Rieti

Le note illustrano brevemente  un’ipotesi  circa  l’attuale  presenza  nella  zona  della  valle  del Velino,  nell’attuale  provincia  di  Rieti,  di  un  numero  significativo  di  appellativi  familiari, probabilmente  riconducibili  ad  onomastica  di  radice  longobarda.  Tutto  ciò  nonostante  il susseguirsi  continuo  nel  tempo  di  popolazioni  e  gruppi  sul  territorio  in  esame,  in  ragione  di eventi  storici,  commerciali  e  naturali.

La conversazione si è tenuta il 10/6/2022 nell'ambito della settima edizione della “Lunga Notte delle Chiese”, evento di carattere nazionale che ha visto l’apertura serale dei luoghi di culto. Il tema per il 2022 è stato “IN-CONTRO” due parole apparentemente contrapposte ma che in realtà esprimono l’elemento centrale e significativo del dialogo, ossia quello della diversità. Il programma generale delle iniziative promosse insieme ai volontari parrocchiali del territorio, avrà quindi come filo conduttore quello dell’incontro e della condivisione. Nel quadro delle iniziative organizzate per l'occasione dalla Parrocchia di Cittaducale -Diocesi di Rieti-, ci sono state le aperture straordinarie di alcune delle chiese cittadine nel corso delle quali la comunità ha accolto e accompagnato i visitatori alla loro scoperta, veri e propri scrigni di arte e di devozione, un'occasione di incontro tra membri della stessa comunità e allo stesso tempo un modo per far conoscere e approfondire la storia e le tradizioni di Cittaducale. La “Lunga Notte delle Chiese” si è presentata così come un’occasione di conoscenza e di riscoperta di un territorio, quello angioino, caratterizzato da piccole entità di straordinaria bellezza, ciascuno custode di un patrimonio unico fatto di arte, di tradizioni e di fede che merita di essere valorizzato a pieno. I luoghi coinvolti nell’iniziativa sono stati:
- cattedrale S.Maria del Popolo;
- Basilica S.Maria di Sesto ( centro d'italia)
- chiesa S.Cecilia ed i suoi affreschi - chiesa Madonna delle Grazie
- portale S.Agostino

Visitando  il  sito  Internet  dell’Istituto  Comprensivo  di  Cittaducale  alcuni  mesi  fa,  avevo  notato la  presenza  di  questo  testo  in  forma  grezza  e  l’appello  di  Arduino  Santilli  per  aiutare  a ricomporlo  in  modo tecnicamente leggibile e  consistente.  Invito  che  ho  volontariamente  raccolto,  per  ragioni  professionali  ed  in  segno  di  rispetto verso  un  luogo  a  me  caro  per  aver  dato  i  natali  a  mio  padre  Bruno  e  ai  miei  nonni  Sofia, Giuliano,  Domenica  ed  Ernesto,  di  cui  ricordo  frasi  che  risuonano  vive  fra  le  pagine  del Piccolo  Dizionario  Civitese  di Renato Novelli. Oltre  alla  ricostruzione  digitale  dei  dati  iniziali  ed  alla  reimpaginazione  in  ordine  alfabetico del  significativo  lavoro  del  Novelli,  il  mio  apporto  si  è  limitato  all’inserimento  di  questa Introduzione,  di  alcuni  ipertesti  soprattutto  nella  sezione  dedicata  agli  animali  e  della  pagina di Approfondimenti  che trovate in fondo al testo. Ritengo  e  mi  auguro  che  questa  opera,  partendo  dal  centro  d’Italia,  con  metodo  scientifico, passione,  impegno  e  l’ausilio  della  tecnologia,  possa  essere  ulteriormente  migliorata, arricchita  e  condivisa,  per  arrivare  e  rimanere  al  centro  del  villaggio  globale,  contribuendo così  a  valorizzare  la  lunga  storia  nonché  il  ricco  patrimonio  culturale  ed  ambientale  di Cittaducale  nel mondo. Sandro Severoni,  Roma,  Febbraio  2015.

