei testi centrali del luteranesimo,
Melanchton esponeva i principi della dottrina cristiana, secondo la nuova visione
riformata, a partire dall’Epistola paolina ai Romani.
20 «To paraphrase Melanchthon, the books encouraged industriousness through
their combination of inscriptions, which furnished wise teaching on one side, and
knowledge of the character and biographical details of the contributor on the other»
(Bronwen Wilson, Social Networking. The «Album amicorum» and Early Modern
Public Making, in Beyond the public sphere. Opinions, publics, spaces in early
modern Europe, edited by Massimo Rospocher, Bologna, il Mulino; Berlin, Duncker
& Humblot, 2012, p. 209).
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
119
ni autografe ai teologi di Wittenberg e le andavano raccogliendo
“in piccoli libri o blocchetti di carta”»21.
È dunque circostanza non casuale il fatto che la città di
Wittenberg sia stata al contempo il centro di irradiamento del luteranesimo e, con Tübingen, del fenomeno degli alba
amicorum, che conobbe il periodo di maggiore sviluppo tra gli
anni Quaranta del Cinquecento e il Seicento22. «The majority of
sixteenth-century books come from Germany on account of the
vibrant education system that included travel to foreign universities»23: la peregrinatio academica portava, infatti, gli studenti
tedeschi (soprattutto aristocratici e alto-borghesi) a frequentare
altre sedi universitarie europee (Bourges, Orléans, Besançon, Parigi, Lovanio, Leida, Padova, Bologna, Siena) dove perfezionare
il proprio percorso di studi; e l’album amicorum era l’imprescindibile corredo del bagaglio da viaggio studentesco.
La consuetudine degli alba amicorum, come si diceva, si è poi
diffusa dalla Germania ai Paesi Bassi24 e, anche se la stragrande maggioranza dei possessori di album fino al 1800 proveniva
dall’ambiente accademico-universitario, essa finì per toccare nel
tempo categorie sociali e professionali diverse (nobili, borghesi
e piccolo-borghesi; diplomatici, ecclesiastici, artisti, mercanti,
medici, militari ecc.)25 e a estendersi all’universo femminile. Del
21 Spadafora, Habent sua fata libelli. Gli alba amicorum e il loro straordinario
corredo iconografico (1545-1630 c.), cit., p. 12.
22 «Del 1542 le cinque pagine in-folio del giovane magister Nicolaus Reinhold,
già studente a Wittenberg tra il 1535 e il 1539, dove sono raccolte iscrizioni di
Lutero, Bugenhagen, Melantone, e altri riformatori […]. Il primo album fino ad
ora conosciuto è quello iniziato a Wittenberg nel 1545 da Claude de Senarclens
appartenente alla cerchia di Calvino a Ginevra e da questi inviato a Wittenberg
presso Melantone e Lutero» (Ibid.). Cfr. Klose, Corpus Alborum Amicorum CAAC
Beschreibendes Verzeichnis der Stammbücher des 16. Jahrhunderts, cit.
23 Wilson, Social Networking. The «Album amicorum» and Early Modern
Public Making, cit., p. 214.
24 «The Dutch adopted this custom from 1564 onward from German students
with whom they were traditionally grouped at universities outside of Germany the so-called Natio Germanica» (Kees Thomassen, Alba amicorum of Gerard van
Hacfort and Poppe van Feytsma, in National Library of Netherlands, Alba amicorum,
songbooks and correspondence, <https://tinyurl.com/wv2znu6>). Cfr. inoltre Chris
L. Heesakkers, Kees Thomassen, Die niederlandischen Stammbücher aus dem 16.
Jahrhunderts, in Stammbücher der 16. Jahrhunderts, cit., pp. 51-62.
