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Quello di Paola Perego sul primo palco del Festival di Dogliani, oggi pomeriggio (25 maggio), è stato un racconto di condivisione personale al microfono di Alberto Infelise. E del dietro le quinte della sua vita professionale. Carriera che, iniziata a 16 anni, «prima come valletta muta e poi parlante», sfiora la soglia dei quaranta costellati da successi e polemiche e una costante che l’ha accompagnata a lungo, nonostante la sua bravura: gli attacchi di panico. Ne parla nel suo ultimo libro: «Per condividere un problema che hanno in molti e dal quale, finché c’è vergogna a parlarne, non si inizia a guarire».

È in merito al suo panico, che la accompagnò anche il giorno del suo ritorno in Raiuno dopo un anno di esodo, ha ricordato la forza di Fabrizio Frizzi: «Quel giorno andai nel suo camerino, stava già male, gli dissi della mia ansia. Lui mi guardò, mostrandomi la nuca già calva e mi disse: “Se ce la faccio io puoi farlo pure tu”».

Non dimentica il sostegno del marito Lucio Presta, protagonista al Festival in mattinata e questa volta nel pubblico: «Mi ha sempre assecondata, anche se non ha mai ballato con me, nemmeno al matrimonio, una brutta persona» ha scherzato portando sul palco quel modo di essere coppia che gli è valsa più di una volta la proposta di fare «Casa Perego», sulla falsariga di Sandra e Raimondo: «Non sarebbe Casa Perego, sarebbe Casa Presta» ha scherzato.

Sul cancro (al rene): «Una parola che spaventa, ma parlarne era un dovere. Io ho avuto la fortuna di poter fare prevenzione, perché potevo pagarla: dobbiamo lottare perché possano permettersela tutti».

Non sempre ha lavorato bene con gli uomini: «Troppo autoreferenziali, interessati più al proprio successo che a quello del programma. Quando le donne capiscono che devono smetterla di farsi competizione ma collaborare lavorano meglio degli uomini». Facile la domanda sulla vita al lavoro con Simona Ventura: «Perfettamente bilanciata, lei tira fuori la mia parte cazzara, io la sua parte pacata».

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