Breve saggio di studio pubblicato sulla rivista “La Barrozza”  incentrato sull’estinta famiglia dei Chercherasi o Carcarasi di Monteleone di Spoleto (PG), che hanno lasciato memoria nel toponimo prediale di “Cargarasu” nella frazione di Trivio. Ricercarne  la storia e il loro passaggio e presenza prima a Rieti e poi a Roma dove un discendente divenne Senatore del Popolo Romano è un modo anche per riappropriarsi delle proprie radici e per riscoprire i profondi legami fra città e paese, fra Monteleone e Roma già dal XVI secolo.

Vannozzi S., Da Monteleone a Roma: ascesa e oblio dei Chercherasi, in «La Barrozza. Notiziario quadrimestrale dell’Associazione Pro-Ruscio», a. XXVIII, n. 3, Natale, 2019, pp. 10-11.

versione digitale di Valentina Marino

This paper presents the results of an interdisciplinary study on the drainage of damp or humid areas, the control of surface water and the centuriation operated in the plain of Rieti by the Roman consul Manius Curius Dentatus during the conquest of the Sabina region in the third century BC. This research, organised on the occasion of the bimillenary anniversary of the birth of the Emperor Vespasian, brings more wareness to consider the work of Gromatici as an inseparable
unity of various processes concerning hydrographical network, road systems, land reclamation and agrarian organization. Some parallels could be established between the cases of Rieti, Pianura Pontina and the latin colony of Spoletium. This study could bring us to a better and
deeper understanding of events and patterns of Romanization of central Italy.

- Gli autori analizzano l’evoluzione del paesaggio
della Conca Velina (rieti, lazio, italia centrale) nel periodo
compreso tra l’età del bronzo e la romanizzazione. Partendo
dalla correlazione dei dati ricavati dai sondaggi geologici e
da una nuova lettura topografica e dell’assetto idrogeologico
dell’area, gli autori sostengono che l’antica linea di riva del
bacino lacustre che occupava la Piana di rieti, il Canale di
repasto e l’area di Marmore variò nel corso dell’età del
bronzo e dell’età del ferro tra le quote 365/367 metri s.l.m.
e 375/376 metri s.l.m. influenzando lo sviluppo degli abitati
perilacustri. Successivamente con la conquista del territorio
da parte di MAnio CUrio dentAto si assiste al primo vero
intervento di regimentazione delle acque e bonifica della
piana della Conca di rieti.

Quando camminiamo lungo una strada di campagna, spesso non ci accorgiamo di alcune tracce sui campi, a volte semplicemente caratterizzate da un’impercettibile variazione del suolo, oppure dall'erba che cresce con sfumature che vanno dal verde vivace al colore meno gradevole delle piante secche.
La difficoltà principale di individuazione, di quelle che in archeologia aerotopografica vengono definite come “anomalie del terreno”, sta nel fatto che il nostro occhio guarda da un’angolazione poco favorevole perché si possano apprezzare determinati fenomeni. Da qui, deriva l’interesse per lo  studio delle fotografie aeree che sono determinanti per programmare una base di ricerca sul campo, permettendo a chi le studia di individuare strade, edifici e insediamenti che facevano parte del paesaggio antico.
Grazie a questa ricerca dall'alto è stato individuato un sito, posto poco al di fuori della città di Rieti in direzione Nord, che per la presenza di alcune interessanti tracce potrebbe far pensare, con le dovute attenzioni scientifiche, alla presenza di un antico edificio. L’area di indagine è situata, per chi proviene dalla città, in un campo lasciato a maggese lungo il lato sinistro di via Mulino della Salce, in prossimità dell’ex fabbrica Montedison. Sul terreno sono presenti vari elementi geometrici visibili grazie alla differente crescita della vegetazione. È possibile ipotizzare che queste “anomalie” siano riconducibili a strutture murarie sepolte poco al di sotto della superficie di campagna.
L’analisi della pianta, e soprattutto le dimensioni dell’area, farebbero presupporre l’esistenza di un antico edificio che si articolava in vari moduli interconnessi tra loro. In base a quello che è possibile decifrare sul terreno, sembrerebbe accreditarsi l’ipotesi che la struttura possa essere identificata con un antico monastero extra moenia.
Le fonti scritte, insieme al dato archeologico derivante dall'analisi delle anomalie sul terreno, permettono di non parlare più di semplice edificio di culto ma, date le dimensioni, di vero e proprio complesso sacro.
In conclusione, il quadro generale di quanto detto finora, rimane allo stato attuale una mera ipotesi che deve essere confermata da eventuali scavi scientifici.