25 Cfr. Werner Wilhelm Schnabel, Was sind Stammbücher?, in RAA.
Repertorium Alborum Amicorum. Internationales Verzeichnis von Stammbüchern
120
GIANFRANCO CRUPI
tutto marginale, invece, è stato il contributo alla tradizione degli
alba amicorum da parte dell’Inghilterra e dei paesi latini26, oltre
che meno rilevante la diffusione nel mondo cattolico rispetto a
quello protestante. Pochissime le testimonianze italiane, tra cui
quelle campionate da Rosenheim e da Spadafora27, relative agli
esemplari appartenuti all’organista della Basilica di Sant’Antonio a Padova Antonio Fabri, al maestro di musica Annibale
Melloni di Bologna, all’incisore e antiquario Giacomo Lauro attivo a Roma, ai maestri di scherma Francesco Alfieri di Padova e
Gerolamo Parigi, anch’egli attivo a Padova, al giurista Girolamo
Alberti, che tenne il suo album «a partire dal 1584 durante il
suo periodo d’insegnamento allo Studio di Siena come lettore
straordinario di civile»28.
Il numero degli album rinvenuti nelle biblioteche pubbliche e
nelle collezioni private continua a crescere costantemente, come
dimostra il Repertorium Alborum Amicorum (RAA) di Werner
Wilhelm Schnabel29 che, fino ad oggi, ne registra circa 25.00030;
a testimonianza, dunque, della fortuna di un’usanza che divenne
per certi versi un fenomeno di costume, al punto tale da tradursi
in oggetto di satira e di scherno31 e da promuovere un’autonoma e fervida produzione editoriale di stampe e di libri, già predisposti con ornati, sagome di stemmi che andavano poi rifiniti
und Stammbuchfragmenten, in öffentlichen und privaten Sammlungen, <https://raa.
gf-franken.de/de/startseite.html>.
26 Cfr. Margaret A.E. Nickson, Some early English, French and Spanish
contributions to albums, in Stammbücher der 16. Jahrhunderts, cit., pp. 63-73.
27 Cfr. Rosenheim, The Album Amicorum, cit.; Spadafora, Habent sua fata
libelli. Gli alba amicorum e il loro straordinario corredo iconografico (1545-1630
c.), cit., p. 38.
28 Ibidem.
29 RAA. Repertorium Alborum Amicorum. Internationales Verzeichnis
von Stammbüchern und Stammbuchfragmenten, in öffentlichen und privaten
Sammlungen, <https://tinyurl.com/tv789n3>.
30 Il censimento di Wolfgang Klose, relativo al periodo 1545-1599, ne contava
alla data del 1988 solo 1535. Cfr. Klose, Corpus Alborum Amicorum CAAC
Beschreibendes Verzeichnis der Stammbücher des 16. Jahrhunderts, cit.
31 Cfr. Spadafora, Habent sua fata libelli. Gli alba amicorum e il loro straordinario
corredo iconografico (1545-1630 c.), cit., p. 56. Il fenomeno diede anche vita a «un
‘mercato delle firme’, non solo quelle di personaggi autorevoli, come prova la notizia
che nel primo Seicento il Senato di Amburgo fu costretto a prendere provvedimenti
per porvi fine» (Sapori, L’Album amicorum Caetani e le sue immagini. Aristocrazia
germanica e viaggi di istruzione a fine Cinquecento, cit., p. 16).
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
121
Fig. 3 e 4. Immagini tratte da Christian Egenolf, Anthologia gnomica,
Francofurti ad Moenum, apud Georgium Coruinum, impensis Sigismundi
Feyerabendij, 1579, cc. 15v e 16r. Per gentile concessione della Biblioteca
Nazionale Centrale di Roma
e personalizzati (Fig. 3, 4, 5a e 5b), immagini di soggetti religiosi
o mitologici, medaglioni di figure celebri della storia antica e
moderna, cartigli prestampati con motti e proverbi. Si trattava
di prodotti editoriali specificatamente rivolti a una élite di potenziali autori più che di lettori, che potevano così contare su
un repertorio di corredi iconografici e di modelli testuali pronti
all’occorrenza, com’è documentato da uno dei primi esempi, il
Thesaurus amicorum32 stampato sul finire degli anni Cinquanta
32 Thesaurus amicorum, varijs iconibus, iisque perelegantibus illustratus,
[Lugduni], Apud Ioann. Tornaesium [s.d.]. «Cet album se compose de deux
parties: la première, de 104 feuillets (208 pages) sans folios ni signatures, contient,
titre compris, 208 encadrements de 83x132 millimètres, sous trente-deux figures
différentes et répétées; la deuxième partie est formée de 96 feuillets (192 pages) signés
A-M, contenant les mêmes encadrements que la première partie; mais chacun de ces
feuillets porte à son verso le portrait d’un homme illustre, accompagné d’une sentence
ou d’une devise» (Marius Audin, Le Thesaurus amicorum de Jean de Tournes, Lyon,
Le deux-collines, 1927, p. 9). Cfr. Rosenheim, The Album Amicorum, cit., p. 253.