Dott. Nestore Ciaramelletti

Keywords: Rete Natura 2000, Germoplasma, Sostenibilità, Biodiversità, Habitat.
Si è analizzato dal punto di vista della situazione ecologica, delle potenzialità economiche e della normativa l’area SIC IT6020012 “Piana di S. Vittorino - Sorgenti del Peschiera”. A livello analitico si sono identificati i principali elementi di criticità tra attività attuali e tutela degli habitat e delle specie, anche in relazione alle problematiche relative all’applicazione delle normative dal livello nazionale a quello locale, e si sono analizzate le possibili soluzioni. Per raggiungere questi scopi si è operato con un approccio up-scaling secondo le varie tematiche affrontate: protezione di habitat e specie, istituzione di un sistema di agricoltura sostenibile, emergenze turistiche, sentieristica e pressioni antropiche. Le conclusioni rivelano grandi potenzialità per avviare sistemi di produzione e di valorizzazione del territorio sostenibili, ma nello stesso tempo una forte pressione sugli habitat e le specie protette dovuta principalmente agli eccessivi prelievi con fini di gestione idropotabile e idro-elettrica, attività agricole e ittiche con artificializzazione dei corsi d’acqua e delle loro sponde. Per quanto riguarda gli ecosistemi forestali il Piano di Gestione non li tutela nella loro interezza. Non risultano effettuati studi di incidenza per gli impatti risultanti sull’habitat 92A0 Foreste a galleria di Salix alba e Populus alba, periodicamente sottoposti a pulizia della vegetazione ripariale e forestale anche immersa, in contrasto con lo stesso Piano di Gestione.
Sono permessi tagli negli habitat 91AA Boschi orientali di quercia bianca e 9340 Foreste di Quercus ilex e Quercus rotundifolia, nonostante lo stesso piano di gestione ne evidenzi il grande valore naturalistico. Anche l’habitat prioritario 6210* “Formazioni erbose secche seminaturali e facies coperte da cespugli su substrato calcareo (Festuco-Brometalia) (*stupenda fioritura di orchidee)” non è sottoposto a monitoraggio da parte dell’Ente gestore nonostante sia previsto dal Piano di gestione. Inoltre si è constatato una scarsità di dati disponibili presso l’ente gestore SOGESID inerenti fitosanitari, fonti di inquinamento, monitoraggio delle specie, degli habitat e della qualità delle
acque. Anche se è segnalata un’alta varietà di frutti e semi antichi nei due comuni (soprattutto di meli e ciliegi) si è constatata l’assenza di Custodi del germoplasma inseriti nell’Elenco Volontario della Rete di
Sicurezza e Conservazione gestita da Arsial. Si ricorda che queste antiche varietà sono particolarmente vocate al biologico e permettono agricoltura di qualità e conservativa nelle aree protette che può essere
ulteriormente rafforzata da marchi di qualità e dall’inserimento dei produttori/rivenditori nelle reti escursionistiche. Inoltre, molte varietà locali di seminativi e fruttifere (fagioli, visciole, fichi, mais, pomodori)
coltivate nel SIC/ZPS in biologico non sono individuati, ma molti di essi, nonostante la presenza di esemplari vetusti, non sono riportati negli elenchi ARSIAL o CREA. In conclusione i contrasti tra le richieste economiche e le necessità ecologiche, che devono essere basate sul principio di sostenibilità, risultano ancora squilibrate a causa del cattivo funzionamento o del disinteresse degli Enti preposti alla loro protezione.

Intervento integrale tratto dal numero speciale della rivista “La Barrozza”  incentrato sull’origine, la storia e il recupero della colonna confinaria n. 499 recentemente rinvenuta al confine con la Regione Lazio e ora posta a Ruscio “di sotto”, frazione di  Monteleone di Spoleto (PG).

Vannozzi S., Il cippo di confine n. 499 fra Leonessa e Monteleone. Relazione tecnica di restauro conservativo, in «La Barrozza. Notiziario quadrimestrale dell’Associazione Pro-Ruscio», a. XXVI, n. 3, Natale, 2017, p. 4 e segg.

Within the Anthropocene, human activities can play a major role in environmental change. Identifying human-caused landscape change is challenging, however, and requires combining high-resolution physical proxies with detailed historical records from the same locality. In this study we demonstrate that paleoenvironmental change is the complex result of both human activity and climatic variation. We use pollen and geochemical analyses from lake sediments in central Italy along with archival records to analyze landscape change for the last 1400 years, including the Medieval Climate Anomaly (MCA) and the Little Ice Age (LIA). Between $870 and 925 AD deforestation coincided with intensification of agriculture associated with development of monastic estates that exploited increasingly larger land holdings as well as new settlement patterns in higher-elevation defensible locations (incastellamento). Above average temperatures probably allowed high elevation settlements to persist throughout the MCA, though social trends played a large role in the conversion of uplands into an agro-pastoral landscape. Cool temperatures and increased precipitation at the beginning of the LIA, $1400 AD, combined with population loss to plague of >50 percent overwhelmed the technical capabilities of the population leading to abandonment of high elevation settlements and persistent flooding of the valley. The landscape rapidly reforested and the plain reverted to wetland. In 1601, during one of the coldest periods of the LIA, new hydrologic technology allowed the community to drain the wetlands and successfully mitigate the impacts of climate change. Despite increased LIA precipitation, the basin was steadily reclaimed and converted to agriculture by 1750 AD.

Abrupt climate change in the past is thought to have disrupted societies by accelerating environmental degradation, potentially leading to cultural collapse. Linking climate change directly to societal disrup- tion is challenging because socioeconomic factors also play a large role, with climate being secondary or sometimes inconsequential. Combining paleolimnologic, historical, and archaeological methods provides for a more secure basis for interpreting the past impacts of climate on society. We present pollen, non- pollen palynomorph, geochemical, paleomagnetic and sedimentary data from a high-resolution 2700 yr lake sediment core from central Italy and compare these data with local historical documents and archeological surveys to reconstruct a record of environmental change in relation to socioeconomic history and climatic fluctuations. Here we document cases in which environmental change is strongly linked to changes in local land management practices in the absence of clear climatic change, as well as examples when climate change appears to have been a strong catalyst that resulted in significant environmental change that impacted local communities. During the Imperial Roman period, despite a long period of stable, mild climate, and a large urban population in nearby Rome, our site shows only limited evidence for environmental degradation. Warm and mild climate during the Medieval Warm period, on the other hand, led to widespread deforestation and erosion. The ability of the Romans to utilize imported resources through an extensive trade network may have allowed for preservation of the environment near the Roman capital, whereas during medieval time, the need to rely on local resources led to environmental degradation. Cool wet climate during the Little Ice Age led to a breakdown in local land use practices, widespread land abandonment and rapid reforestation. Our results present a high- resolution regional case study that explores the effect of climate change on society for an under- documented region of Europe.

È ormai prassi condurre ricerche integrate che integrino dati archeologici e quelli geologici per migliorare il quadro di conoscenza dei terremoti del passato. In questo lavoro si presentano alcuni dati archeologici inediti o poco noti emersi nel corso di lavori effettuati nella Sabina della provincia di Rieti, un territorio che può essere considerato come una delle zone ad alta sismicità d’Italia sin dall’antichità. Collocando cronologicamente i contesti archeologici si tenterà di collegare gli eventi sismici ipotizzati quando possibile a eventi noti, contestualizzando a scala locale e regionale l’evento attraverso il riscontro di evidenze analoghe e coeve in altri siti. Una ricognizione delle fonti storiche e l’analisi di alcune testimonianze iconografiche sosterranno di volta in volta le diverse proposte avanzate. 
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ITALIANO
Lo studio produce l'edizione commentata di una sentenza di revisione contabile reatina risalente al 1452. Dopo un breve resoconto circa lo stato degli studi sul volgare reatino, si fornisce la descrizione del documento e quindi il commento linguistico al testo. Secondo la griglia tradizionale, l'analisi tratta la grafia, il vocalismo, il consonantismo, la morfologia; la sezione dedicata ai fenomeni sintattici contiene rilievi sulla testualit. In breve il documento presenta caratteri tipicamente mediani, quali la metafonesi sabina, la distinzione tra -u e -o alla finale, il cosiddetto "neutro di materia" ecc. Si segnalano le trattazioni del toponimo 'Riete' e del possessivo 'sou'.