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GIANFRANCO CRUPI
Fig. 5a e 5b. Immagini tratte da B. Wilson, Social Networking. The «Album
amicorum» and Early Modern Public Making, in Beyond the public sphere.
Opinions, publics, spaces in early modern Europe, edited by Massimo
Rospocher, Bologna, il Mulino; Berlin, Duncker & Humblot, 2012.
«Unused page from the album amicorum of Kunera van Douma, with inscriptions
from 1605-1611, Den Haag, Koninklijke Bibliotheek - National Library of The
Netherlands.
Inscription of Chatalyna van Raephorst in the album amicorum of Kunera van
Douma, with inscriptions from 1605-1611, Den Haag, Koninklijke Bibliotheek National Library of The Netherlands».
del Cinquecento dal famoso tipografo lionese Jean de Tournes33
(Fig. 6).
Perlopiù convenzionali dal punto di vista contenutistico erano le formule di saluto, le dediche e i motti, che facevano leva
33 I motivi ornamentali, utilizzati nelle cornici e forse opera del noto incisore
francese Geoffroy Tory, sono riconducibili a pubblicazioni già edite dallo stesso
Tournes: «Les encadrements, qui servirent par ailleurs à Jean de Tournes, sont
néanmoins ceux qu’il avait utilisés à l’illustration de la Métamorphose figurée d’Ovide,
publiée en 1557; les portraits sont ceux des Icones de 1559 (Insignium aliquot virorum
Icones)» (Audin, Le Thesaurus amicorum de Jean de Tournes, cit., p. 9).
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
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Fig. 6. Immagine tratta da M. Audin, Le Thesaurus amicorum de Jean de
Tournes, Lyon, Le deux-collines, 1927
sul valore dell’amicizia, secondo una concezione umanistico-rinascimentale sostenuta dall’autorevolezza di fonti classiche (Cicerone, Seneca, Ovidio, Plinio, Virgilio, ecc.), e sui principi della
carità e della sottomissione ai voleri di Dio.
Particolarmente curata era la scelta dei materiali, sia delle
legature che delle carte, la cui ricercatezza e preziosità dovevano
rendere onore alla posizione sociale e alla reputazione intellettuale delle personalità invitate a lasciare la loro testimonianza.
Altrettanto si può dire per l’apparato iconografico che, quando
non era di carattere amatoriale34, prevedeva immagini dipinte
che «possono definirsi miniature anche se eseguite a tempera o
a guazzo, cioè tecniche diverse da quelle della miniatura antica. Esse sono opera sia di artisti di prima fila, abili anche nella
34
zione.
Talvolta erano presenti schizzi e disegni di mano dello stesso autore dell’iscri-
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GIANFRANCO CRUPI
Fig. 7a e 7b. Immagine tratta da Hans Christoph von Puchheim, [Album
amicorum], c. 224v. Roma, Fondazione Camillo Caetani, Archivio Caetani,
Fondo Miscellanea, Misc.1266. Si tratta di un’immagine animata, per la presenza di un flap, cioè di un’aletta o lembo di carta pieghevole, utilizzato per
coprire e poi rivelare un’immagine sottostante. Per gentile concessione della
Fondazione Camillo Caetani
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
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pittura in piccolo formato su metallo o su pietra o in questa
specializzati, sia di professionisti della decorazione della carta
e della pergamena. […] La ripetitività dei soggetti e dei modi
di rappresentazione rilevabili nella maggior parte degli album
deriva dallo stabilirsi di alcuni temi iconografici come parte connotante dell’apparato figurativo e nello stesso tempo dal proliferare di botteghe specializzate che dispongono di modelli e di
repertori da proporre al committente»35 (Fig. 7a e 7b). Sia gli
stemmi che le immagini dipinte erano per la maggior parte a
spese dell’autore dell’iscrizione (se non quando del proprietario
dell’album), che poteva attingere a una florida nicchia di mercato che proponeva svariati repertori iconografici. Le immagini
che riproducevano vedute di città (in primis, Venezia) erano la
testimonianza visiva e complementare al testo (non sempre di
facile decifrazione grafica) del viaggio di formazione dello studente, che al ritorno della sua peregrinatio le poteva orgogliosamente esibire, quasi fossero souvenir o istantanee da conservare
a futura memoria (Fig. 8). Ma, di rimando, quelle immagini ci
restituiscono anche la percezione che gli stranieri potevano avere di quei luoghi e, attraverso l’abbigliamento, dei loro abitanti,
secondo un immaginario collettivo che li trasformava in icone
urbane36. E così, accanto alle rappresentazioni allegoriche e alle
raffigurazioni emblematiche di luoghi e persone, trovarono spazio (soprattutto a partire dal Seicento) spaccati di vita quotidiana, riproduzioni di attività ludiche e sportive, figurini di abiti e
costumi per i quali si poteva contare su repertori di illustrazioni,
come quelli approntati sul finire del Cinquecento da Pietro Bertelli37 e da Cesare Vecellio38. Immagini, dunque, che fornivano
35 Sapori, L’Album amicorum Caetani e le sue immagini. Aristocrazia germanica
e viaggi di istruzione a fine Cinquecento, cit., pp. 3-4.
36 Cfr. Wilson, Social Networking. The «Album amicorum» and Early Modern
Public Making, cit., p. 212.
37 Diuersarum nationum habitus centum et quattuor iconibus in aere incisis
diligenter expressi item ordines duo processionum vnus summi pontificis alter
sereniss. principis Venetiarum opera Petri Bertellii, Patauii, apud Alciatum Alcia et
Petrum Bertellium, 1589-1596.
38 Degli habiti antichi et moderni di diverse parti del mondo. Libri due fatti da
Cesare Vecellio et con discorsi da lui dichiarati, Venetia, presso Damian Zenaro,
1590.
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GIANFRANCO CRUPI
Fig. 8. Immagine tratta da Hans Christoph von Puchheim, [Album amicorum],
c. 18v. Roma, Fondazione Camillo Caetani, Archivio Caetani, Fondo
Miscellanea, Misc.1266. Per gentile concessione della Fondazione Camillo
Caetani
l’iconografia esotica di un modo, antropologicamente diverso,
di essere e di pensare (Fig. 9).
L’album si configura pertanto come un’opera aperta, la cui
identità è nel suo farsi, nel divenire progressivamente altro da
sé, grazie al numero crescente nel tempo di dediche e iscrizioni. La sua unicità è caratterizzata dalla stratigrafia temporale di
una scrittura collettiva, in cui l’ordine sequenziale del libro non
necessariamente coincide con l’ordine cronologico degli incontri che il suo possessore ha avuto nel corso degli anni, e in cui i
“segni” lasciati dai sottoscrittori possono essere frutto di scelte
e di atti asincroni. Questa dimensione temporale sfalsata, in cui
le firme, le immagini, gli emblemi e i frammenti di testi possono
essere stati prodotti in momenti diversi, è rinvenibile anche nella
fruizione dell’opera, differita nel tempo e sempre arricchita di
nuovi contenuti. Gli album testimoniano, inoltre, quando sono
costituiti da libri a stampa interfoliati, com’è nei casi precedentemente descritti, dei molteplici usi a cui un libro può essere
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
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Fig. 9. Immagine tratta da Hans Christoph von Puchheim, [Album amicorum],
c. 160r. Roma, Fondazione Camillo Caetani, Archivio Caetani, Fondo
Miscellanea, Misc.1266. Per gentile concessione della Fondazione Camillo
Caetani
piegato. Sono, infatti, libri compositi, proteiformi, che mutano
la loro identità oggettuale e intellettuale nel loro farsi, dando
vita a testi complessi, fruibili in modo imprevedibile rispetto alle
intenzioni dei loro autori. Come ha acutamente osservato Christian Coppens «They are a book made up so that the book itself
could be used as another book»39. E nel loro farsi si trasforma39
Coppens, An “Album amicorum” as a source of provenance, cit., p. 112.