ENGLISH
The study provides the commented edition of a financial audit in vernacular from Rieti which dates back to 1452. The work opens with a brief outline on the state-of-the-art of studies about volgare reatino, then it proceeds with the document's description and the linguistic comment. According to the traditional grid, the analysis discusses graphics, vocalism, consonantism, morphology; the section dedicated to syntactical phenomena includes remarks on the discourse strategies implied in the text. In short the document presents typical middle italian features, such as the Sabine metaphony, the distinction between word-final -u and word-final -o, the related distinction between 'mass' an 'count' forms etc. Among others things the toponym 'Riete' and the possessive form 'sou' are discussed.

Breve analisi di alcuni documenti della corrispondenza fra il Governatore di Cascia  e le municipalità di Usigni di Poggiodomo, Monteleone di Cascia, (oggi Monteleone di Spoleto), Sciedi di Norcia, Rieti e Foligno nell’inverno del 1796. Si tratta di una gruppetto di lettere prefilateliche provenienti da un ben più cospicuo archivio,contenenti  importanti notizie per la ricostruzione della storia locale e delle conseguenze nei piccoli paesi dell’altopiano umbro e reatino dell’invasione francese nello Stato Pontificio. Le lettere, ancora invendute, sono poste in vendita sul web dal 2014.

Vannozzi S., 1796 – L’invasione francese dello Stato Pontificio. La prima coscrizione obbligatoria a Monteleone di Spoleto, Poggiodomo e Cascia, in «Leonessa e il suo Santo», a. LI, n. 299, marzo-aprile 2015, pp.15-19.

A la antigua ciudad de Reate, a pesar de su cercanía a Roma, no se le ha prestado demasiada atención en cuanto a estudios arqueológicos se refiere. No por ello carece de historia y de acontecimientos poco relevantes. En este artículo se pretende dar a conocer una antigua ciudad que fue habitada por varios pueblos antiguos, información que sabemos gracias a las fuentes clásicas. Por último, se ahonda en el estudio arqueológico de la ciudad romana en forma de recorrido (ciudad en la actualidad casi perdida en su totalidad).

Il convegno si inserisce in un contesto di ricerche diacroniche sulla storia religiosa del territorio Reatino-Sabino considerata nei suoi aspetti istituzionali, devozionali, storico-artistici. La presenza di Francesco e degli insediamenti francescani ha continuato a segnare profondamente la storia di questo territorio. Il convegno si propone di indagare la rilevanza della memoria di Francesco dal periodo delle origini all'età moderna, focalizzando l’attenzione sulla vita religiosa nelle sue diverse espressioni culturali e in particolare sulle riforme emerse dall’interno del francescanesimo, al fine di verificare la vocazione di questo territorio come luogo privilegiato di “sperimentazione religiosa”.