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GIANFRANCO CRUPI
no in uno spazio della memoria, che si offre, tuttavia, alla vista
degli altri, a significare l’esclusività di una storia personale. Una
storia personale che si è formata e alimentata grazie all’intreccio
imprevedibile di contatti e amicizie che il possessore dell’album
ha intrattenuto nel corso della vita e la cui identità è dunque
il prodotto cumulativo di quelle relazioni, di cui vengono mostrate le prove visive, quasi fossero istantanee scattate in tempo
reale. Le tracce lasciate dagli autori delle iscrizioni, per quanto insignificanti possano talvolta apparire, si trasformano nel
loro opposto, nella loro glorificazione, elevandosi alla dignità
di reliquie. «Quelque chose demeure de l’écrivain qui s’est penché ainsi sur le livre […], qui s’y est épanché, comme si l’encre
constituait une de ses humeurs corporelles et que d’elle puisse
émaner encore un impalpable parfum, une haleine, une vapeur,
une aura»40. L’album è così al contempo un corpo memoriale e
una mappa esistenziale, in cui la geografia dei luoghi visitati si
sovrappone alla geografia ideale dei luoghi eletti dall’immaginario collettivo, in quanto prestigiose sedi della peregrinatio academica o rinomate tappe europee del tour turistico-culturale. Il
valore degli alba amicorum non è quindi solo di tipo oggettuale,
ma anche come «an amazing source of provenances in the broad
sense»41, in quanto essi consentono di ricostruire la rete di relazioni accademiche e sociali dei loro possessori e i loro interessi
culturali. Più in generale, sono stati e sono oggetto di interesse e
di studio da parte di storici dell’araldica, della genealogia e delle
università, da sociologi e da studiosi delle fonti culturali e delle
provenienze (che ne hanno apprezzato il valore sul piano storico-documentario, ancor prima che su quello estetico), nonché
dagli storici dell’arte che li hanno utilizzati anche come fonti per
la storia dell’iconografia urbana. Frutto di un’autorialità multipla, gli alba amicorum, visti nel loro insieme, ci restituiscono
dunque una vivida rappresentazione culturale delle epoche in
40 Gérard Farasse, Postface, in Francis Ponge, Album amicorum. Textes réunis
par Armand Ponge. Postface de Gérard Farasse, Paris, Gallimard, 2009, p. 235.
41 Coppens, An “Album amicorum” as a source of provenance, cit., p. 108.
IL COLLEZIONISMO DELLA MEMORIA MOBILE: GLI ALBA AMICORUM
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cui furono prodotti. La loro fortuna andò scemando nel corso
del Settecento, ma solo per un breve periodo. Tra l’Otto e il
Novecento, infatti, l’album amicorum tornò in auge, sebbene
con diverse e nuove caratteristiche, trasformandosi sempre più
in una scrittura privata, prevalentemente femminile, a mezzo tra
il diario personale, l’album dei ricordi e lo scrapbook42.
42 Quasi a ravvivare la sua più antica e nobile ascendenza, l’editore Gallimard
ha raccolto sotto il titolo di Album amicorum le dediche dello scrittore e saggista
francese Francis Ponge, quelle inviate e quelle ricevute tra il 1926 e il 1988 (Ponge,
Album amicorum, cit.).