Come abbiamo già evidenziato nelle nostre precedenti analisi 1 , il sacrificio dei soldati italiani durante la Seconda Guerra Mondiale è stato cancellato dai libri di scuola. Semplicemente non è mai esistito. Il problema è, in verità, più generale. Ad esempio, se guardiamo all'immensa cinematografia su questo conflitto-ovviamente elaborata per "santificare" la missione degli Angloamericani e dipingere i Germanici come il "male assoluto"-gli Italiani, come popolo, come Nazione combattente, sono praticamente ignorati. Non sono mai esistiti. Neanche nel ruolo pedagogico di "cattivi", di "nemico", di "alleato del male assoluto". Nulla. Gli Italiani non c'erano. Eppure, le Regie Forze Armate, seppur con i limiti di mezzi e strategia assodati, in quegli anni scrissero pagine di storia militare che onorano la nostra Nazione. Purtroppo, di tutto ciò non si può parlare e, dopo tanti anni di rieducazione "internazionalista" e pacifista, non interessa davvero a nessuno tornare su argomenti così lontani nel tempo, così lontani dal comune sentire. La guerra, quella guerra-divenuta metro di "giudizio universale", come se fosse stata l'unica guerra mai combattuta dagli uomini, cancellando così millenni di storia-doveva presentarsi solamente come un "conflitto non voluto dal popolo". Ma cosa vuol dire? Nulla, ma per la propaganda politica fu funzionale questa aggettivazione, anche per smacchiare le coscienze di tanti che, a quella guerra-e a quel Regime-avevano partecipato. Se del Secondo conflitto mondiale si parlò in Italia nel primo dopoguerra fu solamente per un'operazione di mistificazione storica, di propaganda politica, di odio di massa. Perché quei morti sui campi di battaglia dovevano essere utilizzati in funzione politica e, più precisamente, antifascista. Togliatti lo aveva detto: che la morte entrasse nel cuore di tante famiglie italiane, che tante famiglie italiane fossero colpite da un lutto, era il migliore degli "antidoti" contro il loro fascismo congenito, contro il consenso che, in massa, avevano dato al Regime negli "anni ruggenti". Uscendo fuori da queste colpevoli omissioni e, peggio ancora, da questa volgare speculazione-per non dire altro-il volontario sacrificio del soldato italiano sui campi di battaglia rifulge in tutto il suo splendore. A loro guardiamo come esempi. Nelle carte della Federazione dei Fasci di Combattimento di Rieti approntate per l'allestimento della Mostra della Rivoluzione fascista del 1942 ed attualmente conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato, compaiono i nomi di tre gerarchi del PNF caduti sui campi di battaglia sui quali vale la pena soffermarci 2. Questo progetto si inquadra anche nel recupero della memoria storia di una provincia a noi particolarmente cara, già oggetto di un approfondito studio decennale al quale rimandiamo il lettore che voglia approfondire la conoscenza di un territorio ricco di episodi storici sconosciuti 3 .

Quando camminiamo lungo una strada di campagna, spesso non ci accorgiamo di alcune tracce sui campi, a volte semplicemente caratterizzate da un’impercettibile variazione del suolo, oppure dall'erba che cresce con sfumature che vanno dal verde vivace al colore meno gradevole delle piante secche.
La difficoltà principale di individuazione, di quelle che in archeologia aerotopografica vengono definite come “anomalie del terreno”, sta nel fatto che il nostro occhio guarda da un’angolazione poco favorevole perché si possano apprezzare determinati fenomeni. Da qui, deriva l’interesse per lo  studio delle fotografie aeree che sono determinanti per programmare una base di ricerca sul campo, permettendo a chi le studia di individuare strade, edifici e insediamenti che facevano parte del paesaggio antico.
Grazie a questa ricerca dall'alto è stato individuato un sito, posto poco al di fuori della città di Rieti in direzione Nord, che per la presenza di alcune interessanti tracce potrebbe far pensare, con le dovute attenzioni scientifiche, alla presenza di un antico edificio. L’area di indagine è situata, per chi proviene dalla città, in un campo lasciato a maggese lungo il lato sinistro di via Mulino della Salce, in prossimità dell’ex fabbrica Montedison. Sul terreno sono presenti vari elementi geometrici visibili grazie alla differente crescita della vegetazione. È possibile ipotizzare che queste “anomalie” siano riconducibili a strutture murarie sepolte poco al di sotto della superficie di campagna.
L’analisi della pianta, e soprattutto le dimensioni dell’area, farebbero presupporre l’esistenza di un antico edificio che si articolava in vari moduli interconnessi tra loro. In base a quello che è possibile decifrare sul terreno, sembrerebbe accreditarsi l’ipotesi che la struttura possa essere identificata con un antico monastero extra moenia.
Le fonti scritte, insieme al dato archeologico derivante dall'analisi delle anomalie sul terreno, permettono di non parlare più di semplice edificio di culto ma, date le dimensioni, di vero e proprio complesso sacro.
In conclusione, il quadro generale di quanto detto finora, rimane allo stato attuale una mera ipotesi che deve essere confermata da eventuali scavi scientifici.